Chi ha modo di ammirare da bordo campo le prodezze di Daniele Braglia, atletico calciatore ventottenne, non può che osservare il suo dribbling fantasioso, i passaggi ben serviti ai compagni, lo scatto e la velocità conditi dal piglio sicuro e deciso, malgrado la sua limitazione fisica.
Daniele è proprio un bel ragazzo, barbetta curata, occhi profondi, dice di sé che oltre al calcio ama la pesca e gli animali, ma anche trascorrere le serate in compagnia, all’insegna del divertimento tra le risate degli amici.
Il calcio, come detto, è la sua grande passione e ha iniziato a giocarlo a sei anni, nella squadra della sua parrocchia. Da allora non ha mai smesso. Oggi, infatti, gioca nel Torino FD (Torino for Disabled), che è una squadra di calcio a 7 (ma che gioca anche tornei di calcio a 11), composta da ragazzi con disabilità e affiliata al Torino Football Club, oltre che al CIP (Comitato Italiano Paralimpico). «Gioco anche in una squadra di calcio a 5 – si affretta ad aggiungere Braglia, che ci raggiunge a bordo campo – e mi alleno con una squadra che partecipa al campionato federale di terza categoria». Poi su una panchina ci racconta, guardando con lo sguardo oltre la recinzione del campo: «La mia vita di giovane promessa calcistica è cambiata a sedici anni, quando ho avuto un grave incidente stradale. Ero in sella al mio scooter e una macchina che procedeva in senso opposto al mio ha invaso la mia carreggiata, centrandomi frontalmente a velocità sostenuta e scaraventandomi a trentacinque metri dal punto di impatto. A causa di quell’impatto violentissimo, riportai la frattura di tantissime ossa: la caviglia e i legamenti, il ginocchio sinistro e tutti i legamenti, cinque costole incrinate, sterno fratturato, grave ematoma alla testa, frattura del polso sinistro e alle dita della mano sinistra, ma sopratutto la rottura dei nervi che comandano il braccio e la mano… adesso immobili».
A questo punto Daniele sorride e conclude il racconto di quel drammatico periodo: «Quando mi sono svegliato in rianimazione, non ricordavo l’incidente, mi spiegarono quello che mi era successo e dissi sorridendo: “Peggio di così non può andare, si può solo migliorare!“. In seguito chiesi se avrei potuto tornare a giocare e tutti mi risposero in modo negativo: però non mi arresi e giurai a me stesso che in meno di un anno sarei tornato a correre e a calciare».
In seguito, Daniele ha intrapreso una strada lunga e faticosa, per ritornare in campo: tanta dolorosa fisioterapia, sacrifici e determinazione, riuscendo a dimostrare ai medici che si sbagliavano. E così, dopo dieci mesi dall’incidente, aveva ripreso a correre e a giocare a calcio a livello amatoriale con gli amici. Un percorso tutto in salita, che non gli ha precluso di tornare a giocare anche in alcuni campionati con atleti normodotati, senza tralasciare quelli per ragazzi con disabilità. E poi puntualizza: «Nonostante la mia disabilità, ho sempre voluto competere con gente normodotata perché non mi sento inferiore a nessuno».
«E con le ragazze?», gli chiediamo, «diventare uomo con un handicap dà dei problemi?». «Con l’altro sesso – risponde – i rapporti non sono mai stati problematici, ho sempre trovato ragazze che mi hanno saputo accettare nonostante il mio handicap e mi sono state vicine nei momenti di difficoltà. Esperienze negative ne ho avute alcune, ovvero ragazze che sapendo del mio handicap hanno iniziato a evitarmi».
Ma come arriva poi Daniele Braglia a giocare in questa squadra, affiliata al Torino Football Club? «Il Torino FD – spiega – è nato da un’idea di Claudio Girardi, un ragazzo tifosissimo granata, che ho conosciuto su Facebook nel 2009. Lo avevo invitato a giocare un torneo in Svezia nel 2009 con la mia squadra di ragazzi disabili e durante il torneo gli feci conoscere quelli del Chelsea. Poi, in una battuta, gli dissi di fondare la squadra del Torino FD. Cosicché, quando rientrò in Italia, fece di tutto per creare questa realtà e dopo tanti sforzi è riuscito a dare vita a questo fantastico progetto per i ragazzi con disabilità. La squadra è composta da ragazzi con disabilità fisiche, uditive e mentali e il rapporto che ci lega è di vera amicizia, di stima e fiducia. Ci amalgama fortemente, però, la voglia di divertirci e ridere; nello spogliatoio scherziamo sempre prima e dopo le partite e anche se perdiamo, i sorrisi non mancano mai».
Una vita in salita e di corsa, quella di Daniele, che vanta nel suo curriculum di aver giocato con la Nazionale di calcio a sette giocatori. La prima convocazione è stata nel maggio di quest’anno e il debutto contro l’Ucraina, seguito dalla vittoria contro la Cina – partita in cui ha segnato due gol – fino al match con la Russia, attuale campione del mondo di calcio a sette per disabili.
«Credo che l’emozione di indossare la maglia azzurra – sottolinea -, di sentire il proprio inno nazionale e di riuscire anche a segnare sia il sogno di ogni giocatore, un sogno che io inseguivo fin da bambino. Adesso attendo fiducioso una convocazione da parte della Nazionale, ma la mia speranza è di poter partecipare ai Mondiali e agli Europei per disabili di calcio a sette».
Daniele Braglia, insomma, è un vero e proprio vulcano di buoni propositi, un tipo che nella vita si pone tanti obiettivi che una volta raggiunti, lasciano il posto a tanti altri di nuovi. «Un grande proposito che vorrei realizzare, un giorno – ci dice speranzoso – è di poter avere una famiglia, ma per quello c’è ancora tempo… non ho fretta!». Nel frattempo è tornato con il pallone tra i piedi e tra tacco e punta ci incanta con i suoi palleggi!
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