L’alternativa del diavolo (parte seconda)

di Giorgio Genta* e Dario Petri*
«L'enigma - scrivono Giorgio Genta e Dario Petri - è quello di come assicurare la sopravvivenza fisica in primis e a pari merito una vita dignitosa ai cosiddetti disabili "gravissimi", una volta che i finanziamenti all'assistenza saranno stati (ancor più) drammaticamente tagliati». Forse l'unica vera soluzione potrebbe essere quella di tagliare i veri sprechi e di attuare risparmi davvero virtuosi. Ma purtroppo sembra proprio che anche il sistema burocratico-amministrativo del nostro Paese presenti una disabilità gravissima...

Disegno di un diavoloLa “prima parte” di questo articolo si può dire sia stata idealmente scritta quattro anni fa (la si legga cliccando qui), in tempi che a confronto di quelli attuali appaiono ora “prosperi e rosei”; trattava di come salvare la vita dei nostri figli gravemente disabili, salvando possibilmente anche la nostra.
Questa seconda parte – che sarebbe stato bello non scrivere mai – potrebbe avere anche un sottotitolo, ovvero Come scegliere, se manca una vera alternativa? e ha la pretesa di cercare di rispondere a un enigma forse irrisolvibile.
L’enigma è quello di come assicurare la sopravvivenza fisica in primis e a pari merito una vita dignitosa ai cosiddetti “gravissimi”, una volta che i finanziamenti all’assistenza saranno stati (ancor più) drammaticamente tagliati.

A chi è lontano dalle dinamiche affettive delle “famiglie con disabilità” potrebbe venire in mente il seguente triste consiglio: «Se non ci sono o non avete più risorse per “tenerli a casa”, metteteli in qualche istituto!». A noi, però, un tale pensiero ripugna fortemente perché sappiamo com’è l’esistenza di un disabile gravissimo anche nel migliore degli istituti. Inoltre difendiamo strenuamente, per chiunque, il diritto “naturale” alla vita in famiglia e difendiamo anche la salute della finanza pubblica, giacché il peggior ricovero costa molto di più della miglior vita in famiglia.
Si potrebbe pensare allora all’autonomia impositiva delle Regioni e introdurre una sorta di “tassa di scopo” per salvare queste esistenze precarie, ma tenacissime. Il risultato, però, temiamo che sarebbe drammatico: si avrebbe infatti una tassa locale e lo Stato certo non ridurrebbe la pressione fiscale, destinando ad altro ciò che fino a ieri o ad avantieri era lesinato all’assistenza.
Crescerebbe inoltre nell’opinione pubblica perennemente male informata l’assioma “persona disabile=peso economico insopportabile per la società”, con la variante “persona gravemente disabile=peso economico gravemente insopportabile” (ma se è già insopportabile, come può esserlo gravemente?).

Si potrebbero allora fare dei risparmi virtuosi? Certamente, ma dovrebbero essere virtuosi per davvero: invece cioè che accanirsi con eterne ri-visite dell’INPS e/o dell’ASL a carico di portatori di patologie conclamate e irreversibili (ricordiamoci qualche volta che la tanto celebrata “caccia al falso invalido” ha prodotto più costi che benefìci e che la certificazione di invalidità  non è un’autodichiarazione, ma è sempre prodotta da un collegio medico e che quando è falsa, la responsabilità primaria è di chi l’ha certificata…), bisognerebbe tagliare i veri sprechi, soprattutto quelli annidati nell’apparato burocratico, introducendo seri e moderni sistemi di controllo sui costi e sui rapporti costi-benefìci, migliorando quelli su  gare e appalti, limitando l’ingerenza di chi produce su chi consuma, rapportando il gradimento dell’utenza al costo del servizio.
Ma purtroppo sembra che in tali settori il nostro sistema burocratico-amministrativo presenti una disabilità gravissima…

*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).

Share the Post: