Le gravi cerebrolesioni rappresentano certamente una delle cause principali di disabilità e una delle più importanti limitazioni alla partecipazione sociale nelle persone in giovane età. In altre parole, le persone con grave esito da cerebrolesione acquisita – cioè con un danno cerebrale dovuto a un trauma cranico o ad altre cause, quali anossia o emorragia -, richiedono un approccio riabilitativo particolarmente complesso. Dopo la fase di ospedalizzazione, infatti, permangono esiti che rendono necessari interventi a lungo termine, per affrontare menomazioni e disabilità persistenti.
La gravità del quadro clinico e la potenzialità di recupero in fase postacuta rendono fondamentale, pertanto, un intervento precoce, intensivo e qualitativamente elevato, condotto da personale esperto e caratterizzato dalla collaborazione e dalla specializzazione del gruppo di lavoro.
Presso il Polo di Pieve di Soligo (Treviso) dell’IRCCS Medea-Associazione La Nostra Famiglia, è stato ora testato l’impatto di un’innovativa strategia nell’intervento riabilitativo, con un approccio transprofessionale, diverso da quello più tradizionale di tipo multiprofessionale, per il fatto che gli operatori lavorano non solo coordinati tra di loro, ma realizzano con molta più frequenza trattamenti in compresenza (più operatori e/o più pazienti) in un ambiente condiviso.
A tal proposito è stata condotta una ricerca, per verificare sia l’efficienza organizzativa che i risultati clinici, su un campione costituito da cinquantadue pazienti, ricoverati in due distinti periodi di sette mesi e con valori statisticamente simili per livello di gravità, in base alla classificazione internazionale LCF (Level of Cognitive Functioning). La verifica dell’attività riabilitativa è stata effettuata su sei giorni alla settimana.
Ebbene, nel periodo 1 (ventitré persone), la riabilitazione è stata strutturata in modo tradizionale (multiprofessionale), nel periodo 2 (ventinove persone), invece, in open space (approccio transprofessionale), cioè in un unico grande ambiente flessibile sia per l’uso degli strumenti che per le modalità di lavoro.
Nell’open space i pazienti potevano ricevere trattamenti di fisioterapia, logopedia, neuropsicologia e terapia occupazionale, l’intervento educativo e il nursing infermieristico e assistenziale.
Dall’analisi dei dati è emerso che i pazienti del “gruppo open space” hanno ricevuto una media settimanale significativamente maggiore di trattamenti, rispetto a quelli del gruppo tradizionale; ad esempio – a parità di orario di lavoro – i neuropsicologi hanno erogato 28,6 interventi in media alla settimana per tutti i pazienti del gruppo open space, contro i 16,2 erogati per l’altro gruppo.
Naturalmente ci si è chiesti se il maggior numero di interventi corrispondesse a un migliore impatto anche nei risultati clinici e i confronti alla dimissione hanno messo in luce una differenza statisticamente significativa nel miglioramento del funzionamento cognitivo, a favore dei pazienti del gruppo open space.
Da dire, inoltre, che gli aspetti innovativi e i risultati positivi di questo tipo di strategia consistono anche nel fatto che i trattamenti possono essere modulati nella durata (variabile da dieci minuti a oltre un’ora), con alcuni vantaggi, quali ridurre nettamente i tempi di spostamento dei pazienti, semplificando la pianificazione degli interventi, e avvicinarsi maggiormente alle possibilità psicofisiche individuali dei pazienti stessi di sostenere interventi brevi e ripetuti piuttosto che interventi prolungati.
Silvia Meneghetti, medico responsabile del progetto di ricerca, è soddisfatta e dichiara: «Oltre ai risultati, così evidenti nelle cifre, abbiamo dimostrato che gli interventi riabilitativi eseguiti in misura transprofessionale, in un ambiente di lavoro che facilita lo scambio di conoscenze e competenze tra i diversi attori dei progetti riabilitativi, portano a un miglioramento sul piano organizzativo, ottimizzando e aumentando il numero degli interventi rispetto al lavoro svolto con la strategia classica».
«L’esperienza del reparto ospedaliero per pazienti adulti caratterizzati da gravi cerebrolesioni acquisite – aggiunge Andrea Martinuzzi, primario dell’IRCCS di Pieve di Soligo – è una realtà sicuramente unica per La Nostra Famiglia ed è anche molto particolare per il suo riconoscimento nel Piano Sanitario Regionale, grazie proprio alla caratteristica peculiare del lavoro in team transprofessionale».
*Ufficio Stampa IRCCS Medea-Associazione La Nostra Famiglia.
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