Classi-pollaio: il lancio di un nuovo «modello organizzativo»?

di Francesco Fusca*
«Perché bisogna parlare di "classi-pollaio"?», scrive l'ispettore ministeriale Francesco Fusca. «Perché nonostante la normativa parli chiaro, il sovraffollamento di alunni e alunne fa sì che da una parte l'apprendimento sia scarso e che dall'altra si faccia non poca fatica a interessare e a motivare gli allievi. E per quanto riguarda gli studenti con disabilità spesso ve ne sono anche due o tre in classi con trenta alunni e più»...

Aula scolastica piena di alunniLa Scuola italiana è una buona Scuola e, come nel passato, ce la farà. Nonostante tutto. Nonostante le “sforbiciate necessarie” e le “sforbiciate non necessarie”… Non abbiamo dubbi, anche se molte cose (troppe) remano contro una “Scuola normale”, competitiva a livello dell’UE (Unione Europea a 27), non ultime la crisi economico-finanziaria (e questo è il meno) e la crisi valoriale (e questo è il più, davvero grave) che ci sta investendo tutti…

Questo anno scolastico agli esordi si può definirlo “caldo”? Cioè, particolarmente problematico, un po’ difficile e, perché no!, complicato e confuso, a livello soggettivo e a livello oggettivo? Ma certo che sì! Perché, si potrebbe obiettare giustamente, «l’anno scolastico scorso e gli altri anni prima ancora, com’erano? Tutto andava bene… madama la marchesa? Per non banalizzare: anche lo 0,6% sono… figli di Dio…» [si riferisce a quanto dichiarato dal Ministero dell’Istruzione, ovvero che sarebbero lo 0,6%, per numero di alunni, le classi al di fuori dei parametri stabiliti, per un totale di oltre 66.000 studenti, N.d.R.].
La novità evidente, però, che è sotto gli occhi di tutti, è che molte classi di studenti/esse sono diventate “classi-pollaio”, cioè classi dove appunto ci sono trenta e più… polli e “polle” (sovente con 1, 2, 3 alunni/e disabili) che, altrettanto evidentemente, tutto devono fare tranne che… quello che si fa nelle “normali” scuole del mondo, cioè: educarsi e istruirsi attraverso percorsi formativo-curricolari basati sui saperi liberi, democratici e pluralistici delle Culture e delle Civiltà. Partendo dalla tradizione che non è affatto “morta”, nonostante il nostro misero tempo sia contrassegnato dall’apparire e dal “mordi e fuggi”, e dal superficiale e dall'”usa e getta”. Vivendo alla giornata il/col quotidiano, senza più Tempo né Spazio, senza né ieri senza più domani…

Perché, dunque, parlare di “classi pollaio”? Ma perché il sovraffollamento di alunni/e, lo stare l’uno sull’altro, l’involontario disturbarsi reciprocamente e altro ancora fa sì che l’apprendimento sia scarso o nullo: e questo è il punto di vista dei discenti; poi, c’è l’insegnamento, il punto di vista dei docenti i quali, evidentemente, fanno non poca fatica a interessare e a motivare gli allievi all’apprendimento dei vari saperi… È ovvio: ci si riferisce solo e soltanto a quelle Persone che, ai vari livelli, “conoscono” davvero e “dal di dentro” la Scuola, le classi, gli alunni, e non a quelle persone che studiano e conoscono la Scuola italiana e Regione per Regione per sentito dire, “a tavolino”, sulle/dalle “carte”. Insomma, sono eminentemente questioni di Pedagogia, di Didattica, di Metodologia, di Organizzazione, di Psicologia dell’Età Evolutiva, di Legislazione Scolastica… Non ci si improvvisa Docenti e Dirigenti Scolastici, professionalmente competenti e che vivono e praticano l’attuale ricerca scientifica, “a caso” e “a naso”, per sentito dire…

Il successo scolastico e quello formativo sono perciò minati alla base. Non c’è ricerca scientifica sull’Organizzazione, sulla Comunicazione, sulla Relazione Intersoggettiva, sulle Dinamiche di Gruppo che non lo dimostri.
Qualche esempio “concreto” e “odierno” (per non vendere “fumo”, ma solo “arrosto”, come siamo abituati a fare, criticamente e per forma mentis, da sempre!): il Liceo Mamiani di Roma. Leggiamo: «Ecco la classe pollaio con 37 ragazzi. Già nella terza fila non si vede la lavagna né si sente il prof. Ogni brusio diventa un grido e dal fondo della classe per poter sentire la lezione servirebbe che i prof parlassero al microfono». Dichiara la Dirigente Scolastica Tiziana Sallusti: «Purtroppo la situazione del Mamiani è comune a quella di quasi tutti gli altri licei romani». Aggiunge e approfondisce Viola Giannoli: «Difficile chiedere il nulla osta per i propri figli e spostarli altrove. Basta una rapida panoramica degli istituti capitolini per capirlo: al Russell ci sono due classi con 31 studenti, le altre da trenta; al Tacito le prime del linguistico sono formate da 32 o 33 ragazzi; le aule del IV ginnasio del Kant contengono ben 31 alunni. E lo stesso accade, ad esempio, al Virgilio, al Talete o al Torricelli» (da «la Repubblica» del 16 settembre 2011).

A volte arrivano ad essere anche tre in una classe gli alunni con disabilitàE la chiamano Scuola, questa Scuola… parafrasando una nota canzone riferita all’estate…
Ma qual è il numero minimo e il numero massimo di alunni/e per classe? Qual è l’odierna normativa di riferimento? Qual è il livello di sicurezza degli Istituti? In che percentuale di sicurezza sono le strutture scolastiche nel nostro Paese, che accolgono gli studenti dai tre ai diciannove anni? Cosa sancisce la legge relativamente ai metri quadrati a cui ha diritto ogni singolo alunno-Cittadino, soggetto-Persona? Ne parliamo o sorvoliamo? Diciamole alcune cose, così ci chiariamo le idee, se ne abbiamo voglia… Se poi vogliamo tenere le bistecche sugli occhi, per non vedere; ovvero, fare come il noto modo degli struzzi, allora ci si accomodi pure…
Dunque, la normativa. Il primo pensiero va al ben noto motto di Metastasio:  «Come l’Araba Fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa» (Demetrio, atto II, scena III). Per dire che, nonostante la normativa vigente e cogente, ormai da alcuni anni, sulla sicurezza delle strutture scolastiche, e dunque di chi ci sta dentro (alunni, docenti, personale ATA…), ecco, nonostante ciò, le cose lasciano molto a desiderare. Pericolosamente. A mo’ d’esempio, basti qui citare l’organicità in materia della Legge 626/94, ora sostituita – attraverso miglioramenti legati all’esperienza compiuta in circa quindici anni -, dai Decreti Legislativi 81/08 e 106/09.
Gli sforzi e gli impegni degli ultimi Governi sono veri e risultano. Soprattutto quelli delle Province, per le Scuole del Secondo Ciclo dell’Istruzione…
E tuttavia, raddrizzando il tiro, secondo il Consiglio di Stato il numero di alunni in una classe deve essere al massimo di 25. «La sentenza si basa sul decreto del Viminale del 26 agosto 2008 sulla prevenzione degli incendi nelle scuole secondo il quale per consentire il deflusso delle persone durante un incendio nelle aule devono essere presenti al massimo 26 persone, 25 alunni più un docente. La responsabilità delle deroghe è del capo di istituto».
Ma cosa sostiene il Consiglio di Stato con il suo provvedimento del 15 giugno 2011? Che il tetto massimo di alunni in classe è di 25. Riferisce Corrado Zunino («la Repubblica» del 16 settembre 2011): «Da ventisei in su, per il Consiglio, è pollaio. E ci sono tre sentenze del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) del Molise firmate a ridosso dell’anno scolastico che confermano: in aula non più di venticinque. “Non si può pregiudicare il rispetto di norme igieniche e di sicurezza”. E la possibilità di ascolto della lezione. Sono 1,96 i metri quadrati necessari per ogni alunno».

Una “variante” in più, e che rende l’organizzazione scolastica davvero complicata, è rappresentata dagli studenti “stranieri” che frequentano, i quali crescono di numero, anno dopo anno, in modo davvero esponenziale. Difatti, tutti compresi, secondo le fonti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la popolazione scolastica italiana oggi ammonta alla bellezza di 7.830.650 studenti/esse. Di cui, per la cronaca colta: 1.021.483 frequentano la Scuola Materna/Scuola dell’Infanzia; 2.571.949 frequentano la Scuola Primaria/Elementare; 1.689.029 la Scuola Secondaria di Primo Grado; 2.548.189 la Scuola Secondaria di Secondo Grado (Secondo Ciclo dell’Istruzione).
Altre “varianti” che rendono, diffusamente, pesante la situazione scolastica:
(a) le persone disabili che frequentano la Scuola del nostro Paese («A Colleferro – scrive il citato Zunino – hinterland della capitale, Istituto Tecnico Cannizzaro, si gioca con la decenza: 37 alunni di cui due disabili. Molti genitori romani si sono già rivolti al Tribunale Amministrativo, quattro Istituti hanno ottenuto dai giudici la sospensiva»);
(b) gli adulti-studenti delle “scuole serali” («Se si apre il capitolo “serali” si arriva alla quota infernale di 56: Istituto Professionale Bertarelli di Milano. A Ozieri, Sassari, sono in rivolta docenti e discenti»);
(c) la “situazione paradossale” di Trenta (Cosenza) («Senza spazi sufficienti per ristrutturazioni in corso, cinque classi delle medie di Trenta, Cosenza, sono sistemate nella sala del consiglio comunale, nella sala degli assessori, nella sede dei vigili urbani, nella biblioteca comunale»).

Vogliamo riportare solo titoli, per cercare di chiudere il Cahier de doléances. Che a sfogliarlo, sia chiaro, ci deprime e ci addolora. Perché? Perché, dopo tanti anni di lavoro svolto con passione e orgoglio, e (molti ci dicono) con professionalità e competenza (da docente, da capo d’Istituto e da ispettore tecnico-dirigente), vorremmo vedere la nostra Scuola Comunità educante, competitiva a livello almeno europeo, “pilastro centrale”  della Società italiana, come lo è altrove, dove la Cultura è Cultura e non culturame
I “titoli” dunque, e quello di «Italia Oggi» del 27 settembre 2011 parla per tutti: «Aule strapiene, il prof è scagionato. Non è responsabile per l’incidente capitato a uno studente. La Corte dei Conti: è la scuola a dover pagare per gli eventuali danni subiti dal ragazzo».

*Ispettore del Ministero dell’Istruzione, Direttore del mensile «Scuola e Vita», autore del libro Persone disabili. In Famiglia, a Scuola, in Società (Ferrari Editore, 2011). Di quest’ultimo si legga nel nostro sito un ampio approfondimento di Salvatore Nocera, cliccando qui.

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