Come si può leggere in una pubblicazione divulgativa prodotta dall’ABC (Associazione Bambini Cri du Chat), «Cri du chat è il nome che il genetista francese Jerome Léjeune ha dato nel 1963 ad una sindrome riconoscibile fin dalla nascita a causa del vagito acuto e flebile come un miagolio». «Con la parola “sindrome” – viene poi spiegato – si indica la presenza, nello stesso soggetto, di alterazioni diverse che dipendono dal medesimo meccanismo causale. In questo caso la causa è la perdita (delezione) di una parte del braccio corto del cromosoma 5. Si tratta di una malattia rara, infatti l’incidenza è compresa fra 1/15.000 e 1/50.000 nati vivi, anche se è una delle più comuni sindromi da delezione nell’uomo».
Per quanto riguarda le caratteristiche delle persone malate, nella stessa pubblicazione si scrive che «i neonati hanno alcune particolarità dei lineamenti che li rendono somiglianti fra di loro: una faccina tonda, occhi che sembrano distanti a causa dell’epicanto (una piega cutanea all’angolo interno della palpebra), mandibola piccola e mento sfuggente (microretrognazia). Sono inoltre presenti basso peso, ipotonia (scarso tono muscolare), difficoltà di suzione. Crescendo i tratti cambiano: il volto si allunga, è frequente lo strabismo divergente, mani e piedi sono piccoli. La statura e il peso sono generalmente inferiori alla norma. La voce conserva un caratteristico timbro acuto. La perdita di una parte del patrimonio genetico, oltre a determinare queste caratteristiche che di per sé non sarebbero rilevanti, coinvolge purtroppo anche lo sviluppo cerebrale con conseguente microcefalia (circonferenza cranica inferiore alla norma) e ritardo dello sviluppo psicomotorio». Infine, rispetto alle manifestazioni cliniche, esse «presentano una variabilità individuale, legata in buona parte al tipo e all’ampiezza della delezione. In ogni caso lo sviluppo psicomotorio può trarre giovamento dai precoci interventi riabilitativi ed educativi».
Dal novembre del 1995, in Italia, c’è la già citata ABC, che secondo la presidente del Comitato Scientifico Paola Cerruti Mainardi (primario emerito dell’Ospedale Sant’Andrea di Vercelli), ha fatto «molta strada grazie anche al prezioso lavoro di tanti volontari e professionisti: attualmente l’Associazione riunisce 180 famiglie e il Registro Italiano della Sindrome del Cri du Chat, avviato negli anni ’80, raccoglie dati su oltre 200 bambini».
«Molti degli obiettivi che l’ABC si era proposta – spiega ancora Cerruti Mainardi – sono stati raggiunti: sono stati realizzati numerosi Raduni delle famiglie e, fin dall’inizio, promossi e finanziati gli studi sulla sindrome. Grazie al supporto dell’ABC è stato svolto un Progetto di ricerca su un ampio numero di bambini Cri du Chat, che si è avvalso delle più recenti tecniche di analisi citogenetico-molecolare e di collaborazioni nazionali e internazionali. Il Progetto ha avuto anche il supporto di Telethon Italia e i risultati ottenuti sono stati presentati ai più importanti Congressi di genetica in Italia e negli Stati Uniti, e alle riunioni dell’Associazione delle famiglie di bambini Cri du Chat nel Regno Unito».
Il prossimo Raduno Nazionale delle Famiglie con Ragazzi Cri du Chat è previsto per sabato 16 ottobre a San Casciano in Val di Pesa (Circolo ARCI, Via dei Fossi, ore 9-19), la stessa località presso Firenze ove ha sede l’ABC.
Durante la giornata si terrà un incontro sugli ultimi aggiornamenti relativi alla ricerca scientifica e alle terapie riabilitative. Dopo i saluti dei rappresentanti istituzionali locali e l’apertura di Maura Masini, presidente dell’ABC, è previsto l’intervento della già citata Paola Cerruti Mainardi, di Marianna Spunton, ricercatrice borsista ABC presso l’Ospedale Sant’Andrea di Vercelli, di Maddalena Luisa Medolago Albani, neuropsichiatra infantile, di Marilena Pedrinazzi, terapista della riabilitazione e di Fabio Tognon, pedagogista speciale.
Un ulteriore passaggio, dunque, in un percorso che finora ha portato ad ottenere risultati talora insperati, come ha ricordato recentemente Maura Masini, rivolgendosi alle nuove famiglie dell’Associazione ABC: «Molti sono i risultati terapeutici ottenuti grazie a una stretta collaborazione tra la nostra équipe, le famiglie e chi opera intorno ai nostri bambini. Importanti risultati sono stati raggiunti da quando i genitori hanno iniziato a capire che il loro piccolo deve essere educato come gli altri e non giustificato nei comportamenti perché malato. Una buona educazione infatti ci consente anche di affrontare meglio le terapie di riabilitazione ed in futuro la loro educazione scolastica». (S.B.)