La Commissione dell’Università di Milano lo ha raggiunto nella sua casa di Busto Arsizio (Varese) e la tesi riguardante uno strumento che egli stesso ha creato – per misurare la qualità dei sistemi software – gli ha fruttato un bel 110! Dal giugno scorso, dunque, Salvatore Camodeca, Socio della UILDM di Varese (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), persona con una grave forma di distrofia muscolare, che spesso ricorda come «l’unica arma a mia disposizione sia la testa, che cerco di usare come meglio posso», è diventato dottore in informatica.
Questa è la storia del suo percorso di studi – da lui stesso raccontata – e della sua “laurea a domicilio”.
La stanza è buia, solo un po’ di luce entra dalla finestra, quanto basta per vedere il contenuto dei monitor dei miei computer posti a pochi centimetri dal mio viso.
Me ne sto comodo e disteso e il mio respiratore emette l’unico suono udibile al ritmo costante del suo soffio d’aria, oltre – spesso – a un sottofondo musicale adatto alla situazione. Il puntatore oculare risponde preciso ai miei comandi, cosicché il freddo alle mie mani immobili non può frenare il flusso dei miei pensieri e l’elaborazione dei codici di programmazione che scrivo in assoluta concentrazione.
So bene che non potrò mai comprendere tutto lo scibile umano, e nemmeno quello infinito relativo al campo informatico, ma voglio solo provare a raggiungere i miei limiti e scoprire così quanto posso creare con la mia mente e con lo strumento migliore che possa aiutarla: un computer.
Racconto così un momento dei miei giorni di studio, in termini un po’ poetico-matematici, anche per dire che lo stato di grazia in cui mi ritrovo quando posso studiare è direttamente proporzionale agli sforzi da compiere per raggiungerlo.
Il mio tempo l’ho trascorso sempre con intensità, fra impegni e svaghi di ogni genere, ma uno dei modi migliori per spenderlo è proprio quello di studiare, per capire ciò che mi affascina, per chiarire relazioni intriganti. Nello studio la mente è tutto, i limiti fisici hanno ripercussioni meno rilevanti – a parte i tempi maggiori da sopportare – e perciò posso ottenere risultati soddisfacenti, tralasciando i miei muscoli assopiti e confrontandomi ad armi pari con chiunque.
Quando ho iniziato l’università, a 31 anni suonati, dopo altri tentativi falliti a causa della salute, la motivazione principale è stata quella di misurarmi ancora una volta con me stesso, senza cercare gloria o titoli, poiché ho creduto sempre che solo così si possa crescere e realizzare le proprie scelte, i propri sogni.
Naturalmente, per una persona colpita da grave disabilità fisica, il supporto indispensabile per seguire i corsi universitari dev’essere completo e facilmente ottenibile, altrimenti si creano altri ostacoli per i quali ci si potrebbe anche arrendere. Personalmente, ho trovato un prezioso aiuto nella disponibilità dell’Ufficio Handicap dell’Università Statale di Milano, che mi ha fornito ogni lezione fatta in aula, oltre a mettermi a disposizione un notebook moderno e un sistema formidabile, chiamato Eyegaze, per il puntamento oculare d’interfacciamento al computer.
La tecnologia, in queste situazioni, è un’arma potentissima, anche se costosa, e andrebbe maggiormente considerata anche dalle ASL e dai Comuni. Infatti, per poter comporre relazioni scientifiche, elaborati matematici, testi semplici e grafici, sarebbe costato tantissimo incaricare altre persone ad aiutarmi. Con i miei strumenti, invece, ho potuto svolgere tutto soltanto con i miei occhi, le decine di software specifici installati e la mia grande passione per la tecnologia elettronica.
Naturalmente è impossibile non menzionare internet, la grande rete che quasi crea una nuova e diversa realtà parallela, ma che può rendere più facile anche quella quotidiana di chi è paralizzato nel corpo e non nella mente. Grazie al web, infatti, ho potuto svolgere gran parte delle mie ricerche, accedendo senza muovermi dal mio letto alle migliori enciclopedie e banche dati ubicate sui diversi server nel mondo, restando costantemente in contatto con i miei professori, ricercatori e altri studenti, per confrontarci e scambiarci le conoscenze acquisite.
In alcune occasioni, poi, quando non mi è stato più possibile recarmi alla sede dell’Ateneo, ho svolto anche gli esami in videoconferenza, comodamente e con ottimi risultati.
Se dunque il problema di chi convive con problemi motòri è spesso di non potersi muovere dal proprio ambiente domestico, mediante un’adeguata attrezzatura tecnologica si annullano le distanze, si minimizza l’uso della forza fisica e poi si favorisce l’indipendenza, almeno nell’ambito dello studio o del lavoro.
Quando ho davanti un buon PC attrezzato, posso – e voglio – fare da solo ciò che difficilmente farei con più assistenti al mio fianco, ottimi invece per uscire a distrarmi o per permettermi altre azioni.
Ogni esame superato è stato un traguardo e qualche volta, quando “il gioco si faceva più duro”, ho pensato per un attimo di mollare, ma poi, ricordando i successi passati e pensando solo alle interessanti tecniche che avrei potuto conoscere, pur rallentando e misurando sempre di più le mie esigue risorse, ho trovato la forza di continuare fino alla laurea.
Una grande fortuna è stata quella di incontrare persone squisitamente disponibili, che comprendendo le mie particolari necessità, mi hanno messo sempre nelle condizioni migliori per continuare.
Spesso potevo consultare i docenti attraverso il programma di videoconferenza Skype e con l’e-mail, mentre i tutor mi preparavano i vari appunti ed esercizi in formato elettronico, suggerendomi link da dove poter scaricare gli e-book più completi, dato che in Italia, purtroppo, c’è ancora carenza di certo materiale didattico.
Voglio però credere che ad ogni arrivo corrisponda sempre un punto di partenza e così interpreto il significato di questa sospirata laurea, che mi porterà ad affrontare altre sfide, forse studiando ancora, o magari lavorando per sperimentare anche un impegno diverso. E grazie al cielo ho ancora la mente abbastanza funzionante quanto i miei computer. Quindi, posso – e devo assolutamente – non finire mai del tutto, per non arrestare mai la mia vitalità.
Nel giorno della tesi, a casa mia, ho sentito l’ansia scorrere nei pensieri, che sembravano più veloci e confusi. Tutti i miei cari, però, erano accanto a me e negli ultimi minuti della discussione, per non perdermi nelle emozioni, ho cercato di seguire solo una logica sequenzialità d’espressione, poiché anche questo è essere informatici.
Ma poi la pace è arrivata e i professori in toga mi sono sembrati “giudici supremi”, che per un istante non ho guardato e ho solo ascoltato, sorridendo nel cuore per il loro giudizio: «Congratulazioni Salvatore, la dichiaro Dottore in Informatica!».
*Testo pubblicato dal n. 175 di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), con il medesimo titolo qui adottato e ripreso per gentile concessione, con lievi riadattamenti.
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