Per definizione le Malattie Rare sono condizioni morbose poco frequenti e, spesso, poco studiate e senza adeguati supporti terapeutici. Vengono definite anche “Malattie Orfane” perché scarsamente “appetibili” per la ricerca sperimentale e clinica.
In Italia, il Piano Sanitario Nazionale definisce «rare» le malattie che si presentano con un’incidenza variabile tra 1:20.000 e 1:200.000, individuandone in questo modo circa 5.000 che, nel complesso, rappresentano il 10% del totale delle malattie: una percentuale complessiva inferiore solo alle patologie cardiovascolari e neoplastiche. L’opportunità di raggruppare forme cliniche tra loro anche molto differenti risiede nel fatto che queste si presentano con una bassa prevalenza nella popolazione generale, sono accomunate da problemi clinico-assistenziali simili e richiedono un’assistenza specialistica e continuativa di dimensioni tali da non poter essere effettuata senza un importante intervento pubblico.
I “Malati Orfani” si trovano spesso in una situazione di doppio danno: il primo derivante dall’essere affetti da una patologia quasi sempre molto severa, il secondo dal fatto che la loro malattia non viene riconosciuta, diagnosticata e curata per quanto si potrebbe. Per queste patologie, quindi, il termine Orfane ha sostituito quello di Rare, evidenziando non tanto l’aspetto numerico quanto il fatto che si tratta di malattie prive di attenzioni e di risorse.
In realtà la ricerca sulle Malattie Rare sarebbe doverosa, oltre che per motivi etici (tutti le persone hanno il diritto alla salute), anche per le importanti ricadute che potrebbe avere per la popolazione generale: infatti, la maggior parte delle scoperte che riguardano i “normali” sono state possibili grazie alla ricerca nel campo delle Malattie Rare.
Com’è noto, negli anni scorsi è stato presentato il Progetto Genoma per cui un’importante company americana riuscì a sequenziare l’intero genoma umano. Fu sicuramente un grande passo nel campo della genetica, ma siamo ancora lontani dal conoscere gli effetti della maggior parte dei geni individuati, le proteine che codificano e il loro ruolo nel funzionamento normale.
Ma chi può dare un aiuto per far progredire la ricerca in questo campo? «Proprio i soggetti portatori di specifici difetti genetici», afferma Renato Borgatti, primario nell’Unità Operativa NR1 dell’IRCCS Medea–La Nostra Famiglia. «Infatti – continua Borgatti – forniscono più informazioni sul funzionamento di un determinato gene poche centinaia di soggetti malati che milioni di soggetti sani. E non si tratta solo di conoscere il significato del funzionamento di un singolo gene o di una singola proteina. Spesso, studiando le Malattie Rare, siamo riusciti a comprendere importanti fenomeni che regolano il funzionamento del nostro organismo, delle vere e proprie leggi biologiche, come ad esempio il fenomeno dell’imprinting genomico o la cosiddetta “espansione delle triplette”».
Appare chiaro, quindi, che le spese per la ricerca nel campo delle Malattie Rare sarebbero veri investimenti in quanto destinate a restituire frutti, anche in termini economici, nel prossimo futuro, con ricadute positive per il benessere dell’intera popolazione.
*Ufficio Stampa IRCCS Medea-Associazione La Nostra Famiglia.
Nel presidio di Bosisio Parini (Lecco) sono attivi ambulatori appositamente dedicati alla visita di pazienti con Malattie Rare, quali sindromi con ritardo mentale, malattie neuromuscolari, epilessia, sindromi con deformità del rachide e da alterato sviluppo osseo, distrofie retiniche e altre patologie oculari.
All’attività clinica si affianca quella della ricerca di laboratorio, dove è possibile svolgere le più avanzate indagini sia nel campo della citogenetica che della genetica molecolare. In particolare vanno segnalate le ricerche sulle malattie motoneuronali con insorgenza prevalentemente, ma non esclusivamente, giovanile e in particolare sulle paraparesi spastiche e le neuropatie, ma anche i vari studi sui riarrangiamenti cromosomici. (C.T.)
Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa IRCCS Medea-La Nostra Famiglia, tel. 031 877384, ufficio.stampa@bp.lnf.it.
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