Segni di incuria e di sporcizia, vie di fuga, percorsi biancheria sporca-pulita, intasamento e presenza di letti aggiunti o barelle in osservazione breve, tempi effettivi per il ricovero: sono questi alcuni dei principali aspetti monitorati in questi giorni – in oltre settanta strutture di Pronto Soccorso italiane – dai volontari di Cittadinanzattiva-Tribunale per i Diritti del Malato, in collaborazione con i medici dell’ANAAO-ASSOMED (Associazione Medici Dirigenti).
Il monitoraggio – che ha ricevuto in Italia il patrocinio della Fondazione Chirurgo e Cittadino e il sostegno della Johnson & Johnson Medical – è promosso in occasione della quinta Giornata Europea dei Diritti del Malato del 18 aprile, le cui iniziativa sono per altro tuttora in corso in venti dei ventisette Paesi dell’Unione Europea. I risultati saranno presentati nel mese di giugno prossimo.
L’indagine ha preso in esame molteplici aspetti, tra cui il numero dei posti a sedere disponibili per l’attesa, la presenza del servizio di vigilanza e di un infermiere che supervisioni la situazione, oltre alle ambulanze ferme per insufficienza di barelle. Particolarmente rilevante è stata la mobilitazione nel Lazio, con il monitoraggio di tutti i Dipartimenti di Urgenza, Emergenza e Accettazione (DEA) presenti sul territorio regionale.
Un quadro allarmante sulle strutture di Pronto Soccorso era già emerso, in ogni caso, da un’indagine conoscitiva promossa dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato nel 2008. Secondo quest’ultima, infatti, anche di fronte al sospetto di un possibile infarto, al Pronto Soccorso si poteva aspettare sino a dieci ore per la visita di un medico. In molte Regioni, inoltre, la situazione appariva vicina al collasso, con lunghe file negli ospedali e Cittadini sempre più in difficoltà, ciò che sarebbe stato dovuto all’aumento degli accessi – fino ad arrivare a trenta milioni di richieste – senza il proporzionale e necessario aumento del personale.
I problemi maggiori erano stati riscontrati al Centro Italia, in particolare in Abruzzo, Lazio e Molise e al Sud, soprattutto in Campania, Puglia e Sicilia. In Abruzzo, ad esempio, i tempi massimi di attesa negli EAS (Pronto Soccorso ad Alta Specialità) toccavano i 450 minuti (ben 7 ore e mezza), mentre la media regionale si attestava intorno ai 240 minuti.
Fra i maggiori problemi, l’assistenza per attacco cardiaco/infarto miocardico acuto: solo il 10% dei pazienti – secondo l’indagine del 2008 – giungeva in Unità di Terapia Intensiva Coronarica entro le prime due ore, e un altro 30% impiegava tra le due e le sei ore dall’inizio dell’evento acuto. Il tempo medio di attesa pre-intervento medico era di 200 minuti sul territorio nazionale, con picchi di 600, ossia dieci ore.
Un altro problema di forte carenza era stato rilevato rispetto alle ambulanze e all’elisoccorso per il trasporto. «Le ambulanze stazionano troppo in Ospedale, sottraendo risorse al territorio», si leggeva nel documento del Senato. Un tempo accettabile sarebbe intorno ai 30 minuti, ma per i DEA la media in Liguria era di 46 minuti e in Sardegna di 60, mentre per le strutture di Pronto Soccorso ad Alta Specialità erano stati registrati tempi massimi “assurdi”, come nel Lazio (127 minuti di attesa) o in Puglia (154 minuti). (Alessandro Cossu)
Articoli Correlati
- L'integrazione scolastica oggi "Una scuola, tante disabilità: dall'inserimento all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità". Questo il titolo dell'approfondita analisi prodotta da Filippo Furioso - docente e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni piemontese…
- Dopo di noi da creare “durante noi“* L'organizzazione del futuro di una persona con disabilità: quali sono le tutele giuridiche esistenti? In quali ambienti si potrà svolgere la vita di quella persona? E con quali fondi? Un…
- La complessità del "Dopo di Noi" e la logica dei diritti «Può esserci ancora la possibilità di abbandonare l’attuale sistema organizzativo dei servizi e, approfittando dell’occasione di attuare la Legge 112/16 sul “Dopo di Noi”, iniziare con coraggio un processo di…