È mancato, a 97 anni, Giovanni Bollea, padre della Neuropsichiatria Infantile italiana. In tempi recenti e sino all’ultimo aveva difeso la figlia diletta dal “riaccorpamento” nella pediatria, convinto che non sempre e non tutto fosse – e sia – riconducibile a una causa organica.
Bollea aveva introdotto in Italia, negli anni Cinquanta del Novecento, la psicanalisi e la psicoterapia di gruppo in campo pediatrico, lavorando soprattutto con i bambini con sindrome di Down e contribuendo fortemente a migliorarne la qualità e l’aspettativa di vita.
Tra i suoi moltissimi lavori, un titolo emblematico, Le madri non sbagliano mai, professione di umiltà dinnanzi al sapere innato delle madri stesse. Peccato che i suoi discepoli abbiano poi spesso disatteso questo assioma!
Guidato dallo scopo fondamentale di ridare il sorriso ai bambini che l’avevano perso o non l’avevano mai avuto, Bollea aveva una passione più nascosta, ma altrettanto emblematica: piantare alberi. Fondò infatti l’Associazione ALVI – Alberi per la vita e gli alberi che ha contribuito a piantare restano – così come le sue idee in campo scientifico – a testimoniare come la passione di un uomo possa contribuire a migliorare il mondo.
Aveva solo sette anni, quando, durante una visita al Cottolengo, a una suora che gli disse: «Questi bambini disgraziati saranno i primi ad entrare in paradiso!», rispose: «Perché invece non provate a curarli?».
Questo l’uomo e lo scienziato che ci piace ricordare e che per primo pensò ad un’équipe ideale che comprendesse medici, genitori, insegnanti, psicologi ed assistenti sociali a favore del bambino con problematiche cognitive e relazionali.
*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi). Parte delle informazioni qui pubblicate sono state attinte da un articolo del 7 febbraio di Piero Bianucci, pubblicato da «La Stampa» (lo si legga cliccando qui).
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