«Tutte le persone, disabili e non, devono potere accedere autonomamente ai luoghi di culto»: lo ha affermato Salvatore Di Giglia, coordinatore dell’Ufficio del Garante della Persona Disabile di Palermo, rivolgendosi nello specifico al parroco della Chiesa di San Martino di Corleone (Palermo) – cui ha inviato una lettera di diffida perché si provveda rapidamente ad eliminare le barriere che impediscono l’accesso alla chiesa alle persone con problemi motori – trattando però l’intera questione in termini ben più generali.
«L’obbligo – ha ricordato Di Giglia nel documento – nasce da una precisa disposizione normativa, vale a dire il Decreto Ministeriale 236/89, che all’articolo 3, punto 3.4, lettera d), dispone che “nelle unità immobiliari sedi di culto il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se almeno una zona riservata ai fedeli per assistere alle funzioni religiose è accessibile”. E successivamente il punto 5.4 testualmente prevede che i luoghi per il culto debbano avere “almeno una zona della sala per le funzioni religiose in piano, raggiungibile mediante un percorso continuo e raccordato tramite rampe. A tal fine si devono rispettare le prescrizioni di cui ai punti 4.1., 4.2, 4.3, atte a garantire il soddisfacimento di tale requisito specifico”».
L’Ufficio, inoltre, dopo avere constatato l’annosa disattenzione del parroco corleonese per tali problematiche – ha invitato il prelato ad astenersi dall’organizzazione all’interno del luogo di culto di eventi vari o riunioni aperte a tutti (incontri culturali in genere, spettacoli di musica sacra, presentazioni di libri e altro ancora), perché tali iniziative, «fino a quando la chiesa non diverrà accessibile a tutti (persone disabili e non disabili), rimarcherebbero un forte momento di disattenzione verso il principio di parità di trattamento e realizzerebbero un comportamento apertamente discriminatorio, oggi sanzionato dalla Legge 67/06 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, N.d.R.] e conclamato dalla giurisprudenza in materia».
«In mancanza – è la conclusione della lettera di diffida – sulla base dei numerosi riscontri e delle richieste mirate di intervento formulate da persone disabili, si provvederà ad inoltrare ricorso all’Autorità Giudiziaria, per l’ottenimento della rimozione forzata della barriera architettonica in argomento».
«L’handicap – sottolinea Di Giglia, allargando la prospettiva ben oltre la chiesa di Corleone – non nasce con la persona con deficit, ma è solo il frutto dell’impatto tra la condizione di disabilità e la struttura sociale in cui si vive. La Chiesa come istituzione non può comportarsi come il comune Cittadino, normalmente disattento al disagio della persona con deficit. Essa infatti, a prescindere dalla sua funzione istituzionale proiettata verso l’accoglienza di tutte le persone che intendono frequentare il luogo di culto, deve riconoscere a tutti, disabili e non, il diritto a condurre una “vita indipendente” anche sul piano della propria professione di fede. Se non favorisce, quindi, l’accessibilità generalizzata ai propri luoghi di culto, finisce per realizzare un comportamento diametralmente opposto, diretto alla non accoglienza e all’emarginazione. Non vi è dubbio, in tal senso, che in questi casi la persona con disabilità motoria venga privata della possibilità di professare e partecipare alle varie funzioni religiose».
«Sarebbe quindi fortemente auspicabile – conclude il coordinatore dell’Ufficio del Garante – che una persona in carrozzina o comunque con seri problemi motori non dovesse più in futuro rinunciare a presenziare alla celebrazione di matrimoni, battesimi, cresime, funerali di parenti o amici, perché il luogo di culto in cui si svolgono tali funzioni è di fatto inaccessibile». (S.B.)
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