Conti fatti e anche recapitati direttamente a chi dovrà decidere la sopravvivenza delle cinquantaquattro case famiglia della Capitale: in queste ore, infatti, l’Associazione Casa al Plurale – che riunisce a Roma le strutture dove vivono circa quattrocento persone con disabilità – sta consegnando in Campidoglio, a tutti i consiglieri comunali, una piccola ma densa guida che racchiude i vari costi – dal vitto alle ore di presenza degli operatori, passando per la bolletta della luce, la benzina del pulmino e l’affitto e il condominio dell’abitazione – di una casa famiglia, in vista della prossima approvazione del Bilancio Comunale.
E i conti non tornano: lo studio, infatti, nel quale si calcola quanto costa al giorno, pro capite, la vita in casa famiglia per sei persone con media o alta disabilità, mette in evidenza il fatto che le rette, erogate dal Comune per gli ospiti delle case famiglia, sono meno della metà di quello che servirebbe.
«Abbiamo realizzato questo documento – afferma Luigi Vittorio Berliri, presidente di Casa al Plurale – al fine di offrire uno strumento completo, preciso, esaustivo, che chi ha il potere di decidere quanto e come stanziare potrà utilizzare».
Nel 1995, quando nacquero le prime case famiglia di Roma, le rette giornaliere pro-capite furono stabilite in 160.000 lire (corrispondenti oggi più o meno a 82,63 euro) e in 210.000 lire per i più gravi (corrispondenti a circa 108,46 euro). Dopo ben sedici anni, esse risultano rispettivamente di 97,41 e di 127,87 euro, con un aumento, quindi, appena del 17% circa. Pertanto si può dire che l’avvento dell’euro per le case famiglia di Roma si sia tradotto solo nel collettivo raddoppio delle spese!
Le rette stesse, poi, sono ferme al mese di marzo del 2007, quando vi fu l’ultimo modestissimo aumento di circa 2 euro e mezzo, disattendendo così anche la Delibera Comunale 137/01, nella quale veniva previsto l’adeguamento delle rette all’indice Istat. Né si è minimamente tenuto conto degli aumenti contrattuali per i dipendenti delle cooperative sociali (si ricorda che il costo del lavoro per gli operatori è stabilito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali).
Per le cinquantaquattro case famiglia esistenti, il Comune di Roma spende circa 13 milioni di euro all’anno: ne servirebbero il doppio e questo è facilmente riscontrabile nello studio sui costi effettivi di tali strutture che Casa al Plurale, come detto, sta sottoponendo all’attenzione dei singoli consiglieri.
«Siamo consapevoli – dichiara Berliri – che non è possibile pervenire a un adeguamento immediato delle attuali rette, secondo quanto emerge dai nostri approfondimenti, e abbiamo senz’altro apprezzato che nello scorso mese di dicembre, la Giunta abbia riconosciuto agli Enti Gestori circa un milione di euro. E tuttavia occorre tener presente che tale cifra ha rappresentato solo un po’ di ossigeno».
Nella convinzione, quindi, che la sopravvivenza delle case famiglia romane debba essere inserita tra le priorità inderogabili che la città è chiamata ad affrontare, l’appello di Casa al Plurale, in vista dell’approvazione del Bilancio Previsionale, è che ci sia una forte e condivisa volontà politica, capace di fare stanziare più risorse per questo specifico comparto – che avrebbe bisogno di uno finanziamento aggiuntivo annuo di almeno 3 milioni di euro -, in modo che nell’arco di tre o quattro anni si riesca a colmare l’attuale gap. (Carmela Cioffi)
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