Per compensare alla mancanza di personale sanitario l’Italia si affida a medici e infermieri stranieri, contribuendo così ad acuire la carenza di professionisti sanitari nei Paesi del Sud del mondo: in Italia sono stranieri il 28,4% degli infermieri (in maggior parte di nazionalità rumena, peruviana e indiana) e il 4,4% dei medici. Sul territorio nazionale mancano inoltre circa 50.000 infermieri, cui si aggiungerà, da qui a cinque anni, un numero consistente di medici specialisti, soprattutto nei campi della radiologia, dell’anestesia e della pediatria.
A pochi giorni dall’approvazione del documento preliminare al Piano Sanitario Nazionale per il triennio 2011-2013, anche il report internazionale Addressing the Global Health Workforce Crisis, dedicato alle politiche per la salute di Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna e al loro impatto sui Paesi del Sud del mondo, punta i riflettori sulla futura mancanza di personale sanitario. Il documento, elaborato dal network europeo di organizzazioni non governative Azione per la Salute Globale, sarà presentato al secondo Global Forum sulle risorse umane del settore sanitario in corso a Bangkok, in Thailandia, dal 25 al 29 gennaio.
Attraverso Azione per la Salute Globale, le partner italiane del network, CESTAS (Centro di Educazione Sanitaria e Tecnologie Appropriate Sanitarie) e AIDOS (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo), saranno parte attiva al forum nella capitale thailandese. «Gli Stati dell’Unione Europea – spiega il presidente del CESTAS Uber Alberti – non possono sempre contare sulla migrazione per rispondere ai propri bisogni sanitari, anche perché così impoveriscono di professionisti i Paesi in Via di Sviluppo che si trovano ad affrontare emergenze sanitarie. È arrivato il tempo che l’Europa metta a punto percorsi formativi qualificanti e argini questa fuga di cervelli dal Sud al Nord del mondo».
Da oltre dieci anni il CESTAS collabora con le università italiane e straniere per formare personale sanitario proprio nei Paesi in Via di Sviluppo ed è in arrivo anche, sempre da tale organizzazione, un corso in lingua inglese, riservato ai dirigenti dei Paesi esteri, denominato Health as a right: vocational course in the organization of health and social services, realizzato in collaborazione con l’Università di Bologna e due atenei africani, l’University of the Witwatersrand di Johannesburg in Sudafrica e l’University of Namibia.
«È necessario – aggiunge la presidente dell’AIDOS Daniela Colombo – evitare la tentazione di ricorrere a politiche migratorie che saccheggino le risorse già scarse del Sud del mondo e promuovere il ruolo delle donne, che costituiscono l’80% del personale sanitario globale».
Il Forum di Bangkok farà il punto sulla carenza di personale sanitario specializzato a livello globale. Oggi nel mondo mancano 4,3 milioni tra medici, infermieri e ostetriche, con una situazione di vera e propria emergenza a sud dell’equatore. Circa il 50% dei professionisti sanitari nati nel Sud del mondo lavorano infatti nei trentatré Paesi dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. Il risultato è che mentre il continente americano dispone del 37% del personale sanitario e della metà dei fondi globalmente investiti per la salute, l’Africa, ad esempio, può contare solo sul 3% dei professionisti e sull’1% delle risorse globali. (Ufficio Stampa Agenda)
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