Egregio Ministro Calderoli, in quanto genitore di una bambina affetta da un grave handicap quale l’autimo, mi chiedo perché abbia pensato di “togliermi lo stipendio”. Già, per noi “mamme H”, l’indennità di accompagnamento non è altro che la misera paga di una badante, vista l’assenza dello Stato là dove ce ne sarebbe maggior bisogno.
È dunque il nostro uno Stato che veramente – oltre a non fare nulla per aiutare chi ha bisogno, chi non si può difendere da solo, chi lotta ogni giorno per dare ai propri figli una speranza – ora ci insulta anche, togliendoci qualsiasi possibile dignitoso futuro?
Personalmente ho sempre lavorato tanto, molto più di chi fa otto ore in fabbrica o dietro a una scrivania, senza potermi permettere un solo giorno di malattia o qualsiasi altro tipo di congedo, eppure sono considerata al pari di “un’accattona” che percepisce l’elemosina dallo Stato.
Da quando mia figlia è al mondo, svolgo i ruoli di mamma, maestra, infermiera, cameriera-donna delle pulizie, cuoca (dieta speciale), psicologa, terapista psicomotricista, logopedista, educatrice socio-comportamentale, “figura ombra”, Mary Poppins, avvocato e, all’occorrenza, anche “guerriero Maori! Tutto questo con la massima dedizione e – grazie alla pratica acquisita negli anni – anche con estrema competenza.
Mi chiedo allora perché a lei e a quelli come lei basti occupare una poltrona per un po’, per percepire retribuzioni da capogiro, con tanto di privilegi inenarrabili e pensioni inconcepibili a fronte dei contributi versati, mentre si vorrebbe costringere mia figlia a “dimezzarmi il salario”. Io ci vedo dell’assurdo e lei? Una badante pretenderebbe giustamente uno stipendio adeguato, con tanto di assunzione in regola. Quando sarò vecchia, quindi, che ne sarà di noi? Se infatti mi sarà dato di vedere ancora qualche primavera, una volta raggiunta l’età della pensione – se sarà ancora prevista – mi verrà data quella sociale. Già, la pensione di “quelli che non hanno mai lavorato”; si sa infatti che quelli come me si alzano la mattina, respirano, agiscono e pensano in funzione dei propri figli e di andare a lavorare proprio non ci pensano e soprattutto non possono…
Cosa resterà alla mia bambina? Perché, nonostante il mio massimo impegno e salvo miracoli, questo lei sarà, anche tra trent’anni, una bambina. Avrà la reversibilità della pensione di suo padre? I denari di uno “Stato-Giuda”, che le ha detto di avere dei diritti come gli altri e poi l’ha pugnalata alle spalle? Avrà di che sopravvivere e qualcuno che si occuperà di lei?
Caro Dottor Calderoli, mi faccia capire perché io, da “padana DOC dell’Alto Lario”, che crede profondamente in certi valori, proprio non riesco a far tornare i conti e mi sembra anche paradossale che certe considerazioni escano dalla bocca del rappresentante di un partito guidato da un invalido…
Dopo anni di diritti negati (non ci sono i soldi), di soprusi, di violenze psicologiche, di minacce («se non perverrà la documentazione entro… allora sospendiamo-tagliamo-non approviamo»), ora le sue affermazioni giungono come sale sulle ferite ed è quanto mai amaro dover sentire quel «quelli che non hanno mai lavorato», quando noi genitori facciamo costantemente carte false per far diventare i nostri figli autonomi e capaci di svolgere una normale attività lavorativa, senza parlare delle norme sul collocamento dei disabili allegramente disattese da tutti.
Ora non ho più né tempo né parole per lei. Tra poco, infatti, inizieremo la battaglia per il sostegno scolastico, il tran tran degli spostamenti – soldi permettendo – per fare poche ore di terapia privata che funziona, la guerra contro l’autismo che attanaglia i nostri figli e la vita di tutta la famiglia, per poi andare a dormire ogni sera, pregando che il giorno appena trascorso non sia stato inutile.
Tanta salute, Onorevole Ministro, glielo augura chi sa bene cosa significhi stare sull’altra sponda del fiume.
*Madre di una bimba affetta da autismo.
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