Le Sentenze parlano chiaro: conta solo la situazione economica dell’assistito: l’avevamo intitolata così – la scorsa settimana – l’ampia e approfondita ricognizione curata da Francesco Trebeschi (la si legga cliccando qui), dove appunto si concludeva affermando la certezza di un paio di princìpi, sanciti dalla più recente giurisprudenza: che da una parte, cioè, nella compartecipazione al costo dei servizi a favore di persone con disabilità grave e anziani non autosufficienti, conta solo la situazione economica dell’assistito, che dall’altra i diritti delle persone con disabilità all’erogazione di servizi costituenti livelli essenziali di assistenza sono incomprimibili e come tali esigibili.
Ebbene, quella giurisprudenza – e in particolare la fondamentale Sentenza 1607/11, espressa nel marzo scorso dal Consiglio di Stato – continua a dare frutti positivi, come ci segnala ancora Francesco Trebeschi.
È stata infatti depositata il 7 giugno scorso una nuova Sentenza, da parte della Sezione III del TAR del Veneto (Tribunale Amministrativo Regionale), esattamente la n. 950/2011, ove, accogliendo pienamente un ricorso, si scrive tra l’altro che «come ha avuto occasione di affermare recentemente il Consiglio di Stato deve ritenersi che l’articolo 3, comma 2 ter del d.lgs n. 109 del 1998 pur demandando in parte la sua attuazione al successivo decreto, abbia introdotto un principio, immediatamente applicabile, costituito dalla evidenziazione della situazione economica del solo assistito, rispetto alle persone con handicap permanente grave e ai soggetti ultra sessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali. Tale regola non incontra alcun ostacolo per la sua immediata applicabilità e il citato decreto, pur potendo introdurre innovative misure per favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza, non potrebbe stabilire un principio diverso dalla valutazione della situazione del solo assistito; di conseguenza, anche in attesa dell’adozione del decreto, sia legislatore regionale sia i regolamenti comunali devono attenersi ad un principio, idoneo a costituire uno dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, attendendo proprio ad una facilitazione all’accesso ai servizi sociali per le persone più bisognose di assistenza” (Con. Stato sez. 5^ 16.03.2011 n. 1607) [grassetti nostri in questa e nella successiva citazione, N.d.R.]».
«A tale conclusione – conclude la Sentenza del TAR veneziano – perviene il Consiglio di Stato facendo leva anche sui principi contenuti nella Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità (principi che si basano sulla valorizzazione della dignità intrinseca, dell’autonomia individuale e dell’indipendenza dei disabili) ed in particolare sull’articolo 3 che impone agli Stati aderenti un dovere di solidarietà nei confronti dei disabili, in linea con i principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona, che nel settore specifico rendono doveroso valorizzare il disabile di per sé, come soggetto autonomo, a prescindere dal contesto familiare in cui è collocato, anche se ciò può comportare un aggravio economico per gli enti pubblici. Il collegio condivide tale orientamento giurisprudenziale e pertanto in accoglimento del primo (e assorbente) motivo di ricorso dispone l’annullamento dell’atto impugnato. Di conseguenza la richiesta di integrazione della retta alberghiera dovrà essere valutata prendendo a riferimento i soli redditi della signora […]». (S.B.)