Il pregiudizio, i tagli alla scuola e l’insegnamento di Socrate

di Salvatore Nocera*
È ormai universalmente comprovato che gli alunni con disabilità nelle scuole comuni italiane soffrono di uno stress inferiore a quello dei coetanei che frequentano le scuole speciali in altri Paesi. E che se supportati di tutto quanto prevede la normativa, possono ottenere risultati insperati, migliorando il rendimento dei compagni non disabili. Ma tutto ciò sembra essere bellamente ignorato da alcuni personaggi che ricoprono ruoli pubblici ufficiali e che recentemente si sono resi protagonisti di "esternazioni" a dir poco discutibili. La realtà, invece, è assai più semplice ed è che se gli alunni con disabilità non si trovano a loro agio nelle classi comuni, ciò è dovuto al mancato allestimento da parte delle istituzioni scolastiche e degli Enti Locali dei servizi predisposti dalla normativa, che i tagli indiscriminati alla spesa pubblica sociale ed educativa stanno paurosamente riducendo

Foto in bianco e nero di profilo di uomo, con espressione pensierosaQuesto articolo è la riedizione di un mio precedente testo – apparso alcuni giorni fa in Superando e sùbito rimosso dalla redazione – a causa di un mio increscioso errore ai danni del professor Giorgio Israel. Infatti, la sintesi vocale di cui debbo avvalermi per consultare i testi in internet mi ha letto senza soluzione di continuità un commento del professor Israel alla recente legge sui disturbi specifici di apprendimento (se ne legga oltre) e i commenti di altre persone.
In quella edizione, dunque, ho erroneamnte ritenuto che questi ultimi giudizi critici – che non condividevo – fossero attribuibili al citato professor Israel, alterando così involontariamente il suo pensiero. Di ciò mi dolgo e porgo pubbliche scuse al Professore, come pure ai Lettori, per avere dato del suo pensiero un’idea involontariamente ed erroneamente distorta. (S.N.)

In questi giorni si sta notando una recrudescenza di tentativi di discriminazione ed emarginazione degli alunni con disabilità dalle classi comuni delle nostre scuole. Ha cominciato l’assessore all’Istruzione e alla Cultura del Comune di Chieri (Torino) («lasciare in classe gli studenti con disabilità è inutile», meglio «inserirli in comunità specializzate»); ha rincarato la dose un docente del Conservatorio di Milano che addirittura ha auspicato «il ritorno alla Rupe Tarpea», sostenendo che «quel che conta è la genetica e quindi la scuola nulla può fare per migliorare l’apprendimento degli alunni con disabilità»; adesso si sono aggiunte alcune critiche alla legge recentemente approvata riguardante la dislessia e i disturbi specifici dell’apprendimento [dell’approvazione di tale Legge si legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.], secondo cui gli alunni interessati da questi problemi sarebbero dei sedicenti malati, allo scopo di farsi ingiustamente promuovere e che la scuola non può diventare comunque un ospedale, con enormi costi a carico dell’erario.

Ciò che è forse più grave è che queste affermazioni pervengono da persone colte, anzi  che occupano ruoli pubblici ufficiali. E in tal senso è davvero quasi incredibile la loro ignoranza in materia di medicina e di pedagogia.
Infatti, è ormai universalmente comprovato che gli alunni con disabilità che frequentano in Italia le scuole comuni hanno una situazione di stress inferiore a quella dei coetanei che frequentano le scuole speciali, come ha dimostrato con numerose ricerche Renzo Vianello, già preside della Facoltà di Psicologia all’Università di Padova.
Inoltre, gli alunni con disabilità che studiano nelle scuole comuni con tutti i supporti previsti dalla normativa conseguono risultati di apprendimento insperati e migliorano il rendimento dei compagni, come dimostrano numerose ricerche condotte da Andrea Canevaro dell’Università di Bologna e da Dario Ianes dell’Università di Bolzano, oltre a varie altre.
Un’ottima riprova l’ha avuta anche recentemente la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), con il concorso Le chiavi di Scuola, già giunto alla sua quarta edizione, che ha selezionato centinaia di progetti di buone prassi di integrazione scolastica, premiando solo i migliori fra i tanti di qualità.

A questo punto si chiede agli elettori dell’Assessore di Chieri e al Ministero dell’Istruzione per il docente del Conservatorio lombardo se ritengano di confermare la loro fiducia in persone di cultura che, nel terzo millennio, ragionano ancora come si faceva a Sparta nel primo millennio avanti Cristo.
Queste persone, infatti, ferma restando in uno stato democratico la libertà di manifestazione del pensiero – anche se abnorme – quali garanzie possono dare ai cittadini di serietà culturale in posti di responsabilità quali quelli da loro ricoperti?
Come mai ancora nessun elettore del Comune di Chieri e nessun parlamentare ha rivolto interrogazioni al Governo per conoscere se intendano rimuovere dalle loro attuali responsabilità – spostandole ad altre, meno “inquinanti” – queste persone che non fanno onore alla politica e alla cultura italiana e se intendano assicurare nelle scuole tutte le misure previste dalla normativa vigente per garantire la qualità dell’integrazione scolastica e il rispetto della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 18/09?

Se gli alunni con disabilità e i loro compagni non si trovano a loro agio nelle classi comuni, ciò è dovuto al mancato allestimento da parte delle istituzioni scolastiche e degli Enti Locali dei servizi predisposti dalla normativa che i tagli indiscriminati alla spesa pubblica sociale ed educativa stanno paurosamente riducendo.
Ma davvero credono i Signori sopra indicati che mandando gli alunni con disabilità nelle classi, nelle scuole e negli istituti residenziali speciali, le spese pubbliche si ridurrebbero? Provino a chiedere al ministro Tremonti quanto costerebbe alla finanza pubblica, statale e regionale, l’educazione separata degli alunni con disabilità e diverranno – sperabilmente – più  informati, ragionevoli e consapevoli della loro ignoranza pedagogica e finanziaria.
Senza dimenticare ciò che sosteneva Socrate, ovvero che «saper di non sapere è l’origine del vero sapere».

*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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