Andrea Diomede, un equilibrista dei nostri tempi

a cura di Dario Lo Scalzo*
È una bella e giusta definizione quella di "equilibrista dei nostri tempi", usata da Dario Lo Scalzo nei confronti di Andrea Diomede, una persona che con la sua forza d'animo e la sua tenacia è riuscita a ripartire più volte, anche con il sorriso e l'ironia, di fronte ad ostacoli del suo vivere all’apparenza insormontabili, ultimo dei quali una malattia gravemente invalidante come la SLA (sclerosi laterale amiotrofica). Ed è bello raccontare la storia di chi si è impegnato a fondo in questioni ecologiche, che successivamente è stato nominato sottotenente commissario della Croce Rossa Italiana, dal presidente della Repubblica, e che oggi si appresta a inaugurare il sito "Striscia la schifezza", oltre ad auspicare - provocatoriamente - che siano in tanti, ad ammalarsi di SLA, in modo tale che la ricerca finalmente se ne accorga in modo concreto...

Andrea Diomede nel 1990, ai tempi in cui fu tra i fondatori dell'AIPE (Associazione Italiana protezionistica Ecologica)Raccontiamo la storia di Andrea Diomede, una persona che con la sua forza d’animo e la sua tenacia è riuscita a ripartire con il sorriso e l’ironia di fronte ad ostacoli del suo vivere all’apparenza insormontabili.
Il suo vissuto, la sua caparbietà e la sua volontà segnano il cuore e rappresentano una vera lezione di vita per tutti quanti. La sua umanità e il suo amore per gli altri, la sua voglia di vita espressa dagli occhi sorridenti, la sua passione per gli animali e per la natura e la sua polivalenza gli hanno sempre permesso di sollevarsi e di non fermarsi, neppure quando il destino lo ha costretto all’immobilità e alla disabilità. (Dario Lo Scalzo)

Proviamo a raccontare sinteticamente qualcosa del tuo passato.
«Sin da giovanissimo ho sempre ruotato intorno al mondo del volontariato professionale e nel 1990, insieme ad alcuni amici abbiamo fondato l’AIPE (Associazione Italiana Protezionistica Ecologica), che fu creata con la missione e l’obiettivo di reprimere i comportamenti lesivi all’ambiente nei parchi. Quella è stata un’esperienza molto intensa e a volte incredibilmente dura, che mi ha segnato parecchio e che ricordo con fierezza. È stata una vicenda quasi paradossale, nella quale si sono intrecciati degli ostacoli e delle difficoltà legate al fatto di essere considerati dalle stesse autorità come una sorta di “polizia giudiziaria” o un “gruppo sovversivo” e le soddisfazioni e i riconoscimenti ricevuti da altre autorità per l’azione svolta nel territorio in materia di controllo e vigilanza ambientale e crimini contro l’ambiente.
Successivamente, dopo l’AIPE, nel 1992 partecipai all’emergenza profughi della ex Jugoslavia nei Centri di Accoglienza Profughi, come caporale della Croce Rossa Italiana (CRI)».

Qual è e qual è stato il tuo rapporto con la natura e l’ambiente?
«È un rapporto che nasce giocando nella borgata in cui ho trascorso l’infanzia e che è poi continuato per sempre. In età adulta compresi che ambiente e animali subivano le prepotenze di uomini senza scrupoli, faccendieri, costruttori che rendevano flora e fauna vittime inerti delle loro angherie. Così l’abusivismo edilizio, le discariche illecite e industrie insalubri ci hanno stimolato a costituirci in associazioni protezionistiche, per combattere contro quei comportamenti scellerati».

Potresti darci qualche dettaglio in più relativamente alla tua esperienza con la Croce Rossa Italiana, sia in seno ai Centri Accoglienza Profughi che negli anni a seguire?
L'adesivo ideato da Diomede per le ambulanze dell'Opera Nazionale Soccorso (ONS), da lui fondata«Le missioni nei Centri di Assistenza Profughi toccano sempre la nostra suscettibilità emozionale. Per gli addetti ai lavori non è semplice l’approccio con persone che hanno vissuto e vivono il disagio creato da una calamità come la guerra. A volte ci si sente impotenti e frustrati, perché non si riesce ad accontentare le poche aspettative dei profughi; si resta mortificati quando le cose non vanno come dovrebbero, si prova un forte senso d’impotenza.
La guerra è “figlia dell’anticristo”. Le misure adoperate a sopperire le sofferenze dei profughi sembrano sempre insufficienti e non risolutive. Vedere bambini che giocano e assaggiano i propri escrementi, oppure uomini che pretendono il vitto senza fare la fila alla mensa del centro, abusando su anziani e donne, e ragazzini scappati dal centro e poi recuperati dai carabinieri dal fare accattonaggio ai semafori, tutto questo di sicuro non ci gratifica e porta inevitabilmente a chiedersi dove si è sbagliato».

Nel ’95, il presidente della Repubblica Ciampi ti ha nominato sottotenente commissario della CRI, a seguito di un corso specifico frequentato con onore e spirito di corpo. Dal ’95 al 2001 – prima della SLA (sclerosi laterale amiotrofica) – di cosa ti sei occupato?
«In quei sei anni mi occupai marginalmente della CRI, in quanto fui preso dalla passione di scrivere, dopo avere collaborato con due testate giornalistiche, “La Gazzetta dell’Antiquariato” e “Informazione Radiotelevisiva”. Divenni giornalista e poi direttore responsabile della “Gazzetta dell’Antiquariato”.
Durante questa collaborazione, promossi la rivista su internet, realizzandone anche il sito; essendo stato già pittore impressionista, riscoprii poi l’interesse per l’arte, la rigatteria, il collezionismo».

Nel 2001 arriva la malattia e ancora una volta una vita che cambia e un’altra ripartenza…
«È arrivata la SLA, ma dopo circa sei mesi di degenza stavo meglio e avevo voglia di essere nuovamente operativo e così, acquistando due ambulanze, ho fondato e coordinato la ONLUS Opera Nazionale Soccorso (ONS), che è ancora la mia attività attuale. Pianifichiamo una serie di interventi di trasporto sanitario mirati alle fasce di utenza più deboli, ovviamente estesa anche ad altri malati di SLA. In questo settore le difficoltà sono enormi. In Italia è complicato intraprendere un’attività imprenditoriale, a causa di tutti gli scogli burocratici. È la storia del nostro Paese: da un lato il Governo sostiene di voler promuovere l’impresa e dall’altro non esistono neppure le linee-guida certe. È complicato attivare una ONLUS di trasporto sanitario e come se non bastasse le ASL si arrogano il diritto di contraddire le normative regionali vigenti per il rilascio delle autorizzazioni.
Nel nostro Paese la risposta socio-sanitaria è ancora un’utopia ed è di certo non in linea alla domanda europea. In seguito, nel 2006, sono stato nominato Cavaliere al “Merito” Templare».

Qual è il tuo rapporto con la malattia, con la SLA? E cosa pensi degli ultimi sviluppi della ricerca medico-scientifica?
«Inevitabilmente la SLA ti impone di convivere con un corpo inerte, o meglio, il cervello e le capacità intellettive sono intrappolati in un corpo che se li trascina dietro. È il cane che si morde la coda, il cervello intrappolato nel corpo, cervello e corpo intrappolati magari in un terzo piano di un condominio indifferente.
Nel 2006 Andrea Diomede è stato nominato anche Cavaliere al «Merito» TemplareAccade anche questo: la SLA paradossalmente fa meno danni dell’indifferenza, delle barriere e dell’assistenza negata o inadeguata. È un circolo vizioso, si tratta di una “malattia nelle malattie”, solo che queste ultime sono cagionate da persone e istituzioni facilmente identificabili. È complicato pretendere comprensione e solidarietà da un tessuto sociale che nella scuola del 2011 non riceve neppure sensibilizzazione verso la disabilità, il sesso, l’omosessualità, l’ecologia e le diversità sociali. Si pretende e si ostenta l’appartenenza all’Unione Europea, quando invece ci dovremmo interrogare se saremmo all’altezza di aderire all’Unione Africana…
Della ricerca che dire? Posso parlare da profano, e dire che a intuito non c’è un sostanzioso interesse a ricercare per la SLA, tranne qualche iniziativa privata e mal finanziata ad opera di uno o due, forse tre caparbi medici ricercatori, oltre che le ricerche finanziate dalla FIGC [Federazione Italiana Giuoco Calcio, N.d.R.], per ovvi motivi, a causa dell’alta incidenza di malati tra i calciatori.
I malati di SLA in Italia sono circa cinquemila; un numero troppo basso per stimolare la ricerca e attirare l’attenzione di qualche faccendiere. I malati dovrebbero essere di più, altrimenti non si riuscirà mai a gonfiare i portafogli di chi vende i farmaci. Proporrei dunque di “essere di più”, in cinquemila siamo in pochi, bisogna ammalarsi collettivamente: assumete sostanze dopanti, fatevi otturare i denti con amalgama e metalli pesanti, respirate carburanti, dilettatevi come carrozzieri, ecc. in modo da contrarre la SLA! E finalmente, con un numero di malati pari al raffreddore, allora forse si troverà la tanto sperata cura…
Ho voluto ironicamente esasperare il concetto, ma inverosimilmente possiamo immaginare i futuri scenari di questo pianeta, inquinamento ovunque e malattie respiratorie con virus ultra resistenti, e chi può dire che la SLA non diventi un male comune? Con ciò voglio semplicemente dire che quando ci accorgeremo che non si può fare tutto in nome del dio denaro, sarà ormai troppo tardi».

È bello vederti e sentirti così combattivo non solo per qualcosa che ti tocca in prima persona, ma anche per delle cause sociali…
«Io amo le sfide, a me piace mettermi in gioco, sempre senza mai perdere di vista l’autocritica e l’ironia. Ho sempre avuto passione per il salvataggio. Si prova un’incredibile soddisfazione nello sfidare la morte e salvare una vita animale o umana».

Quali sono i tuoi sogni oggi? Che progetti hai in corso e per il futuro?
«Di certo vorrei attivare e migliorare il trasporto sanitario e poi personalmente voglio iniziare a studiare biologia per approfondire la ricrescita spontanea degli arti delle lucertole. Chissà se non avremo da lì una chiave per debellare la SLA!
Vorrei poi segnalare che ho da poco ideato – ed è tutt’oggi allo stato embrionale – il sito www.striscialaschifezza.it. Si tratterà di un rotocalco satirico di attualità, che ha il pretesto di fare la parodia al più noto Striscia la notizia. La differenza sarà che Striscia la schifezza non sarà politicamente condizionato e si rivolge a ogni Cittadino dando voce a tutti».

Se dovessi descriverti ai lettori che non ti conoscono cosa diresti in poche parole?
«Sono un falso invalido, arrestatemi!».

Che messaggio ti piacerebbe trasmettere ai Lettori di questa intervista?
«Molte persone vogliono avere e non essere, bisogna affrontare il cammino di vita con umiltà».

*Intervista già apparsa in «il Cambiamento», con il titolo La storia di Diomede, un equilibrista dei nostri tempi e qui ripresa, con minimi riadattamenti, per gentile concessione dell’Autore e della medesima testata.
Dario Lo Scalzo, già impegnato nel microcredito in America Centrale, infaticabile viaggiatore, coinvolto in progetti umanitari in varie parti del mondo, ha pubblicato nel 2008 la raccolta di poesie
Il grido di una cravatta con il nodo stretto (reperibile tramite il sito www.libroitaliano.it) e nel 2010 il romanzo La cucina vista dallo scannatoio (Zona Editrice 2010), che ha per “protagonista invisibile” una persona con disabilità (se ne legga anche nel nostro sito cliccando qui).
A Lo Scalzo piace concludere questa sua intervista ad Andrea Diomede proprio con una citazione tratta dalla
Cucina vista dallo scannatoio, vale a dire: «Se l’umanità si allenasse per elevare gli spiriti anziché emarginarli e segregarli».

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