Ci risiamo: arrivato in sordina e ora diffuso capillarmente a due settimane dalla pubblicazione, si affaccia il provvedimento indirizzato alle scuole, emanato non dal Ministero, ma da un ente di diritto pubblico, l’INVALSI** (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione), sulle modalità per lo svolgimento delle prove di apprendimento per gli alunni con bisogni educativi speciali.
La nota – che nota resta e a parere di chi scrive non ha forza di legge – dimentica il buon senso e impartisce una serie di tassative disposizioni, incongruenti con la recente Legge 170/10 sui disturbi specifici di apprendimento (pur ancora in attesa di linee guida), discordanti con il regolamento sulla valutazione, contenuto nel DPR 122/09 e al di fuori delle basilari disposizioni in tema di inclusione delle persone con disabilità, che a pieno titolo frequentano le scuole italiane da quando fu abolita l’istruzione separata.
L’impianto normativo vigente, infatti – che mai in nessun caso prevede da più di trent’anni l’allontanamento in un giorno di lezione, in orario scolastico, dell’alunno disabile o con disturbo di apprendimento, dato l’ipotetico intralcio arrecato allo svolgimento delle lezioni – è sostanzialmente sovvertito dalle disposizioni contenute nella Nota sullo svolgimento delle prove del SNV 2010‐2011 per gli allievi con bisogni educativi speciali. Più che per gli allievi, dunque, definirei quest’ultima contro gli stessi.
La domanda principale da porsi – esaminando il testo di tale Nota – è: dov’è il vantaggio in queste disposizioni per gli alunni in questione? E mi riferisco a questioni fondamentali, che qui cercherò di elencare.
Primo quesito: si possono allontanare dalla classe in un normale giorno di frequenza quegli alunni che «potrebbero disturbare»? Disturbare cosa? Il rendimento di quelli “normodotati” che devono dimostrare la loro preparazione, al netto di chi non può essere sottoposto a criteri relativi di stima delle performance?
Si può dare disposizione che il docente di sostegno «non può essere presente in classe»? Si badi bene: non che non possa intervenire, ma esserci…
E ancora, si può non far partecipare a una o a tutte le prove SNV [Servizio Nazionale di Valutazione, N.d.R.] gli alunni con disabilità intellettiva o altra disabilità grave, impegnandoli nei giorni delle prove in un’altra attività? È lecita, in termini di non discriminazione, l’attività che non si può svolgere dentro la classe dove stanno avvenendo le prove, esplicito monito all’allontanamento dell’alunno “sacrificato”, in nome dell’affidabilità e dell’attendibilità delle prove?
Si può infine far ricadere sulla discrezionalità del dirigente scolastico un’indicazione che recita: «È consentito che gli allievi con disabilità intellettiva o altra disabilità grave svolgano una o tutte le prove SNV in un locale differente da quello utilizzato per gli altri»? Un dirigente, garante delle Linee Guida Ministeriali per l’Integrazione Scolastica, può prendere disposizioni contrastanti, provenienti da una nota di un ente di diritto pubblico?
E passiamo agli alunni ipovedenti o non vedenti, che fin dalle prime prove pilota – a differenza di ogni altra tipologia di disturbo – sono stati inclusi a pieno titolo nelle valutazioni da parte dell’INVALSI. Ebbene, come possono ora essere sottoposti a quanto scritto nella Nota in esame, ovvero a rinunciare completamente a quei supporti e a quel modo di svolgimento che dal principio delle fasi pilota ne hanno garantita la piena partecipazione?
Cito testualmente: «Se ritenuto opportuno dal Dirigente scolastico, è consentito che gli allievi ipovedenti o non vedenti svolgano le prove in un locale differente da quello utilizzato per gli altri allievi della classe. Solo in questo caso, è anche possibile la lettura ad alta voce della prova e la presenza dell’insegnante di sostegno, se previsto».
Beh, se si conosce qualche caso in cui non sia previsto un docente di sostegno per un alunno minorato della vista, significa solo che i tagli sono arrivati all’en plein! Potrebbe essere autonomo? Perché no! Ma mi chiedo: la discrezionalità a quale titolo viene demandata al dirigente scolastico da parte dell’INVALSI? Che sia cambiato qualcosa anche per gli alunni non vedenti rispetto a tutte le prove svolte del 2004 a oggi? Un vero mistero!
A mio modesto parere, non credo che tutto ciò possa essere permesso durante un normale giorno di scuola, in una situazione che – dichiarando di riconoscere i bisogni educativi speciali dal titolo di una Nota – di fatto impone una mortificazione dal punto di vista minimo (minimo) dell’autostima e della pesante ricaduta psicologica di alunni che, ove consapevoli di tali disuguaglianze, porteranno ancora una volta i segni di un’ingiustizia che passa inosservata.
Lo ripeto: rispetto a queste indicazioni – che nella gerarchia delle fonti normative, non sono a mio avviso al di sopra di alcuna norma espressamente prevista da trent’anni di legislazione scolastica – non vi è ratio che imponga disposizioni contrarie alle leggi, tanto più se – come alcune organizzazioni sostengono – non vi sarebbe per niente l’obbligo di svolgere monitoraggi con prove di apprendimento così come sono proposte e organizzate allo stato attuale dei fatti.
Vogliamo dunque salvare le prove di apprendimento e come si suol dire, “buttare il bambino con l’acqua sporca”? Eppure, di fatto, è proprio questo che avverrà!
Gli studi comparativi – se avvengono mettendo a confronto l’Italia con Paesi che non contemplano l’integrazione scolastica e se propongono monitoraggi dei livelli di apprendimento conseguiti dal sistema scolastico, nel suo insieme e nelle sue articolazioni – sacrificano però anni di lavoro e di lotte di famiglie, docenti, organizzazioni e istituzioni, mettendo fuori dall’uscio materialmente e simbolicamente chi ha portato alto il nome della scuola italiana nel mondo, vale a dire gli alunni con disabilità e chi vi si dedica con professionalità e abnegazione.
Se poi non si tratta di discriminazione, ma di “rigore” e di “scientificità degli studi statistici”, gli esiti per gli alunni non sono “egualitari” e dunque non appartengono a buone prassi inclusive.
A conclusione dunque di queste riflessioni, tappa primaverile fissa, ormai, dal 2004, e in difesa della dignità di chi passa inosservato, ribattezzerei con una battuta la Nota dell’INVALSI: Nota sullo svolgimento delle prove del SNV 2010‐2011 “contro” gli allievi con bisogni educativi speciali.
*Insegnante.
**Nato nel 1999 dalla trasformazione del CEDE (Centro Europeo per l’Educazione) e ulteriormente riordinato nel 2004 dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, l’INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione) ha come sua principale missione istituzionale quella di «fornire alle istituzioni scolastiche e alle famiglie degli studenti adeguate informazioni e affidabili criteri di giudizio, in aggiunta a quelli che ogni docente acquisisce quotidianamente attraverso il contatto con gli allievi».
Tale compito viene innanzitutto svolto – come si può leggere nello stesso sito dell’INVALSI – attraverso «verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa delle istituzioni di istruzione e di istruzione e formazione professionale, anche nel contesto dell’apprendimento permanente». In particolare viene gestito il cosiddetto “Servizio Nazionale di Valutazione” (SNV), tramite specifiche “prove di apprendimento”. Viene infine prodotto un Manuale per il somministratore, che dovrebbe fornire tutte le indicazioni in vista delle prove che per quest’anno sono previste esattamente nella prima settimana di maggio per le Scuole Secondarie di Secondo Grado, nella seconda settimana, per le Scuole Secondarie di Primo Grado e per quelle Primarie.
Rispetto alle indicazioni discriminatorie dell’INVALSI, rilevate sempre da Elena Duccillo per il precedente anno scolastico, segnaliamo – nel nostro sito – la pubblicazione del testo disponibile cliccando qui.
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