Le famiglie che si prendono cura di disabili in condizioni di gravità, costrette ad affidare i loro figli a Centri ex articolo 26 della Legge 833/78 [la Legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, N.d.R.], non solo per la riabilitazione, ma anche per garantire loro una parvenza di vita sociale, denunciano la prassi, consentita dalla Delibera della Regione Lazio n. 583/02, che permette ai Centri stessi di adottare pratiche in contrasto con la Legge 328/00 [la Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, N.d.R.], discriminatorie e lesive della dignità delle persone con disabilità.
Infatti, i genitori che cercano per i loro figli interventi di riabilitazione, ma anche – come si diceva – un’alternativa all’isolamento e alla segregazione fra le mura domestiche, ricevono dalle ASL l’elenco dei Centri convenzionati per l’erogazione di attività di riabilitazione in regime semiresidenziale presenti sul territorio.
L’utente, o meglio la famiglia che se ne prende cura, è costretta a fare il giro di questi Centri, elencando i propri guai e sperando che qualcuno, dopo questo umiliante esame, trovi “conveniente” prendere in carico la persona con disabilità.
Tale prassi comporta spesso che gli utenti i quali richiedono il maggiore impegno assistenziale restino a casa a totale carico dei genitori, magari anziani e malati, provati da anni di assistenza ai loro figli, o finiscano in Centri Residenziali che, per molti aspetti e per le stesse ragioni, ripropongono le stesse situazioni di quelli Semiresidenziali. Un percorso, questo, che determina, alla fine, maggiori gravami per Regione e Comuni.
La citata Delibera 583/02 della Regione Lazio dà dunque ai Centri la facoltà di predisporre progetti individuali e accettare o dimettere la persona con disabilità a loro insindacabile giudizio. Tutto questo in totale spregio dello spirito e della lettera della Legge 328/00, in particolare dell’articolo 14 che qui di seguito riportiamo: «Legge 328/00, Art. 14, Progetti individuali per le persone disabili. 1. Per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell’interessato, un progetto individuale, secondo quanto stabilito al comma 2. 2. Nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare. […]».
La dissonanza tra la Legge 328/00 e la Delibera 583/02 della Regione Lazio, è evidente, tanto che, per l’attività di presa in carico ai Centri, è riconosciuta una «remunerazione», come si può leggere nel seguente passaggio della Delibera stessa: «[…]Considerato che il nuovo sistema di accreditamento delle strutture erogatrici, basato sulla redazione del progetto riabilitativo individuale e sulla remunerazione collegata alla presa in carico dell’utente secondo la complessità assistenziale, richiede un tempo ulteriore di sperimentazione, necessario ad acquisire maggiori conoscenze circa la qualità delle prestazioni riabilitative erogate ed agli esiti dell’attività riabilitativa[…]».
È quanto mai necessaria, pertanto, l’abolizione dalla Delibera 583/02 della Regione Lazio, riguardante i Centri di Riabilitazione ex articolo 26 della Legge 833/78, nelle parti in cui essa conferisce ai Centri stessi prerogative non in sintonia con la Legge 328/00. Infatti, tali compiti devono essere svolti dai Comuni e dalle ASL, d’intesa con le famiglie, dopo valutazioni multidisciplinari e la stesura di piani personalizzati secondo quanto presctitto appunto dal citato articolo 14.
*Presidente dell’U.F.Ha. (Unione Famiglie Handicappati), aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Articoli Correlati
- Dopo di noi da creare “durante noi“* L'organizzazione del futuro di una persona con disabilità: quali sono le tutele giuridiche esistenti? In quali ambienti si potrà svolgere la vita di quella persona? E con quali fondi? Un…
- L'integrazione scolastica oggi "Una scuola, tante disabilità: dall'inserimento all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità". Questo il titolo dell'approfondita analisi prodotta da Filippo Furioso - docente e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni piemontese…
- La complessità del "Dopo di Noi" e la logica dei diritti «Può esserci ancora la possibilità di abbandonare l’attuale sistema organizzativo dei servizi e, approfittando dell’occasione di attuare la Legge 112/16 sul “Dopo di Noi”, iniziare con coraggio un processo di…