A causa dei crescenti tagli alla spesa pubblica, i Cittadini ricorrono sempre più spesso ai TAR (Tribunali Amministrativi Regionali), per ottenere un maggior numero di ore di sostegno – che vengono sempre più frequentemente tagliate – ottenendo continue vittorie.
Una delle più recenti in tal senso deriva da una Sentenza della Quarta Sezione del TAR della Campania (n. 17532 del 22 settembre 2010, depositata in Segreteria il 24 settembre), interessante anche perché dà piena attuazione alla Sentenza della Corte Costituzionale n. 80/10, sul ripristino del diritto alle deroghe per gli alunni certificati con disabilità in situazione di gravità.
E tuttavia tale provvedimento del TAR campano è ancor più interessante perché mette in luce alcuni errori compiuti dai genitori i quali, pur ottenendo una Sentenza favorevole, dovranno pagare le spese dell’azione legale, normalmente intorno a qualche migliaio di euro.
Infatti, nel caso di specie, i genitori avevano chiesto addirittura un numero di ore di sostegno pari alla durata dell’intero orario scolastico (tempo pieno), la conferma del massimo di quelle ore anche per tutti gli anni successivi e il risarcimento dei danni non patrimoniali.
Dal canto suo, il TAR ha accolto il ricorso, ridimensionando le ore richieste da 30 a 22, massimo coincidente con la cattedra oraria nella scuola primaria (elementare); ha inoltre rigettato il ricorso circa la conferma del massimo delle ore per gli anni successivi e riguardo al risarcimento dei danni non patrimoniali.
Le argomentazioni del TAR della Campania sembrano invero condivisibili. Infatti, l’assegnazione di un numero di ore pari all’orario della frequenza scolastica riduce fortemente – se non addirittura elimina – la possibilità di lavoro con i docenti curricolari e con i compagni della classe, che invece è la finalità imprescindibile dell’inclusione degli alunni con disabilità.
Non è possibile, poi, determinare in anticipo il numero delle ore di sostegno per gli anni successivi, poiché non si conoscono gli eventuali miglioramenti cui l’inclusione deve tendere.
I danni non patrimoniali, infine, riconosciuti con altre decisioni anche della Corte di Cassazione, trattandosi della tutela di un diritto costituzionalmente garantito come quello allo studio, debbono comunque essere quantificati o almeno potersi dedurre da alcuni indicatori, come ad esempio la riduzione dei ritmi apprenditivi, la frustrazione, l’aumento dell’insicurezza conseguenti al ridotto numero di ore di sostegno e così via. Niente di tutto ciò è stato provato dai ricorrenti.
La conseguenza è che, pur avendo riconosciuto il rapporto di uno a uno, secondo il principio del rispetto «delle effettive esigenze dell’alunno certificato in situazione di gravità» (Legge 104/92, articolo 3, comma 3; DPCM – Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 185/06; Legge 296/06, articolo 1, comma 605, lettera B), il TAR – a causa del rigetto delle altre richieste – ha pronunciato la compensazione delle spese, cioè che ciascuna delle parti del processo, Amministrazione Scolastica da una parte, ricorrenti dall’altra, non possano recuperare le spese sostenute.
Se infatti i ricorrenti si fossero limitati, come sembra logico, a chiedere per quell’anno solo il massimo delle ore di sostegno consentito dalle «effettive esigenze» comprovate dalla Diagnosi Funzionale e dal Piano Educativo Individualizzato (Decreto Legge 78/10, articolo 9, comma 15 e articolo 10 comma 5, convertito nella Legge 122/10), l’Amministrazione sarebbe stata soccombente e avrebbe dovuto rifondere tutte le spese sostenute dai ricorrenti.
In un momento di grave crisi economica, che coinvolge pesantemente le famiglie, occorre dunque tener conto anche di questo aspetto, poiché il costo di un ricorso troppo spesso può scoraggiare le famiglie stesse a far valere i propri diritti.
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Responsabile del Settore Legale dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo riprende, con alcuni riadattamenti, una scheda già pubblicata nel sito dell’AIPD, per gentile concessione.
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