Siamo da tempo abituati alle sorprese spiacevoli, ma non pensavamo che l’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia potesse arrivare al punto di invitare i dirigenti degli Uffici Territoriali Provinciali a non tenere conto degli alunni disabili nella rilevazione sul fabbisogno di classi prime nella scuola primaria del prossimo anno scolastico 2011-2012. Evidentemente gli alunni con disabilità sono diventati invisibili!
Infatti, la Circolare del 21 marzo scorso sull’organico della scuola primaria inviata ai Dirigenti Provinciali li esorta a segnalare il numero di future classi prime, dividendo il totale degli alunni per 26 (o 27, nel caso frequente di resti), senza tenere conto «in questa prima fase» del disposto dell’articolo 5, comma 2 del DPR 81/09 il quale stabilisce proprio per le classi prime di ogni ordine e grado – che accolgono alunni con disabilità – di non superare i 20 alunni «purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili».
Nella stessa Circolare, poi, l’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia si raccomanda anche che non vengano effettuati sdoppiamenti a posteriori nelle classi successive alla prima, sulla base dello stesso articolo del Decreto sul dimensionamento (caso mai a qualcuno venisse in mente di rispettare, se pur in ritardo, la legge!).
E pensare che pochi giorni prima, il 14 marzo, la Circolare Ministeriale n. 21 sulle Dotazioni organiche del personale docente per l’anno scolastico 2011/2012, che accompagnava la trasmissione dello schema di Decreto Interministeriale, raccomandava invece, a pagina 19, «la massima attenzione nella costituzione delle classi con alunni con disabilità, nel senso di limitare, per quanto possibile, in presenza di grave disabilità, la formazione delle stesse con più di 20 alunni».
Non si capisce dunque tanto zelo: forse il Dirigente Regionale della Lombardia vuole farsi paladino di una nuova “crociata” contro i costi che gravano sui bilanci della scuola pubblica per la presenza degli alunni disabili, per intraprendere finalmente un percorso di austerità dopo gli “eccessi” del passato? Come famiglie di persone con disabilità francamente non abbiamo percepito questo “benessere dissipatorio” e non ci sentiamo in debito per ciò che lo Stato ha fin qui elargito ai nostri figli…
La buona legislazione italiana – di cui andiamo fieri – ha abolito le classi differenziali e chiuso gli istituti in cui gli studenti disabili venivano confinati, facendo giustizia di una palese iniquità, portando allo scoperto i cittadini “invisibili” e anticipando di ben trent’anni la stessa Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che all’articolo 24 (Educazione) enuncia il diritto dell’alunno con disabilità ad accedere ad «un’istruzione primaria e secondaria nel sistema generale, di qualità e libera, all’interno della propria comunità, realizzata con efficaci misure di supporto individualizzato».
Giuseppe Colosio, dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia, ha più volte espresso negli ultimi tempi il suo pensiero, sostenendo come fossero controproducenti, per una vera inclusione degli alunni con disabilità, le rivendicazioni dei genitori, che si sono costituiti parte civile contro il suo Ufficio e contro il Ministero, per ottenere più ore di sostegno specializzato, dopo gli ennesimi tagli operati anche nel corrente anno scolastico, e che si sono visti dare ragione, con una “storica” Sentenza antidiscriminazione dal Tribunale Ordinario di Milano [di quanto detto in questa frase si legga nel nostro sito cliccando qui e qui, N.d.R.].
A suo dire l’alunno disabile deve stare in classe, non essere affidato solo alle cure dell’insegnante di sostegno, che troppo spesso lo isola dagli altri in aule separate, ed essere preso in carico da tutte le componenti scolastiche: insegnanti curricolari, dirigenti, assistenti ecc.
Benissimo; è proprio per questo che le Associazioni delle persone con disabilità, riunite nella LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità) e nella FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), chiedono da parecchi anni ad una voce che l’accoglienza venga programmata per tempo e che si predispongano tempestivamente gli interventi necessari all’inclusione nella classe e nella vita della scuola, scrivendo sul PEI – il Progetto Educativo Individualizzato – le risorse individuate allo scopo, affinché il disabile non sia “ospite indesiderato”, ma alunno alla pari degli altri, titolare del diritto di apprendere, comunicare, relazionarsi ed emozionarsi con i suoi compagni fin dal primo giorno di scuola. Ma tra queste pre-condizioni vi è anche il numero di alunni totali e di alunni disabili presenti in classe, proprio perché «la presenza di alunni disabili non è un incidente di percorso, un’emergenza da presidiare, ma un evento che richiede una riorganizzazione del sistema già individuata in via previsionale e che rappresenta un’occasione di crescita per tutti», come si afferma nelle Linee Guida per l’Integrazione Scolastica degli Alunni con Disabilità (III parte, 1.1), prodotte nell’agosto del 2009 dal Ministero.
In realtà, dunque, la Circolare emanata il 21 marzo dall’Ufficio Scolastico Regionale lombardo va proprio nel segno opposto di quanto enunciato più volte dal direttore Colosio e dalle citate Linee Guida Ministeriali: in classi di 26/27 alunni, spesso con più di un alunno disabile e insieme a tante altre situazioni problematiche non certificate (disturbi specifici di apprendimento, bambini con disturbi del comportamento, bambini non italofoni), quale attenzione verrà data ad alunni che spesso non parlano, che fanno molta più fatica degli altri ad apprendere e a relazionarsi con gli altri?
«Metto le difficoltà nel mucchio e aspetto che scoppino le contraddizioni»: sembra questa la logica sottesa a un simile operare. Non tarderà a manifestarsi il disagio degli insegnanti curricolari, non adeguatamente preparati ad organizzare il lavoro individualizzato o per gruppi, per colpa di una formazione iniziale non obbligatoria in didattica speciale e perché troppo spesso non coinvolti in corsi di aggiornamento sull’integrazione. Ci saranno rimostranze di alunni “normali” e dei loro genitori, preoccupati che i loro figli non completino i programmi per colpa di chi ne rallenta lo svolgimento perché disturba. Saranno scontenti gli insegnanti di sostegno precari, gli educatori dell’Ente Locale e gli assistenti di base nominati per un numero irrisorio di ore, spesso ad anno scolastico inoltrato, in un carosello di nomine e sostituzioni, di cui fanno le spese i più deboli e i più indifesi: gli alunni disabili o con qualche fragilità.
Come famiglie di alunni con disabilità vorremmo che alle dichiarazioni di principio, spesso ineccepibili, seguissero comportamenti e disposizioni ad esse coerenti. Non siamo contente di dover adire alle vie legali per far rispettare una buona legge, per combattere le discriminazioni, per far sì che i nostri figli si considerino utenti alla pari dei loro compagni di classe, con gli stessi diritti e doveri degli alunni senza disabilità e arrivino al primo giorno di scuola primaria solo con il “peso” della cartella, proprio come gli altri.
*LEDHA Scuola (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità).
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