La ricerca sulle malattie genetiche rare può fare maggior luce anche sul cervello

Lo dimostra uno studio tutto italiano, finanziato da Telethon, che ben dimostra come si possa coniugare la ricerca su malattie genetiche rare - come la corea di Huntington, la sindrome di Rett e altre - con lo studio di meccanismi molecolari di base coinvolti anche in patologie a maggiore diffusione, quali l'epilessia

Particolare di ricercatore al lavoro al microscopioDalle malattie genetiche rare allo sviluppo del cervello: uno studio completamente italiano fa luce sui meccanismi con cui si formano particolari cellule nervose alterate in svariate malattie, genetiche come la corea di Huntington, ma anche dall’origine complessa come l’epilessia.
A descriverlo sulle pagine della prestigiosa rivista «Journal of Neuroscience» è il gruppo di ricerca Telethon coordinato da Giorgio Merlo dell’Università di Torino, che ha visto anche la collaborazione di Enzo Calautti ed Elena Cattaneo, rispettivamente delle Università di Torino e Milano.

Da vari anni Merlo e il suo team studiano, grazie a fondi Telethon, un gruppo di geni (Dlx) che, se alterati, sono responsabili di malattie genetiche rare caratterizzate da difetti dello sviluppo dello scheletro già durante la vita embrio-fetale, come ad esempio la mancata saldatura del palato e le malformazioni di mani e piedi.
Analizzandone dunque il funzionamento, i ricercatori hanno constatato che questi geni giocano un ruolo molto importante anche nello sviluppo del nostro cervello, in particolare nella formazione di un tipo specializzato di cellule nervose, i neuroni GABAergici. Molto diffuse nel sistema nervoso, queste cellule hanno normalmente un ruolo inibitorio, sono addette cioè a “spegnere” attività troppo intense o prolungate di altri neuroni o gruppi di neuroni. Non solo: alterazioni nella quantità e qualità dei neuroni GABAergici, oppure nel processo con cui vengono prodotti a partire dalle cellule staminali neurali (differenziamento) sono state associate a svariate malattie, tra cui la citata corea di Huntington, la sindrome di Rett, l’epilessia, la sindrome fetale alcolica e forse l’autismo.

I ricercatori Telethon hanno quindi studiato questo fenomeno in animali da laboratorio in cui i geni Dlx non funzionano e che presentano una riduzione di neuroni di tipo GABAergico. «Abbiamo notato –  spiega Giorgio Merlo – che anche l’ambiente cellulare circostante è importante per una maturazione corretta delle cellule staminali in questo tipo di neuroni. In particolare abbiamo scoperto che l’anello mancante tra Dlx e i neuroni GABAergici è una proteina segnale chiamata Wnt5a, capace di “dirigere” il comportamento delle cellule staminali presenti nel cervello e di indurle a formare proprio cellule GABA».
La conferma si è avuta anche osservando come cellule staminali neurali in coltura maturano meglio in neuroni GABAergici in presenza di Wnt5a.
«Il prossimo passo – continua il ricercatore – sarà andare a fondo dei meccanismi con cui le cellule staminali presenti nel cervello rispondono a questo segnale: potremmo così ottenere informazioni importanti su quale sia il modo migliore per intervenire con dei trattamenti farmacologici e far sì che la produzione di neuroni GABAergici vada a buon fine. Questo lavoro è anche un ottimo esempio di come si possa coniugare la ricerca su malattie genetiche rare – quella che Telethon finanzia in accordo con la propria missione – con lo studio di meccanismi molecolari di base coinvolti anche in patologie a maggiore diffusione». (Ufficio Stampa Telethon)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@telethon.it.
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