Agli antipodi del luogo comune che di questi tempi rappresenta – purtroppo e immeritatamente – le persone con disabilità come una “banda di rapinatori” del pubblico denaro, “affossatori del sistema previdenziale” e “mentitori intemerati” sul loro stesso grado di invalidità (= “falsi invalidi”), vi è il comune sentire che individua nei politici una categoria professionale di “fannulloni e grassatori”.
Tale giudizio su chi si dedica al governo delle cosa pubblica e all’elaborazione delle leggi che lo regolano fa certamente di ogni erba un fascio, anche se effettivamente ad occhio si potrebbe notare una certa percentuale di gramigna e altre male erbe…
Ma al di la dei nomi, viene spontaneo chiedersi: è sempre stato così? Ricordiamo male o sono esistite epoche politicamente più felici, anch’esse costellate da scandali e malefatte varie, ma ricche anche di pathos etico e di una certa temperie morale?
In particolare mi riferisco ai tempi – lontani, ormai ma non ancora lontanissimi – della Legge quadro 104/92 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), a quelli un po’ più remoti della Legge 517/77 (Norme sulla valutazione degli alunni e sull’abolizione degli esami di riparazione), che ha segnato la fine delle classi scolastiche “differenziali” in Italia, nonché ad altre norme di modifica dell’ordinamento scolastico, fino a quelli più recenti della Legge 328/00 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), all’epoca nota anche come “riforma dell’assistenza”.
Gioverà ricordare che anche a quei tempi vi era un “certo distacco” tra il Governo nel suo insieme e il Paese che da esso veniva governato (nulla, però, al confronto della situazione attuale!) e che la stagione politica degli anni Settanta, talora passata alla storia semplicemente come “gli anni di piombo”, partorì anche una “figliolanza di pregio storico”, quali le norme su divorzio, sull’aborto e la chiusura dei vecchi manicomi.
Che poi le applicazioni siano state fedeli allo spirito delle leggi, questo è un altro discorso.
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