È una testimonianza drammatica, ma purtroppo non isolata, quella di Gabriella Villari, in un Paese che spesso sembra avere smarrito “il senso delle cose”, ove in troppi sbandierano un generico “diritto alla vita”, salvo poi trattare come “carta straccia” le Leggi e le Sentenze che, a partire dalla nostra Carta Costituzionale, proprio quel “diritto alla vita” dovrebbero garantire, a chi è costretto a vivere in situazioni di particolare difficoltà.
Diamo dunque ben volentieri spazio alla lettera aperta inviata al sindaco di Catania Raffaele Stancanelli da una donna con disabilità che chiede solo di poter “vivere” e che, in mancanza di risposte dall’Ente Locale, ha deciso di intentare un’azione legale nei confronti dello stesso Comune siciliano. Con l’auspicio, naturalmente, che anche questa visibilità data alla sua denuncia possa servire ad arrivare a una soluzione positiva del problema. (S.B.)
Vivo a Catania, ho quarantasette anni e dall’età di diciannove sono tetraplegica, a causa di una rara malattia congenita e degenerativa che mi impedisce di compiere i normali atti della vita quotidiana.
Nonostante abbia dovuto far fronte agli ostacoli causati dalla malattia, mi sono laureata in Filosofia, con successiva abilitazione all’insegnamento e conseguimento dell’attestato per un Master in Politiche Sociali e Culture del Mediterraneo.
Dopo la laurea ho insegnato Storia e Filosofia all’Istituto Sacro Cuore [di Catania, N.d.R.], ma la mia carriera di insegnante è terminata presto poiché ho dovuto far fronte, con molteplici interventi chirurgici, ai danni motòri causati dalla mia patologia.
Da anni mi batto, per me e per tutti quelli che come me, che vivono il disagio della disabilità e assistono quotidianamente ai loro diritti negati. Ho dato voce alle mie proteste, contro la discriminazione alle persone con disabilità, con scioperi della fame e delle cure. L’ho fatto in alcune interviste televisive con Enzo Biagi (Il Fatto, Rotocalco Televisivo) e in emittenti e quotidiani locali. Ho scritto anche alle maggiori cariche dello Stato, alle quali ho sottoposto all’attenzione il disagio creato da una situazione di disabilità non supportata dagli Enti Locali preposti, mettendo in luce il fatto che le persone con disabilità abbandonate a se stesse vivono una non vita.
Non avendo ricevuto alcuna risposta dagli Enti Locali siciliani, sono ricorsa alle vie legali per far valere i miei diritti e ho fatto causa al Comune di Catania.
Ora vivo con mia zia novantenne, affetta da gravi patologie neurodegenerative, cui restano pochi anni di vita. Ho perso mio padre sei mesi fa e non percepisco pensione di reversibilità. Vivo in un appartamento di mia proprietà che non apporta alcuna entrata economica, contrariamente a ciò che si evince dalla valutazione ISEE [Indicatore della Situazione Economica Equivalente, N.d.R.].
Percepisco una pensione d’invalidità pari alla somma di 260,27 euro, più l’indennità di accompagnamento pari alla somma di 487,39 euro, per un totale di 747 euro e poco più al mese.
Poiché stomizzata, l’A.D.I. [è il Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata, N.d.R.] mi eroga trenta ore settimanali di assistenza, per le quali, in base alla Certificazione ISEE e al Regolamento Comunale dell’Ufficio Anziani (che eroga le ore di assistenza in base al reddito e non alle necessità create dallo stato di handicap), devo compartecipare, per mantenere la suddetta assistenza, con 900 euro mensili.
Non possiedo questa somma e d’altra parte senza assistenza non potrei alzarmi al mattino, coricarmi la sera, fare pipì, la doccia, mangiare, bere e dunque vivere.
Se è vero che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili della persona» (articolo 2 della Costituzione Italiana), un Regolamento del Comune non può “assassinare” quella stessa persona. Infatti, riferendosi a persone che patiscono il disagio di un grave handicap, ovvero in casi come il mio, un regolamento è pari a un “contenitore vuoto”, che non tiene conto delle esigenze specifiche delle persone.
Caro Signor Sindaco, io voglio vivere e non essere uccisa da un ingiusto Regolamento e per questo motivo affido la mia vita nelle sue mani.
Articoli Correlati
- L'integrazione scolastica oggi "Una scuola, tante disabilità: dall'inserimento all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità". Questo il titolo dell'approfondita analisi prodotta da Filippo Furioso - docente e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni piemontese…
- Gabriella Bertini, quella donna in Fiat 500 che difendeva i diritti «La Fiat 500 di Gabriella Bertini - scrive Stefania Delendati - è poco conosciuta, come del resto pochi conoscono la sua autista, eppure è un pezzo di storia del nostro…
- Il sogno di Gabriella Bertini, simbolo di vita indipendente in anni già lontani «Colei che travasava i sogni nella realtà», un vero «simbolo di vita indipendente» in anni già lontani: così abbiamo definito di volta in volta Gabriella Bertini, che fu la prima…