Occorrerebbe proprio scomodare Chi l’ha visto?, la trasmissione “cult” di mamma RAI, per riuscire a trovare le tracce di quello che doveva essere per l’Unione Europea uno dei “fiori all’occhiello” di questo 2011: ovvero l’Anno Europeo del Volontariato. Invece, l’anno ha ormai serenamente superato la sua metà, ma alzi la mano chi può dire in tutta onestà di avere avuto notizia di qualche iniziativa legata a questo evento o anche soltanto di avere percepito da parte dei mass media un accenno al fatto che questi dodici mesi sono dedicati dall’Europa al mondo del volontariato.
In realtà, come apprendiamo dal bel sito internet riguardante l’evento in questione (cliccare qui), le iniziative previste per celebrare questo importante appuntamento non mancano… né mancano gli obiettivi che con esso si vorrebbero raggiungere, che sono soprattutto due: migliorare la visibilità delle attività di volontariato all’interno dell’Unione Europea e accrescere le opportunità di partecipazione a livello europeo per la società civile.
Per declinare questi ambiziosi propositi, vengono illustrati una serie di progetti e messe in campo varie iniziative che non difettano certo di originalità. Tra i primi rientrano senz’altro una serie di documenti, in alcuni casi veri e propri “Manifesti” (tale è ad esempio, nel nostro Paese, quello proposto dall’Assemblea Nazionale del Volontariato tenutasi a Roma il 4 e 5 dicembre 2009), mentre tra le seconde, possiamo annoverare eventi, esposizioni, dimostrazioni dal vivo e altre attività. È stato creato anche uno slogan, per alimentare l’attenzione su questo avvenimento: «Volontari! Facciamo la differenza!».
Tra le iniziative, in particolare, vogliamo citare il Tour, che dovrebbe portare l’Europa più “vicina” ai volontari e al contempo anche questi ultimi più “vicini” alla società nel suo complesso. Per un anno il Tour dovrebbe percorrere i Paesi dell’Unione Europea, offrendo ai volontari l’opportunità di esporre il loro lavoro, incontrarsi, dialogare con i politici e con l’opinione pubblica.
E poi la Staffetta. Si tratta di un team composto da ventisette volontari europei (uno per ogni Stato Membro), volontari sì, ma di formazione giornalistica, che coprendo ogni tappa del Tour e sfruttando le proprie attitudini professionali, dovrebbero occuparsi di divulgare le esperienze raccontate dai volontari che vivono in altri Stati Membri, producendo una serie di articoli, di audio e videoclip che dovrebbero essere trasmessi e pubblicati, oltre che sul sito web dell’Anno Europeo del Volontariato, anche su tutti gli altri media.
Ed è qui che cominciamo ad avere le prime perplessità. Se a livello locale immaginiamo (e ne siamo anzi abbastanza certi) che le varie tappe del Tour abbiano avuto un certo riscontro, non così si può dire della publicizzazione su scala più ampia delle iniziative ad esse legate. E se pensiamo che i volontari chiamati a raccontarle partivano “avvantaggiati”, facendo già parte – a vario titolo – del mondo dell’informazione, dobbiamo trarne conclusioni abbastanza pessimistiche.
Ripetiamo, la decisione di fare del 2011 l’Anno Europeo «delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva», appare di per sé una scelta “pesante” e “qualificante”, oltre che… politicamente corretta. Si trattava infatti di un’azione promossa inizialmente proprio dalle organizzazioni di volontariato, del Terzo Settore e della società civile e in seguito fatta propria dal Consiglio dell’Unione Europea con la Decisione del 27 novembre 2009 (GU, UE, L17 del 22 gennaio 2010). In quella stessa Decisione, veniva riportato che «il volontariato è una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e della democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione e in tal senso contribuirà allo sviluppo armonioso delle società europee».
In Italia, veniamo a sapere, la preparazione del 2011 è iniziata addirittura nel 2007. Come scritto, è stato anche discusso e redatto un vero e proprio Manifesto in vista di quest’anno “speciale”, su iniziativa del CSVnet (Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato).
Molte organizzazioni italiane che si occupano di interventi sociali su base volontaria e federativa, come ad esempio la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), vi hanno aderito. Il Manifesto sintetizza valutazioni e proposte del volontariato italiano, da sottoporre agli eletti italiani al Parlamento Europeo.
Tutto molto bello. Tutto molto giusto. Ma ripetiamo: chi l’ha visto? Abbiamo provato a cercare traccia, nel grande calderone dell’informazione, di qualcuna delle iniziative, o anche soltanto di semplici notizie, riferite allo svolgimento di questo importante evento… ma al di là di una serie di annunci o frammenti di documenti che preannunciavano la “venuta” del fatidico Anno – per lo più indicizzati all’infinito dai motori di ricerca di internet – abbiamo trovato soltanto un breve riscontro sul settimanale «Vita», che com’è noto diffonde informazione proprio sui temi del volontariato e della cooperazione sociale e quindi è naturalmente e “istituzionalmente” sensibile a questi argomenti.
Certo, non abbiamo svolto un’indagine capillare o su base statistica importante. Ma proprio qui sta il punto: se per rendersi conto di essere nel pieno di un avvenimento così rilevante o che si vorrebbe rendere tale per milioni di persone, occorre rivolgersi a un istituto di ricerca sociale… beh, allora bisogna concludere che la manifestazione in questione non ha inciso granché sul nostro vissuto quotidiano.
Purtroppo, non sono una novità le speranze disattese nei cosiddetti “anni celebrativi”, per quanto attiene al mondo del sociale e, guardando alla realtà che ci riguarda più da vicino, potremmo soltanto ricordare l’esito deludente dell’Anno Internazionale delle Persone Handicappate, proclamato per il 1981 dall’ONU, oppure la scarsa incidenza sulle politiche nazionali e internazionali prodotta dal 2003, l’Anno Europeo delle Persone con Disabilità (che però almeno ha avuto il merito di “notificare” un passaggio culturale importante: quello, a livello identificativo, dal termine “handicappato” a quello di “persona con disabilità”…).
L’impressione è che il mondo, la cultura e l’ideologia alla base del volontariato siano ormai molto “più avanti” rispetto ad ogni e qualsivoglia tentativo di analisi e pubblicizzazione del fenomeno. Insomma, il “fare” ha di gran lunga sopravanzato il “raccontare”.
E così, mentre si tenta di dare un resoconto sullo “stato dell’arte” di quell'”universo volontario” per troppo tempo ignorato o sottovalutato e mentre si tenta di farlo salire su un ipotetico podio, per appuntargli finalmente sul petto una più che meritata “medaglia”, quel petto – con il cuore in esso contenuto – è già impegnato a spingersi verso nuovi ostacoli da superare e verso sempre nuovi traguardi da tagliare (leggi: problemi da risolvere), risultando ormai distante anni luce dall’establishment europeo o mondiale.
Perché non dimentichiamoci che al giorno d’oggi, anche nel resto del mondo, questo mondo dalle politiche ad impatto globale e globalizzato, il variegatissimo cosmo delle ONG (Organizzazioni Non Governative) opera in maniera più trasversale, democratica e assai spesso più efficace di quanto le entità e i governi nazionali vogliano o sappiano fare.
Alla fine del 2011 mancano ancora alcuni mesi e saremmo ben lieti di vedere smentite le nostre considerazioni, grazie a una seconda parte dell’Anno Europeo del Volontariato scoppiettante, ricca di fuochi d’artificio a livello di considerazione e visibilità. Ma la nostra sensazione è che gli splendidi artefici del volontariato continueranno a lavorare nell’ombra e nell’ombra faranno avanzare e progredire il Terzo Settore e, in definitiva, l’intera società.
*Testo pubblicato dal n. 174 di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), con il medesimo titolo qui adottato e ripreso per gentile concessione, con lievi riadattamenti.
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