I drammatici effetti della Manovra Economica sulla vita delle persone con disabilità e dei loro familiari – ulteriormente aggravati dalla cosiddetta “Manovra bis” di agosto, con i consistenti, ulteriori tagli di fondi agli Enti Locali – sono stati denunciati da più parti sia dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) che da altre associazioni, in questo sito e in altri spazi.
A mio avviso, però, non è stata posta la dovuta attenzione alla Proposta di Legge -primo firmatario Nicola Rossi, senatore eletto nelle liste del PD e attualmente iscritto al Gruppo Misto – che prevede la modifica dell’articolo 81 della Costituzione, con la sostanziale introduzione dell’obbligo del conseguimento della parità del bilancio dello Stato. La Proposta [depositata il 2 agosto 2011. Se ne legga cliccando qui, N.d.R.] è stata accolta favorevolmente da quasi tutti i gruppi politici, dalla Confindustria, da diverse organizzazioni sociali e da molti autorevoli commentatori politici.
Essa si colloca in un momento storico e culturale che vede l’economia – ma sarebbe meglio dire la finanza – imporre le proprie scelte alla politica; ed è una proposta figlia di un sistema che consente a Moody’s o a Standard & Poor’s – le ormai celebri agenzie di rating incredibilmente uscite indenni dai clamorosi errori che hanno portato alla crisi del sistema bancario americano degli anni scorsi – di decidere del futuro presidente degli Stati Uniti, delle politiche economiche e sociali degli Stati, in definitiva dei nostri destini, a seconda del numero di lettere A assegnate all’affidabilità finanziaria degli Stati stessi.
E tuttavia, in questo coro di voci favorevoli alla modifica costituzionale, nessuno si è chiesto se la parità di bilancio esprima un Valore realmente tale da dover essere sancito dalla Costituzione. Non è presente, ad esempio, nella Costituzione di Stati a forte vocazione liberista come gli Stati Uniti e tra i Paesi occidentali è presente solo nella Costituzione tedesca.
Inoltre bisognerebbe chiedersi se sia economicamente sensato inserire questo vincolo – e molti economisti risponderebbero di no – o se, ad esempio, la crescita del dopoguerra sarebbe stata possibile, una volta che i Costituenti avessero inserito questa norma.
In realtà, anziché cercare di governare la globalizzazione con la creazione di organismi politici sovrannazionali, rappresentativi e democratici, quella che è stata definita la “peggior classe politica” presente nei Paesi occidentali dal dopoguerra ha lasciato che fosse il mercato a decidere. Ma l’unico scopo del mercato è il profitto, il profitto individuale, senza alcun senso di appartenenza o di comunità. E sempre in quest’ottica va anche la norma che intende cancellare alcune festività civili e religiose locali, ricorrenze che consentono a una comunità di ritrovarsi in valori comuni condivisi, costituendone il tessuto connettivo, e quindi di cementarsi. Sarebbe immaginabile che la Francia rinunciasse al 14 luglio o gli Stati Uniti al 4 luglio?
Nata da un clima che quotidianamente sgretola il tessuto e i valori intorno a cui si aggrega e riconosce una comunità, senza cui non può esserci davvero una presa in cura delle persone più fragili, la modifica della Costituzione proposta dovrebbe avvenire in concomitanza con la riforma del sistema assistenziale (anche se l’iter per la riforma costituzionale è lungo) e tale miscela potrebbe realmente essere esplosiva, con effetti molto negativi sui diritti dei nostri figli e sulle nostre vite.
Solo per fare un esempio, fin qui molte Sentenze di Tribunali Amministrativi e Civili sul diritto all’insegnante di sostegno e all’integrazione scolastica dell’alunno con disabilità si sono basati sul diritto all’educazione come “diritto soggettivo perfetto”. Ma l’inserimento dell’obbligo di parità di bilancio nella Costituzione conferirebbe a quest’ultimo pari dignità e forza rispetto ai diritti soggettivi perfetti, come quelli alla salute e all’educazione, rendendoli di fatto meno “perfetti” e avrebbe una cogenza e portata di “sistema” maggiore, rispetto al semplice obbligo di reperimento dei fondi.
Potrebbe dunque diventare assai difficile, in sede giudiziaria, emettere Sentenze che obbligassero l’Amministrazione a fornire una data prestazione – sia terapeutica, sia educativa – reperendo i fondi necessari. E potrebbe essere preclusa la possibilità di vedere riconosciuto per via giudiziaria il diritto all’integrazione scolastica, ma anche quello alla salute e questo proprio in un momento in cui gli Enti Locali saranno costretti a tagliare molti servizi. Attenzione, però: le prime ripercussioni sarebbero certamente a carico delle persone più fragili, ma in realtà ne potrebbero risultare diminuiti i diritti di tutti.
Occorre quindi valutare attentamente in tutte le sue potenzialità questa modifica costituzionale, prima che venga apportata, con l’incosciente generale consenso.
Appare quanto mai necessario, in questo momento, un ritorno alla Politica, a una Politica che sappia dirci quale futuro abbia ancora il welfare, definito dal celebre sociologo e filosofo Zygmunt Bauman come «risultato tra i più grandi della storia dell’umanità e conquista per eccellenza della società civilizzata». Il ritorno a una Politica in grado di esprimere Valori e di aggregare, non di dividere. E francamente tra i pochissimi che in questo momento storico appaiono ancora in grado di proporre, di battersi per dei Valori, vi è proprio il mondo della disabilità, le persone con disabilità, i loro familiari, gli operatori sociali e sanitari, gli educatori e i volontari.