«Mi è stato chiesto – ci scrive Luisella Bosisio Fazzi, presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità) – di intervenire con trenta righe nel quotidiano “L’Avvenire”, illustrando sinteticamente le richieste al Governo in materia di politiche sociali e in occasione della Conferenza Nazionale della Famiglia, in corso di svolgimento a Milano fino al 10 novembre. Tema dell’articolo, lo stesso del titolo dato al Gruppo 9 della Conferenza, vale a dire Famiglie con fragilità/Disabilità/Anziani/Servizi». «Mi rendo ben conto – prosegue Bosisio Fazzi – che trenta righe sono pochissime per illustrare, spiegare ed eventualmente proporre considerazioni su un tema così difficile e complesso come quello della condizione delle persone con disabilità, della fragilità e dei servizi. Il rischio è anche quello di far percepire, a chi non conosce direttamente la condizione delle persone con disabilità, che nelle famiglie aleggi solo un sentimento di stanchezza, di rinuncia e di polemica. E tuttavia voglio dire che le famiglie incessantemente “ringraziano” il Governo delle continue parole di attenzione verso la famiglia, ma ne respingono questa attenzione quando diventa un alibi per non assumere gli obblighi e le responsabilità proprie dello Stato moderno e democratico quale l’Italia è».
Ebbene, conveniamo che trenta righe siano effettivamente poche per trattare in profondità temi di tale portata, ma nonostante ciò riteniamo che la presidente del CND sia riuscita assai bene nel suo tentativo di sintesi, che ben volentieri qui proponiamo – con lievi riadattamenti – per gentile concessione. (S.B.)
Leggendo il documento Istat pubblicato nello scorso mese di aprile, visionabile interamente anche in internet (cliccare qui), sappiamo che le persone con disabilità in Italia sono 2.600.000, pari al 4,8% della popolazione italiana. Di queste, il 93% vive in famiglia, mentre in istituto sono 190.000, pari allo 0,4%. Il 62% dei giovani adulti con disabilità sono figli che vivono con i genitori; e ancora, il 66% delle persone con disabilità è fuori dal mercato del lavoro e solo il 3,5 % è occupato. La ricerca dell’Istat esclude i dati relativi alla disabilità mentale e dei bambini sotto i 6 anni, rendendo quindi “invisibili” questi due gruppi la cui fragilità è ancora più intensa e complessa.
Sono percentuali che provano che in Italia la famiglia è il principale – se non l’esclusivo – fornitore di servizi di cura e assistenza, nonché di sopravvivenza, per i propri membri in generale e in assoluto per le persone con disabilità. E la realtà di un sistema pubblico che scarica sulla disponibilità delle famiglie – e delle donne – l’azione di welfare di sua competenza danneggia il livello di qualità di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
Per riappropriarsi delle sue funzioni e responsabilità, lo Stato italiano dovrebbe prima percepire le persone con disabilità come cittadini titolari di diritti e poi come membri di un nucleo familiare. Dovrebbe poi attuare un’analisi seria del bisogno, includendo anche i dati mancanti citati, e realizzare quindi efficaci politiche economiche e sociali che liberassero le famiglie da carichi assistenziali insostenibili. Dovrebbe infine attivare una seria lotta all’evasione fiscale, per recuperare le ingenti risorse economiche occultate e redistribuirle a tutti i cittadini, anche quelli con disabilità, in termini di accessibilità e fruibilità dei servizi, benefìci economici diretti e agevolazioni e benefìci fiscali.
Stante la situazione rilevata, infatti, diventerà impossibile per le famiglie essere luoghi di promozione e tutela delle persone con disabilità. Schiacciate da compiti di cura insostenibili, ridotte in miseria dai costi dell’assistenza, si trasformeranno irreversibilmente in luoghi di esclusione e reclusione, in nuovi piccoli “tremendi istituti”.
*Presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).
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