«Vogliamo più disabili!». L’invocazione surreale che spinse un gruppo di precari ad assediare il Provveditorato di Caserta chiedendo un aumento degli insegnanti di sostegno, appare esaudita: la crescita dei portatori di handicap è dieci volte superiore a quella degli studenti. Una notizia da brividi se non ci fosse un sospetto. Che l’impennata sia dovuta alla scoperta da parte di chi aspira alla cattedra di un’equazione: più handicappati, più assunzioni. Soprattutto nel Mezzogiorno.
La clamorosa denuncia è contenuta in un dossier di «Tuttoscuola». «Nell’anno scolastico 2009-10 gli alunni disabili inseriti nelle scuole statali di ogni ordine e grado hanno superato le 181 mila unità (il 2,3% della popolazione studentesca), con un incremento di oltre 5 mila rispetto all’anno precedente», scrive la rivista diretta da Giovanni Vinciguerra. Peggio: «Negli ultimi cinque anni sono aumentati del 12,3%, mentre nello stesso periodo la popolazione scolastica aumentava dell’1,2». Un decimo.
Sgomberiamo subito il campo: quello dei portatori di handicap – come dimostra tra gli altri il libro di Matteo Schianchi La terza nazione del mondo. I disabili tra pregiudizio e realtà – è un tema serissimo. Che toglie il sonno ai genitori dei ragazzi affetti da qualche disabilità, costretti ad affrontare il percorso scolastico troppo spesso senza un’assistenza adeguata. Il sito Internet di riferimento della FISH, la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, Superando.it, segnala a ripetizione casi di seria difficoltà. Certo, grazie a Dio è cambiato tutto rispetto a quando i nostri nonni erano malvisti al loro ingresso negli Stati Uniti perché provenienti da una nazione a rischio, con una mortalità infantile così alta che l’età media dei morti negli ultimi decenni dell’Ottocento era di sei anni e mezzo e Regina Armstrong scriveva su «Leslie’s Illustrated» nel 1901 che «c’è una gran quantità di malattie organiche in Italia e molte deformazioni, molti zoppi e ciechi, molti con gli occhi malati». È cambiato tutto, ma il problema c’è.
Proprio perché il problema esiste, però, suona offensivo il modo in cui alcuni ne approfittano. Come accadde tempo fa ad Agrigento, dove il Circolo della Legalità mandò una lettera al Ministero sottoscritta da 550 addetti e un esposto alla Finanza per denunciare l’abuso della Legge 104. Legge che, a tutela dei dipendenti che abbiano invalidità superiori a un certo limite o debbano farsi carico di un parente disabile, dice che hanno la precedenza in graduatoria per avere un posto più vicino a casa. Norma giusta. Ma utilizzata, stando alla denuncia, da troppi furbi: «Praticamente il 100% dei posti nelle “materne” è stato assegnato negli ultimi tempi grazie alla legge 104. C’è una dilagante e prepotente disonestà che coinvolge non solo chi usufruisce dei benefici della Legge, ma anche chi consente queste pratiche fraudolente».
Di più: «Il sistema sta dilagando». Dice oggi il dossier di «Tuttoscuola» che «nel 1995-96, con una popolazione scolastica complessiva superiore a quella attuale, gli alunni con disabilità erano 108 mila. In quindici anni sono aumentati di quasi il 70%. I docenti di sostegno, che in quell’anno erano 35 mila, sono diventati ora più di 90 mila». Quasi il triplo: «Allora vi era un docente di sostegno ogni tre alunni disabili; oggi c’è un docente ogni due». Sia chiaro: è bene che i ragazzi più sfortunati vengano aiutati. E sotto questo profilo la legge italiana è migliore di tante altre al mondo. E lo riconosce anche la rivista di Vinciguerra: «È cresciuto molto negli ultimi 10-15 anni lo sforzo dello Stato verso un settore che sotto molti aspetti rappresenta un fiore all’occhiello» della nostra scuola. Ormai «l’Italia investe circa 3 miliardi di euro l’anno solo per il personale di sostegno». E quell’esercito di 90 mila insegnanti specializzati è maggiore più di tutti gli psicologi (70 mila) e i pediatri (14 mila) messi insieme.
Che ci sia qualcosa che non va lo dice la mappa, da cui emergono squilibri sorprendenti»: «Ci sono più studenti disabili al Centro e nel Nord Ovest, ma lo Stato destina gli insegnanti di sostegno (a tempo indeterminato o precari) soprattutto al Sud e nelle Isole. E tra questi offre posti stabili (immissioni in ruolo a tempo indeterminato) molto di più proprio al Sud e nelle Isole che nel resto del Paese: il 52% dei posti fissi sono assegnati infatti nel Meridione». Dove vive circa il 27% degli italiani e dove risultano (sulla carta) il 40% degli alunni bisognosi di un appoggio.
Dice la legge che ogni 100 insegnanti di sostegno 70 devono essere stabili, ma questa percentuale sale all’89% in Campania e in Sardegna e crolla al 56% in Lombardia e in Veneto; si impenna al 91% in Basilicata e precipita al 55% in Emilia Romagna. Perché differenze così abissali? «Tuttoscuola» risponde che dipende «probabilmente in buona misura dai diversi criteri utilizzati dalle Asl per la valutazione delle disabilità» e questo nonostante «la legge richieda l’utilizzo dei parametri internazionali dell’ Organizzazione Mondiale per la Sanità: e non a caso la manovra finanziaria di inizio estate ha introdotto la responsabilità per danno erariale da parte dei medici preposti».
Quanto al «numero di docenti di sostegno e, tra questi, di quanti sono assunti stabilmente, si tratta di decisioni prese dal Ministero dell’istruzione». Di più: la sproporzione negli ultimi anni «si è accentuata». Esclusa l’ipotesi che Maria Stella Gelmini abbia un occhio bonario per le clientele meridionali, con le quali ha bisticciato spesso, la spiegazione è una sola: c’è qualcuno negli uffici assai disponibile a fare piacerini agli amici e agli amici degli amici. C’è chi dirà che anche qui si tratta di un «risarcimento» al Mezzogiorno, come lo chiamava Mastella. Ma che c’entra il riscatto del Sud coi “furbetti del sostegnino”?
Spiega il dossier che il posto d’insegnante di sostegno è in realtà una scorciatoia, tanto più in questi tempi di magra e di riduzione del personale, per la conquista della cattedra a vita. Basti dire che «dei 10 mila posti di docente per le nuove immissioni in ruolo 2010-11, più della metà (5.022) sono per posti di sostegno». Posti che dopo 5 anni, una volta guadagnata l’assunzione, si possono abbandonare per «passare all’insegnamento tradizionale». Ma come si diventa insegnanti di sostegno? Penserete: chissà quanti studi! No: basta frequentare «un semestre aggiuntivo all’università, per 400 ore totali. E non sempre la preparazione è all’altezza: per gli alunni con disabilità visiva, ad esempio, non è raro imbattersi in docenti di sostegno che non conoscono l’uso del Braille, la scrittura per ciechi».
*Testo pubblicato il 31 agosto 2010 dal «CorrieredellaSera.it» e qui ripreso per gentile concessione.
Articoli Correlati
- I limiti e le novità di quell'indagine Istat sull'integrazione Emergono criticità, omissioni e incongruenze, ma anche importanti conferme e significative novità, da quell'indagine presentata nei giorni scorsi dall'Istat sull'integrazione degli alunni con disabilità. Il tutto, però, sa dell'ennesima buona…
- L'integrazione scolastica oggi "Una scuola, tante disabilità: dall'inserimento all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità". Questo il titolo dell'approfondita analisi prodotta da Filippo Furioso - docente e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni piemontese…
- Una ricerca sulla qualità dell'integrazione scolastica Ci sono luci, ma anche molte ombre nei risultati emersi dall'approfondita ricerca condotta dall'INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione), sulla qualità dell'integrazione…