La campanella ha suonato: inizia la scuola. Ad agosto e settembre i quotidiani hanno sistematicamente fornito notizie (più o meno attendibili) sullo stato di agitazione e sulle motivazioni del mondo scolastico. Anche questa testata si è impegnata nell’informare i suoi lettori, con contributi di esperti, di familiari, di associazioni.
Le analisi sul “sostegno”, quest’anno, sono state agitate anche da una ricerca compiuta da una rivista del mondo della scuola [«Tuttoscuola», N.d.R.] e da un editoriale di un noto giornalista [Gian Antonio Stella del «Corriere della Sera», testo ripreso anche da Superando e rintracciabile cliccando qui, N.d.R.]. Ognuno avrà compiuto le proprie riflessioni.
Dopo l’eloquente pronuncia della Corte Costituzionale (ci si riferisce alla Sentenza n. 80 del 26 febbraio 2010), per i “giuristi” l’argomento “sostegno” risulta inequivocabilmente chiaro e definito. E tuttavia, nonostante ciò, si registra ancora tanta confusione e, purtroppo, insoddisfazione dell’utenza.
È noto come (ma è giusto?) la disciplina dell’insegnante specializzato per il sostegno sia imperniata su un difficile equilibrio tra il diritto all’istruzione e all’integrazione scolastica dell’alunno con disabilità e le norme sull’amministrazione e organizzazione scolastica. Spesso queste ultime – involontariamente o per ragioni economiche – hanno inciso sulla quantità e qualità di istruzione e di integrazione scolastica riconosciuta all’alunno con disabilità.
La carenza di insegnanti specializzati (o meglio, l’insufficiente risposta alla domanda degli alunni), i regimi di precarietà permanente o assai continuativa nel tempo e la mancanza di continuità educativa del medesimo insegnante con lo stesso alunno con disabilità durante gli anni scolastici, sono certamente tra i problemi più noti e più lamentati.
E così, in questo sempre continuo (e difficile) equilibrio (o disequilibrio) tra ragioni economiche e di amministrazione scolastica e del diritto all’istruzione, hanno storicamente trovato spazio norme sulle “dotazioni organiche” e sulle “modalità di assegnazione” dell’insegnante specializzato per il sostegno che, spesso, difficilmente si conciliavano con i bisogni del singolo alunno.
Evitando in questa sede di riferire le evoluzioni storico-normative in tema di modalità di assegnazione e dotazioni organiche (lo si fa compiutamente nel Trattato breve dei nuovi danni, Cedam Editore, di prossima pubblicazione), ci si chiede invece se è “corretta” questa ricerca di equilibrio tra ragioni economiche, tra norme sull’organizzazione scolastica e diritto all’istruzione dell’alunno con disabilità.
Leggendo la citata Sentenza della Corte Costituzionale – che si ricorda essere il Giudice della Costituzionalità delle Leggi – non vi sono dubbi che il diritto costituzionale all’istruzione deve prevalere rispetto a ogni altro diritto pur costituzionalmente rilevante. Anzi, innanzi a connotazioni di gravità (gravità come da articolo 3, comma 3 della Legge 104/92), è stata fatta “risorgere” la normativa che consente «l’assunzione di insegnanti di sostegno in deroga…» rispetto all’organico ordinario.
Di quale prova più evidente abbiamo bisogno per sapere che le ragioni economico-finanziarie e quelle di organizzazione dell’amministrazione scolastica (vedi dotazioni organiche), devono cedere il passo innanzi al superiore diritto all’istruzione dell’alunno con disabilità?
Qualcuno – che forse non legge con obiettività il complesso quadro normativo – potrebbe controbattere che ciò determina un impegno di risorse economiche e un ampliamento della maglie dell’occupazione enormemente gravoso, insostenibile nel medio e/o lungo periodo e, quindi, assai dannoso per la complessiva macchina dell’istruzione scolastica.
Si conviene. Si conviene, nel senso che – tristemente – ogni giorno “suona la campana” per gli alunni con disabilità (e le loro famiglie) che si vedono illegittimamente ridotte le ore di docenza di sostegno specialistico o non si vedono erogato un servizio qualitativamente valutabile come pari o superiore ai livelli essenziali di istruzione scolastica.
Si conviene, nel senso che “suona la campana” forse più che per gli studenti con disabilità e le loro famiglie, per tutti i “tecnici” che quotidianamente si occupano non solo delle norme di legge, ma soprattutto della “modalità di applicazione” delle norme di legge. Si crede fermamente, infatti, che pur essendo seriamente necessario riformulare tutta la disciplina giuridica e anche l’approccio pedagogico di inclusione scolastica degli alunni con disabilità (forse ancora fermo, se non indietreggiato, rispetto ai princìpi e ai livelli di fine anni Settanta), nel contempo il gravoso impegno di risorse economiche e il tentativo di “salvare annualmente e precariamente” il precariato scolastico conduca a un'”applicazione pratica” delle norme vigenti distorta rispetto a quello che è il senso e lo spirito della normativa nel suo complesso. Tentiamo di chiarire quanto si riferisce.
Ancora oggi si sente parlare di “rapporto 1:1”, di “ore di sostegno in deroga”, di “alunno con disabilità in deroga”, tutti termini giuridicamente inesistenti ed errati. Magari semplificazioni linguistiche che agevolano il linguaggio, ma che drammaticamente hanno inquinato anche le modalità di agire e di operare dei tecnici specialistici, conducendo a incomprensioni e/o errate applicazioni delle norme di legge.
Ci si chiede: dove è scritto (nelle norme di legge, ovviamente) “rapporto 1:1”? E dove, quando e come si conferisce questo fantomatico “rapporto 1:1”? E il “rapporto 1:1” dove è scritto che significhi 24 ore di sostegno oppure 18 ore di sostegno e non di più?
Si chiede al lettore: dove si trova scritto “ore di sostegno in deroga”? Le ore di sostegno, in deroga a cosa o a chi? Come può dirsi: «ha 18 ore di sostegno in deroga»? O ancora: «gli assegneremo le ore di sostegno in deroga». In “deroga” a cosa? O peggio, frasi del tipo: «è un alunno in deroga» (tanto così, per stigmatizzarlo un altro po’?)!
E continuando, si potrebbe dire (ma questa si, che è una “cannonata”!): come può dirsi, con tanta sicurezza, che i “lievi” devono avere assegnate 4 ore di sostegno (o nelle migliori ipotesi 6 ore), mentre i “gravi” 12 o 18 ore? In base a chi, in base a cosa questa generalizzazione per categorie (nemmeno per patologie)? Dov’è finito «il principio dell’effettiva esigenza rilevata» dell’alunno (questo si, previsto dalla legge!)?
Quesiti legittimi, anche perché vorremmo pure sapere come si determini con così tanta certezza che il numero di ore di insegnamento di sostegno possa essere di 24 o di 18 al massimo in base al grado di istruzione frequentato dall’alunno. L’orario di frequenza scolastico settimanale dell’alunno, infatti, di norma, è superiore alle 18 o 24 ore. Con ciò, ovviamente, non significa che “automaticamente” e senza preventive opportune valutazioni, necessariamente occorra assegnare all’alunno l’insegnamento specializzato del sostegno per l’intero orario di frequenza scolastica. Ma nel contempo, non si ritiene corretto che questo possa ritenersi di escludersi con tanta sicurezza.
Così, quindi, occorre precisare che, se per un verso «il diritto all’assegno di un insegnante di sostegno “in deroga” non comporta automaticamente il diritto del disabile ad ottenere un insegnante di sostegno per l’intero monte ore di frequenza settimanale» (così Consiglio di Stato, VI Sezione, 21/4/2010, n. 2231/10), così al contempo non può di certo escludersi che, nel momento in cui si richiede (o si rivendica) un aumento del numero delle ore assegnate – ovviamente fondate su elementi obiettivi e scientifici non controversi – la richiesta non possa anche giungere alla «…individuazione di un numero di ore pari a quello delle ore di frequenza…», così da perseguire «… al meglio l’obbiettivo dell’integrazione del disabile nelle condizioni date, con l’eventuale ricorso anche ad assunzione “in deroga”» (ancora Consiglio di Stato, n. 2231/10).
Forse, allora, l’argomento trattato è ben più complesso di quanto non si creda e meriterebbe ben più approfondimenti (normativi e pedagogici) di quanto non si sia fatto negli ultimi anni e sul tema della deroga (tanto agognata e desiderata), occorrerebbe mettere un po’ di ordine.
Nel rispetto del principio di «priorità negli interventi e servizi» per le persone con disabilità grave, riconosciuta come da articolo 3, comma 3 della Legge 104/92, ai sensi dell’articolo 40, comma 3, della Legge 449/97, si autorizza l’Istituzione Scolastica ad «…assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docenti-alunni indicato al comma 3, in presenza di handicap particolarmente gravi…». Non sono, quindi, né le ore in deroga, né (tanto meno) l’alunno! Più semplicemente, invece, e più efficacemente, si autorizza ad assumere in deroga insegnanti di sostegno rispetto all’organico ordinario in ruolo, allorquando sussistano determinati presupposti e «una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente» (frase, quest’ultima, virgolettata, tratta dalla Sentenza della Corte Costituzionale 80/10).
E qui sì che “suona la campana”: doooong! E qui sì che la bontà delle norme di legge e dell’intervento della Corte Costituzionale si scontra, invece, con l’applicazione quotidiana posta in essere e che conduce a un non condivisibile dispendio di risorse economiche e alla condivisa preoccupazione del Ministero di contenerne i costi e di migliorare la qualità e quantità di offerta scolastica. Proviamo ad analizzare.
Il sistema previgente di assegnazione dell’insegnante specializzato per il sostegno (precedente alle Leggi Finanziarie 2007 e 2008) poco (o nulla) si fondava su un’analisi dei bisogni individuali e su una personalizzazione dell’assistenza scolastica dell’alunno con disabilità. Spesso, nella pratica – purtroppo – il tutto si riduceva ad un tentativo di distribuzione di ore di sostegno che, qualora nel complesso non sufficienti, venivano colmate con la possibilità di poter ricorrere all’assunzione in deroga agli organici previsti di ulteriori insegnanti di sostegno.
Si ritiene che questo sistema abbia contribuito – se non, persino, determinato – l’aumento esponenziale della spesa. Di converso, la soluzione di certo non era quella dell’abrogazione della possibilità di assumere insegnanti di sostegno in deroga per gli alunni riconosciuti gravi (sempre gravi come da articolo 3, comma 3 della Legge 104/92), né quella di mettere un vincolo normativo quale quello di un insegnante ogni due alunni con disabilità (persino indipendente dalla connotazione). Tant’è che la Corte Costituzionale, com’è noto, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme in queste parti.
Il pericolo che si corre anche oggi, nella “pratica” è, di nuovo, quello di un’assunzione non coerente di insegnanti di sostegno “in deroga”. Pericolo che, oltre a ledere le ragioni economico-finanziarie dello Stato, non garantisce, automaticamente, una migliore qualità dell’istruzione scolastica per l’alunno con disabilità. Assunzione, tra l’altro, che se non è posta in essere dopo avere esperito tutti «gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente», potrebbe condurre a un’assegnazione di insegnanti di sostegno per gli alunni con disabilità gravi, lasciando, ahime!, maggiormente scoperti gli alunni con disabilità lievi che, magari, sono invece potenzialmente capaci di raggiungere più alti livelli di istruzione. Ma procediamo con ordine.
Appare evidente che prima di ogni anno scolastico – nel periodo che intercorre tra maggio e settembre – occorre compiere rilevazioni sulle «effettive esigenze» degli alunni con disabilità che frequenteranno il successivo anno scolastico. Ogni anno, infatti, muta il numero di alunni con disabilità iscritti nelle singole classi per varie ragioni. Ogni anno, pertanto, si dovrà provvedere alla richiesta degli insegnanti di sostegno per gli alunni.
Proviamo a immaginare cosa succede se non viene compiuta una personalizzata e attenta analisi delle «effettive esigenze rilevate» del singolo alunno: l’Amministrazione Scolastica – a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale e dei dati che ad essa pervengono dalle singole Istituzioni Scolastiche – potrebbe essere indotta a procedere all’assunzione in deroga di insegnanti di sostegno, con eccessiva facilità, per gli alunni con disabilità grave, sol perché, appunto, questi sono “riconosciuti gravi”. Insomma, potrebbe – magari per semplificarsi l’azione amministrativa (già gravata da insufficienza di organici amministrativi presso gli Uffici Scolastici dislocati sul territorio) – agire determinando un’immediata equazione tra alunno con disabilità grave e necessità (richiesta) di assumere l’insegnante di sostegno in deroga.
Si comprende che un siffatto modo di agire condurrebbe di nuovo a un aumento esponenziale e quasi incontrollabile della spesa economico-finanziaria dello Stato e ciò anche alla luce del fatto che la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 2, comma 413, della Legge 244/07, nella parte in cui «fissa un limite massimo al numero di posti degli insegnanti sostegno». Azione che si ritiene giuridicamente ed economicamente non corretta.
Proviamo a immaginare un’altra ipotesi e cioè che all’interno di un’istituzione scolastica frequentino due alunni con disabilità (uno lieve, l’altro con connotazione di gravità). Ipotizziamo che dalla documentazione scolastica si evinca la richiesta dell’Istituzione Scolastica all’Ufficio Scolastico Provinciale di un’unità di insegnante di sostegno in deroga. E ciò sulla base della mera (ed errata) valutazione che la connotazione di gravità determini “automaticamente” l’assegnazione dell’insegnante di sostegno in deroga. Di converso, ipotizziamo anche che la richiesta sia suffragata dalle «effettive esigenze rilevate», per cui l’alunno con disabilità grave necessiti del massimo di ore possibili (su questo punto, si veda già più sopra) di sostegno. Ipotizziamo che necessiti di 18 ore di insegnamento di sostegno specializzato, mentre per l’alunno con disabilità lieve si richiedono 9 ore. A questo punto ipotizziamo che accada quanto già evidenziato in altri nostri contributi: l’Ufficio Scolastico Provinciale “assegna alla scuola” una sola unità di insegnamento di sostegno, giustificando questo con il principio (che, come noto, non è ritenuto un vincolo normativo dalla giurisprudenza prevalente) di un insegnante di sostegno ogni due alunni con disabilità. La dirigenza scolastica, vista l’unica unità di sostegno, decide di assegnare l’insegnante per 12 ore di sostegno all’alunno con disabilità grave e per 6 ore all’alunno con disabilità lieve.
Non vi è dubbio che il combinato disposto dell’azione amministrativa dell’Ufficio Scolastico Provinciale e della Dirigenza Scolastica abbia determinato in tal caso una violazione del diritto allo studio di entrambi gli alunni con disabilità.
Prima osservazione (e criticità del sistema): se la documentazione scolastica (Certificazione H, DF, PDF, PEI) è personalizzata sulla base dell’analisi delle «effettive esigenze rilevate» dell’alunno e se la richiesta di ore di sostegno è compiuta per il singolo alunno, perché mai il docente/i viene/vengono assegnato/i alla “scuola”?
Seconda osservazione (e criticità del sistema): sulla base di quale principio legislativo e amministrativo la Dirigenza Scolastica (se non secondo principi del buon “padre di famiglia” che però rischiano di giungere ad eccessivi livelli di discrezionalità, se non, persino, di arbitrio e illiceità) ripartisce le limitate risorse assegnate tra gli studenti con disabilità, ledendo, di fatto, i diritti esigibili (e certificati) di entrambi gli alunni?
Terza osservazione: la connotazione di gravità dell’alunno non impone “automaticamente” l’assunzione dell’insegnante di sostegno in deroga, ma diviene necessaria solo nell’ipotesi in cui l’ordinario contingente di personale assegnato non dovesse essere sufficiente a garantire le «effettive esigenze rilevate» dell’alunno con disabilità grave.
Forse, allora, il sistema normativo prevede qualcosa di diverso.
La “deroga” è un’eccezione (e non la regola) consentita per le sole ipotesi di gravità, ma dopo avere esperito tutti «gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente» (come da Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale). Ciò significa che, qualora le risorse ordinarie «assegnate agli alunni frequentanti l’istituzione scolastica» (e già è diverso dal dire «assegnati alla scuola») non dovessero essere sufficienti rispetto alle «effettive esigenze rilevate» di ogni singolo alunno, al fine di tutelare il preminente interesse all’inclusione scolastica dell’alunno con disabilità grave, costui potrà beneficiare dell’assunzione dell’insegnante di sostegno in deroga. E ciò, lo si comprende, determina il “recupero” di risorse tra gli insegnanti di sostegno assegnati in via ordinaria e quindi un recupero di risorse da fornire anche agli altri studenti con disabilità non gravi.
Questo principio così attuato (ed è tutto scritto e previsto dalle leggi vigenti e da quanto statuito dalla Corte Costituzionale), determinerebbe anche un più corretto equilibrio tra i diritti degli alunni con disabilità e il necessario contenimento delle risorse economico-finanziarie e di personale docente. Per non dire che tenderebbe ad evitare ben due ricorsi giurisdizionali (anziché, al massimo uno) che i due alunni con disabilità insoddisfatti (di cui all’esempio) potranno intentare (vittoriosamente) avverso l’Amministrazione Scolastica.
Se quindi non vi sono dubbi che bisogna ritenere defunto (come vincolo normativo) il principio di un insegnante di sostegno ogni due alunni con disabilità, l’unico principio guida è quello delle «effettive esigenze rilevate». Ma ciò deve correttamente condurre a una personalizzazione delle esigenze dell’alunno e conseguente diritto all’assegnazione e non già a una smisurata fornitura di organici.
Se, come previsto dalla normativa vigente e come confermato dalla pronuncia della Corte Costituzionale, si procede attraverso «le esigenze individuali del disabile», attraverso l’analisi complessiva delle certificazioni e della somma delle documentazioni scolastiche degli alunni di un dato territorio (quello di pertinenza degli Uffici Scolastici Provinciali, consentendo comunque una compensazione fra Province), occorrerebbe verificare se gli organici ordinari sul territorio siano (o meno) sufficienti a soddisfare i bisogni di integrazione scolastica degli alunni con disabilità per il successivo anno scolastico. Qualora dalla suddetta analisi ci si dovesse rendere conto che la domanda di integrazione scolastica (in termini di ore di insegnamento di sostegno) non dovesse essere sufficiente rispetto agli organici in possesso, allora si potrà procedere all’assunzione di insegnanti di sostegno in deroga a favore degli alunni con disabilità grave. Assunzione, ovviamente, così ponderata, valutata e quantificata, che andrebbe non solo a beneficio dell’alunno con disabilità grave (a garanzia, così, del monte ore sulla base delle sue «effettive esigenze rilevate»), ma anche a beneficio degli alunni con disabilità non gravi.
Si ritiene che ciò conduca e tuteli i principi di efficienza, efficacia, economicità e razionalizzazione dell’azione amministrativa e della spesa pubblica, oltre che a un pregnante rispetto della normativa vigente e delle parole conclusive della Corte Costituzionale espresse in dispositivo, in cui si afferma di dichiarare «l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 414, della legge n. 244 del 2007, nella parte in cui esclude la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente».
Per chi suona la campana? Se il sistema vigente – opinabile ma ritenuto sostanzialmente valido – si caratterizza per un’applicazione rispettosa del dettato normativo, allora probabilmente sentire il suono delle campane dell’inizio dell’anno scolastico indurrà serenità agli alunni con disabilità e loro famiglie. Ma se invece la concreta applicazione delle previsioni normative dovesse essere non pertinente (se non persino distorta) rispetto alla ratio legis, allora forse – anche alla luce delle tante fibrillazioni nel mondo delle scienze pedagogiche, didattiche e sociali in tema di inclusione scolastica – converrebbe riformulare l’intero assetto dell’istruzione dell’alunno disabile, scorporandolo da sistemi (graduatorie dei docenti; modalità di assunzione; precariato; formazione; insufficiente impegno di risorse finanziarie; strane modalità di assegnazione dei docenti) che, anche involontariamente, ledono o diminuiscono la qualità dell’offerta formativa.
*Avvocato (fmarcellino@videobank.it). L’Autore del presente testo ha rilasciato la concessione alla pubblicazione solo ed esclusivamente al sito Superando.it. Senza il consenso dell’Autore non è consentita alcuna duplicazione del contributo (né tutto né in parte), tranne il mero rinvio con link ipertestuale alla presente pagina internet.
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