Fin dall’antichità è noto che l’attività fisica, soprattutto quella sportiva, contribuisce al benessere della mente e non solo del corpo. E tuttavia a livello scientifico ancora molto resta da chiarire: ad esempio, i meccanismi neurali responsabili dei benefici cerebrali dello sport e gli effetti specifici di discipline differenti e in categorie diverse di persone.
Così una ricerca dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia, svolta in collaborazione con l’Università di Roma Foro Italico, ha studiato per la prima volta i benefìci dello sport sulle funzioni cognitive di atleti con disabilità, dimostrando che anche in questo caso la mente ne trae effettivo giovamento, non solo psicologico.
Il lavoro italiano [disponibile integralmente in lingua inglese, cliccando qui, N.d.R.] sarà presto pubblicato dal «Journal of Neurotrauma», importante rivista internazionale che si occupa delle conseguenze degli eventi lesivi del sistema nervoso.
Nel dettaglio, la ricerca ha voluto indagare in particolare le modificazioni delle funzioni cognitive superiori di soggetti con disabilità impegnati in uno sport open-skill, cioè in una disciplina in cui l’atleta deve interagire con un ambiente esterno mutevole e da cui attinge, prevalentemente, le informazioni per decidere e controllare i suoi movimenti e le azioni di gara. A tale scopo, come sport è stato preso in esame il basket in carrozzina, praticato a livello agonistico dagli atleti con disabilità del Gruppo Santa Lucia Sport.
Da molti anni è accertato che l’attività fisica adattata e lo sport possono migliorare anche le capacità funzionali e l’autonomia delle persone con disabilità nello svolgimento delle attività quotidiane. Già nel 2005 i ricercatori della Fondazione Santa Lucia, diretti da Marco Traballesi, avevano dimostrato – con uno studio pubblicato dallo «Scandinavian Journal of Medicine Science and Sport» – che l’ansia e la depressione nei soggetti affetti da paraplegia possono essere ridotte significativamente grazie a una regolare attività sportiva.
Ora, lo studio condotto per oltre un anno nel Laboratorio di Neuropsicologia della Fondazione Santa Lucia – in collaborazione con i ricercatori del Dipartimento di Scienze della Formazione per le Attività Motorie e lo Sport dell’Università del Foro Italico di Roma, diretti da Donatella Spinelli -, è riuscito a dimostrare per la prima volta, con tecniche elettrofisiologiche e comportamentali, l’effettiva capacità di una pratica sportiva di sviluppare nei disabili anche alcune funzioni cognitive superiori, favorendo la plasticità cerebrale.
In particolare è stato osservato un sensibile miglioramento della capacità di percepire uno stimolo e di rispondere a esso in modo esecutivo. Tale ricaduta positiva si è manifestata con più evidenza nei disabili che praticano sport complessi, come appunto il basket o la scherma in carrozzina, in cui le circostanze di gioco variano continuamente e l’atleta deve adattare i propri movimenti e la tattica di gara, tenendo conto sia dei suoi compagni di squadra sia degli avversari.
In laboratorio, dunque, sono stati proposti agli atleti esaminati alcuni aspetti simulati del basket giocato in carrozzina: i soggetti partecipanti allo studio dovevano reagire il più velocemente possibile a degli stimoli visivi, premendo un tasto e, invece, trattenere la risposta rispetto ad altri stimoli. Come gruppo di controllo sono stati reclutati atleti di nuoto con disabilità e soggetti senza disabilità non praticanti attività sportiva agonistica.
L’attività cerebrale è stata registrata tramite elettroencefalogramma (potenziali elettrici correlati a eventi), ottenendo due informazioni: la performance nel compito e l’attività cerebrale che ne è risultata associata.
Lo studio ha mostrato da parte degli atleti di basket una performance eccellente come numero di errori, stabilità e flessibilità della risposta, anche se il tempo di reazione di tutti i disabili è risultato leggermente rallentato rispetto agli atleti normodotati. A livello cerebrale, poi, l’attività associata ai processi di decisione di tipo principalmente inibitorio (quando la risposta dev’essere trattenuta invece che eseguita) è stata perfettamente normale negli atleti del basket, mentre è risultata rallentata e deteriorata in quelli del nuoto.
La ricerca ha così dimostrato che la pratica di uno sport open skill, come il basket in carrozzina, induce negli atleti con disabilità – al contrario che nel nuoto – reali effetti postivi nelle funzioni cognitive, compensando il ridotto controllo decisionale conseguente alle lesioni responsabili della disabilità.
«Tali riscontri – sottolinea Stefano Brunelli, specialista in Fisiatria e Medicina dello Sport, Dirigente Medico della Fondazione Santa Lucia, che ha partecipato alla ricerca – possono ora suggerire delle importanti implicazioni riabilitative. Avendo confermato anche con evidenze scientifiche il ruolo terapeutico dello sport, questo può essere inserito nel programma riabilitativo multidisciplinare per le persone affette da patologie del sistema nervoso centrale». (Flavio Massimo Amadio)