Quindici-vent’anni dopo, dunque, le nostre idee* sulla plasticità del cervello umano (massima nei primi due-tre anni di vita) e sulla necessità di una metodologia riabilitativa anche precocissima che coinvolga la famiglia come soggetto attivo della medesima, con pari dignità rispetto agli altri componenti dell’équipe riabilitativa, iniziano ad ottenere i primi consensi, anche nel mondo accademico, a dire il vero ancora legati ai singoli operatori più che a vere “scuole di pensiero”.
Tali consensi sono naturalmente controbilanciati dalla riottosità di molte altre posizioni, ricordando ad esempio l’incontro di Bologna del giugno 2010, promosso dalla SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) e dalla SIMFER (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa), sulle terapie alternative o complementari, ove la richiesta partecipazione delle famiglie interessate venne esplicitamente negata [se ne legga nel nostro sito ad esempio cliccando qui, N.d.R.].
È invece di questi giorni la notizia del convegno La riabilitazione precoce nelle disabilità dello sviluppo, tenutosi a Tirrenia (Pisa), incontro appunto incentrato sulla necessità di una riabilitazione precocissima per i prematuri [se ne legga ampiamente nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.].
Purtroppo, e come in molti altri convegni simili, brilla l’assenza dei genitori tra i relatori e le citazioni sul ruolo della famiglia si limitano a poche parole. La scusa è sempre la stessa: si tratta di corsi di perfezionamento o di aggiornamento per gli operatori o per i componenti di Società Medico-Scientifiche. Appunto, diciamo noi: in tali incontri la presenza attiva e ufficiale di rappresentanti delle famiglie interessate e “impegnate” sarebbe utilissima per portare la voce di chi vive la riabilitazione infantile 24 ore al giorno, tutti i giorni dell’anno.
E non di rado questa voce arreca preziose conoscenze empiriche – ma molti dei nostri genitori hanno un curriculum impressionante – che spetterebbe poi ai professionisti, che operano e quindi vivono in un ambiente essenziamente ospedaliero, tradurre il più scientificamente possibile in prassi operative.
Ebbene, siamo purtroppo ancora distanti da questo tipo di collaborazione.
*Non solo nostre, naturalmente!
*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).
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