Indubbiamente il volto di Mario Monti è rasserenante. Dà la sensazione di avere già in mente non soltanto le prime mosse, ma anche i dettagli, le strategie, i collaboratori ai quali affidare – con metodo sperimentato in anni di lavoro “in alta quota” – le politiche immediate, le misure congiunturali, gli scenari a breve termine.
La scelta dei Ministri e dei Sottosegretari, se corrisponderà al suo profilo, e se i partiti glielo consentiranno (ma in questo senso un ruolo decisivo lo sta giocando sicuramente il presidente della Repubblica Napolitano), ci porterà improvvisamente a fare i conti con persone competenti nei singoli settori, prevalentemente di estrazione universitaria, ma già fortemente connotati per una lunga consuetudine al confronto programmatico con pezzi della società civile ed economica del Paese.
Avverto però un rischio tutt’altro che banale. Temo cioè che il mondo del sociale, non solo della disabilità che ben conosco, ma più in generale quella parte di società che ogni giorno vive su di sé e interpreta al tempo stesso il welfare, il volontariato, la cooperazione sociale, la sussidiarietà, la gestione dei servizi sul territorio, arrivi a questo appuntamento con la Storia in una situazione paradossale, di massima stanchezza, di logoramento, di sfiducia quasi rassegnata nel funzionamento delle Istituzioni Pubbliche, specialmente statali.
E invece è proprio adesso che dobbiamo, tutti quanti, trovare la forza e la lucidità delle proposte migliori. Non solo la difesa, ovvia, dell’esistente, per quando riguarda i diritti essenziali delle persone più deboli (disabili, anziani, vecchi e nuovi poveri, giovani, disoccupati, donne, immigrati, e così via), ma anche l'”attacco”, ossia la proposta attiva di pezzetti di riforma possibile, di miglioramento della qualità della spesa, di individuazione dei percorsi virtuosi, di azzeramento di tavoli di discussione ridicoli (penso alla Legge Delega sulla riforma dell’assistenza).
Dobbiamo sforzarci, in sostanza, di evitare che l’agenda di un governo tecnico di emergenza sia dettata solo dagli euroburocrati che hanno messo in un angolo Berlusconi e soci.
Il modo per farlo è inserirsi attivamente, robustamente, in modo visibile e forte, in questa fase di ripensamento del welfare, non delegando ai poteri forti, alla finanza, alle banche, alle grandi imprese, agli opinion makers, che spesso sono totalmente sprovveduti o addirittura male informati rispetto ai temi che ci stanno a cuore.
Mi piace immaginare che ci sia un parallelo tra la mia convalescenza lenta ma costante [Franco Bomprezzi ha raccontato anche su queste pagine l’infortunio di cui è stato vittima qualche settimana fa. Se ne legga cliccando qui, N.d.R.] e la cura ri-costituente di un governo che dovrà di volta in volta conquistare sui singoli provvedimenti il più vasto e inedito consenso nel Parlamento e nel Paese.
In un certo senso a Roma può accadere adesso ciò che a Milano si sta sperimentando, fra mille fatiche e difficoltà, e anche incomprensioni: un’alleanza creativa e operosa fra la parte più riformatrice della società e la borghesia laica e cattolica che sa dove mettere le mani e la testa. In questo modo, se avremo un po’ di fortuna, potremo perfino aver voglia di nuovo di far politica, nel senso più nobile e corretto del termine.
*Direttore responsabile di Superando.it.
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