Si è tenuto il 9 ottobre scorso a Brescello (Reggio Emilia) il 1° Meeting Nazionale di Calcio Balilla Paralimpico, evento conclusivo di un progetto che ha attraversato durante l’anno gran parte dell’Italia.
Chi ha trascorso gran parte dell’infanzia al bar, all’oratorio o in spiaggia sa bene cosa significhi “calcio balilla”. Sfide che rappresentavano molto di più di un passatempo. Quando invece il livello agonistico si alza, il gioco si trasforma in attività sportiva, riconosciuta a livello internazionale e accessibile a tutti, normodotati e persone con disabilità.
Il pluricampione Francesco Bonanno, consapevole che la pratica del calcio balilla può essere un’ottima terapia psico-motoria, ha voluto e saputo unire lo sport alla medicina, l’agonismo alla solidarietà, organizzando in molti centri ospedalieri tornei di selezione dei migliori atleti con disabilità, che si sono sfidati nelle finali.
Nato a Varese nel 1976 e diventato paraplegico a causa di un incidente in motorino all’età di quattordici anni, Bonanno, per gli amici “Franck”, è sempre stato appassionato di calcio balilla fin dall’età di sei anni. Infatti, già da bambino andava a praticarlo nel bar sotto casa. «Poi con il tempo – ci racconta – e subito dopo l’incidente, ho deciso che questa passione poteva essere uno scopo di vita e cosi è stato».
Calcio balilla e specialità paralimpica, può essere un connubio vincente?
«Certo che sì. Secondo me il calcio balilla, a differenza di altri sport, ha la possibilità di poter essere praticato senza alcun ausilio supplementare, nel senso che a livello amatoriale può giocare chiunque. Naturalmente a livello agonistico le cose cambiano, ma questo succede in tutti gli sport. All’aspetto sportivo e agonistico, poi, si lega a doppio filo quello solidaristico e terapeutico».
Finora nella tua carriera di giocatore di questa bellissima attività sportiva cosa sei riuscito a ottenere?
«Diciamo che i risultati sono stati buoni: ho vinto cinque Campionati Italiani, tre Mondiali e una Coppa Italia, ma nella categoria dei normodotati, nel senso che io come disabile sono l’unico giocatore al mondo che si misura a livello agonistico tra i normodotati».
Sei di ritorno dal 1° Meeting Nazionale di Calcio Balilla Paralimpico. Cosa ti ha lasciato questo evento?
«Ha certamente contribuito ad aumentare la voglia di continuare a fare tutto, pur nella disabilità, senza troppi problemi. Questo evento mi ha regalato la gioia di vedere il sorriso sulle labbra di tanti ragazzi, magari reduci da incidenti invalidanti o affetti da patologie congenite, che dimenticano per alcuni momenti le difficoltà che trovano lunga la loro strada, perché il divertimento supera tutto il resto».
Quanti erano i partecipanti e da dove provenivano? C’è stato più divertimento o più agonismo? E c’erano delle concorrenti donne?
«Sicuramente il divertimento ha preso il sopravvento sull’agonismo, perché tutti si sono divertiti e tutti lo hanno espresso in modo corale. I partecipanti erano oltre cinquanta e sono arrivati da più parti dell’Italia settentrionale (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna). C’erano anche tre ragazze e infatti siamo riusciti a realizzare il Podio Donne».
Ci spieghi le differenze tra il calcio balilla giocato in Italia e quello delle altre nazioni?
«La differenza è molto semplice: in Italia si gioca con un regolamento che non permette il “gancio”, all’estero si gioca solo ed esclusivamente “a ganci”. Dove per “gancio” si intende il passaggio della palla tra un omino e l’altro anche se si effettua il tiro con l’altra stecca».
Quali saranno i prossimi appuntamento del calcio balilla?
«Stiamo lavorando per creare altri eventi, ma non è molto semplice. Il Meeting recentemente concluso a Brescello è stato realizzato grazie al sostegno della Fondazione 7 Novembre e della Roberto Sport che ci hanno aiutato a realizzare questa kermesse rivolta a chi è in carrozzina. Ora cerchiamo aiuti per portare avanti i progetti in programma, sperando che qualcuno ci sostenga e ci dia una spinta per realizzare altri appuntamenti».
Cosa vorresti dire per incentivare la pratica di questo particolare sport?
«Direi che è uno sport che non costa nulla e fa divertire. Si sta bene anche con gli avversari poiché anziché esserci puro agonismo, c’è tanto divertimento e si sorride sempre. Ad esempio, io quando gioco sono contento».
Il tavolo del calcio balilla è dunque il primo passo per giovani e meno giovani con disabilità che si apprestano a intraprendere un’attività sportiva, ma anche un passatempo divertente che si può giocare senza costi aggiuntivi e in tutta libertà. (Dorotea Maria Guida)