Passi avanti nella conoscenza della sclerosi tuberosa

a cura di LAM Italia*
È ancora troppo poco conosciuta la sclerosi tuberosa, malattia genetica in assoluto rara, ma assai frequente nei bambini (con un'incidenza di un caso su 6.000 nati), che coinvolge in modo particolarmente grave, già dai primi anni di vita, il sistema nervoso centrale in cui si riscontrano lesioni focali responsabili di epilessia, ritardo mentale e di lesioni neurologiche potenzialmente invalidanti. Una ricerca italiana, recentemente resa nota, ne definisce ora con più chiarezza i meccanismi molecolari

Ricercatrice al lavoroLa sclerosi tuberosa (d’ora in poi prevalentemente ST), patologia correlata in maniera chiara con la linfangioleiomiomatosi (LAM) (circa il 40% dei pazienti ST, infatti, sono anche affetti dalla LAM), è una malattia genetica molto frequente nei bambini, con un’incidenza di 1 su 6.000 nati, che coinvolge in modo particolarmente grave già dai primi anni di vita il sistema nervoso centrale in cui si riscontrano lesioni focali responsabili di epilessia, ritardo mentale e di lesioni neurologiche potenzialmente invalidanti (noduli subependimali, tumori gliali).
L’ST è determinata dalla mutazione in uno dei due geni, chiamati TSC1 e TSC2, la cui assenza porta all’attivazione incontrollata di un mediatore molecolare, mTOR, che regola finemente la crescita e proliferazione cellulare.
La terapia di questa malattia resta ad oggi prevalentemente sintomatica e quindi non risolutiva.
 
L’identità biologica della cellula all’origine delle lesioni neurologiche presenti nell’ST non era stata ancora chiaramente definita: oggi, tuttavia, il gruppo di ricerca dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano, coordinato da Rossella Galli, in collaborazione con l’INSPE  (Istituto di Neurologia Sperimentale) e con l’Università di Brescia, ha dimostrato che sono le cellule staminali nervose a rappresentare il “bersaglio cellulare” che, se interessato dalla mutazione nel gene TSC1, dà origine sia alle lesioni corticali sia alle alterazioni periventricolari
Lo studio, pubblicato dalla rivista internazionale «Cell Stem Cell» e firmato come primo autore da Laura Magri, si è basato sulla generazione di un modello murino [di topo, N.d.R.] mutante, nel quale il gene TSC1 è stato rimosso selettivamente nelle cellule staminali del cervello, durante lo sviluppo embrionale precoce. Queste stesse cellule staminali – analizzate a tempi di sviluppo successivi – sono risultate prive di capacità proliferativa a lungo termine e non in grado di differenziarsi.
Le cellule staminali nervose sono state in seguito sottoposte ad analisi molecolare, che ha portato all’identificazione di geni espressi selettivamente nelle cellule staminali mutanti, ma anche nelle lesioni di pazienti affetti da ST, suggerendo che le cellule staminali nervose mutanti possano costituire un rilevante modello preclinico della patologia stessa.
La caratterizzazione funzionale e molecolare di questo nuovo modello sperimentale di ST e delle cellule staminali nervose da esso derivate potrebbe quindi aprire la strada all’identificazione di nuovi bersagli terapeutici per questa patologia genetica.

«Partecipare a questo studio sulla sclerosi tuberosa – dichiara Laura Magri – è stato per noi un percorso di grande crescita scientifica e umana, che ci ha permesso di raggiungere importanti risultati scientifici, anche grazie al sostegno dell’AST (Associazione Sclerosi Tuberosa), che si fa portavoce di una Malattia Rara la quale rara lo è ancora di più, dal momento che  continua ad essere una patologia ancora troppo poco conosciuta». 
«Riteniamo il nostro studio importante – aggiunge Rossella Galli – non solo per le sue ricadute sull’analisi dei meccanismi molecolari causativi della ST, ma anche perché ha contribuito a caratterizzare meglio, nell’ambito delle cellule staminali nervose, il ruolo di mTOR, che sappiamo essere un mediatore molecolare spesso attivato in maniera incontrollata anche in tumori cerebrali e in altre patologie ereditare neurodegenerative».

Come ricordato dalla dottoressa Magri, la ricerca è stata resa possibile grazie anche al prezioso contributo dell’AST (Associazione Sclerosi Tuberosa).

*Associazione Italiana Linfangioleiomiomatosi.

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