In Lombardia c’è un servizio da ripensare, pena discriminazioni continue

Si tratta delle RSD, le Residenze Sanitario Assistenziali per Persone con Disabilità, definite sette anni fa dalla Regione Lombardia, inglobando alcune precedenti soluzioni. Il dibattito su di esse è stato lanciato qualche tempo fa dalla LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), che ha sostenuto tra l’altro: «La nostra esperienza di incontro con le RSD ci dice che questi servizi, per loro “natura”, non possono essere luoghi dove i diritti umani delle persone con disabilità vengano promossi, protetti e garantiti». Rischiano di essere, le RSD, “non luoghi” e “per sempre”, ben lontani, ad esempio, dai princìpi prescritti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, in riferimento al diritto di scelta su dove e come vivere. E le numerose testimonianze raccolte successivamente dalla stessa LEDHA – delle quali abbiamo ripreso una tra le più scioccanti – stanno pian piano ponendo in piena luce tutte le contraddizioni di queste strutture

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Non può essere un «grande risultato» una classe di 29 alunni!

Eppure, di fronte al quadro sconfortante di sovraffollamento denunciato nella Provincia di Salerno – con classi di 30 alunni, dei quali 3 con disabilità – e in una situazione di totale mancato rispetto delle normative, ci sono dirigenti scolastici che sottolineano appunto come «un grande risultato» avere “solo” alcune classi da 29 alunni…

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Si riparte dalle bocce

Disciplina di antichissima tradizione, infatti, il gioco delle bocce è anche un’attività sportiva idonea alle persone con disabilità e come tale rientra a pieno titolo nel Progetto “Sport e Disabilità”, avviato lo scorso anno presso il Comune di Maniago (Pordenone), per coinvolgere le persone con disabilità nelle attività sportive, per favorirne la socializzazione e l’apprendimento nel rispetto delle regole e per farle uscire dall’isolamento in cui sovente sono costrette loro malgrado

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Donne con disabilità: una questione di democrazia «incompiuta»

«Noi riteniamo che la causa delle donne con disabilità appartenga anche e in ugual misura al mondo delle donne e per questo motivo abbiamo deciso di dedicare la nostra prossima iniziativa alle donne con disabilità, per evitare che, troppo spesso, vengano strumentalizzate e ridotte a meri esercizi di retorica politica, oltre che per aiutarci a tenere le luci accese sui vari aspetti dei diritti delle donne e quindi della democrazia “compiuta” nel nostro Paese e altrove nel mondo». Lo dichiarano le promotrici di un interessante incontro che si terrà il 25 settembre a San Lazzaro di Sàvena (Bologna), con il titolo di “Donne e disabilità. Pratica e diritto nella Convenzione ONU”, nell’ambito delle manifestazioni di Volontassociate 2010, Festa del Volontariato e dell’Associazionismo di Bologna

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Chiedo a tutti uno scatto di sincerità!

“Eliminare fame e povertà estrema”; “Istruzione primaria per tutti”; “Pari opportunità fra i sessi”; “Ridurre la mortalità infantile”; “Migliorare la salute materna”; “Combattere HIV/AIDS e malaria”; “Assicurare la sostenibilità ambientale”; “Sviluppare un’alleanza globale per lo sviluppo”: sono questi gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Developments Goals) che l’ONU decise di voler raggiungere entro il 2015, tutte questioni profondamente connesse con milioni di persone con disabilità nel mondo, quasi sempre “i più poveri tra i poveri”. In questi giorni, a New York, il segretario delle Nazioni Unite Ban ki-moon ha convocato un’Assemblea Generale per fare il punto della situazione a cinque anni da quella scadenza. E nel suo discorso inaugurale ha rimarcato sì l’importanza di alcuni risultati raggiunti, ma anche l’enorme mole di lavoro che resta ancora da fare e per questo ha chiesto a tutti i Paesi del mondo “uno scatto di sincerità” nel voler agire concretamente ora, perché «nessun progetto globale è più importante di questo» e certe decisioni non possono più essere rinviate

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