Identificati marcatori specifici per la sclerosi multipla

a cura di Barbara Erba
Attraverso una ricerca innovativa per l'utilizzo di un approccio di "medicina di genere", alcune analisi di genomica funzionale hanno permesso di identificare biomarcatori specifici per la sclerosi multipla, mediante un semplice prelievo di sangue. Lo studio - condotto da un gruppo di ricerca italiano finanziato anche dalla FISM, la Fondazione dell'AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) - ha fornito inoltre utili informazioni sugli stessi processi biologici sottesi alla malattia

Ombra di ricercatrice al microscopioAttraverso una ricerca innovativa per l’utilizzo di un approccio di “medicina di genere”, alcune analisi di genomica funzionale hanno permesso di identificare biomarcatori specifici per la sclerosi multipla, mediante un semplice prelievo di sangue: è questo il risultato di uno studio pubblicato dalla rivista «Journal of Autoimmunity», condotto da un gruppo di ricerca dell’Istituto San Raffaele di Milano, coordinato da Cinthia Farina e comprendente anche Marco Di Dario, giovane ricercatore che ha ricevuto per questo lavoro una borsa di addestramento della FISM (Fondazione Italiana Sclerosi Multipla).

È noto che la sclerosi multipla – che colpisce il sistema nervoso centrale – è associata ad alterazioni nel sistema immunitario, in parte riconducibili a predisposizione genetica. E tuttavia, marcatori accurati e facilmente misurabili non sono stati sinora identificati.
Per questo studio, dunque, sono stati  valutati più di ventimila geni nel sangue di pazienti con sclerosi multipla e tali profili sono stati paragonati a quelli di donatori sani, introducendo un nuovo approccio nell’analisi statistica e bioinformatica che tenga conto del genere maschile o femminile del malato.
Sono quindi emerse due osservazioni interessanti, la prima delle quali si riferisce ai geni associati al sesso. Si è visto infatti che la sclerosi multipla è caratterizzata da cambiamenti significativi sia nella quantità che nel tipo di geni che sono diversamente espressi nel sangue degli uomini e delle donne. La patologia, pertanto, stravolge il normale mantenimento delle differenze di genere nel sangue.
La seconda osservazione è emersa dal confronto tra i geni espressi nella popolazione sana e in quella malata, con l’identificazione delle cosiddette “firme molecolari” associate alla patologia diverse negli uomini e nelle donne con sclerosi multipla. Questi “codici a barre” distinti hanno tuttavia fornito informazioni sugli stessi processi biologici sottesi alla malattia e una serie di analisi bioinformatiche hanno permesso di ipotizzare un nuovo meccanismo patogenetico, legato alla trascrizione genica dipendente dal fattore SP1, cosicché l’esistenza di un inibitore farmacologico specifico per tale fattore ha consentito di svolgere esperimenti in vitro [in laboratorio, N.d.R.] e in vivo [sul modello animale, N.d.R.], con la conclusione che nell’animale l’inibizione di SP1 migliora in maniera significativa il decorso della malattia.

«Questo – spiega Cinthia Farina, responsabile del Laboratorio di Immunobiologia delle Malattie Neurologiche presso l’Istituto di Neurologia Sperimentale (INSpe) del San Raffaele di Milano – è un lavoro di medicina traslazionale* molto innovativo, poiché per la prima volta è stato usato nell’analisi di genomica funzionale un approccio di “medicina di genere”, quella specialità che si occupa delle differenze nella fisiopatologia tra donne e uomini. Questo ci ha consentito di ottenere marcatori in grado di distinguere in maniera molto precisa i malati dalla popolazione sana. In altre parole, andando avanti nella ricerca sarà possibile, un domani, capire da un prelievo di sangue se una persona è affetta da sclerosi multipla oppure no. Inoltre, l’utilizzo di vari approcci bioinformatici e di biologia dei sistemi ha permesso di andare oltre la presenza di singoli geni come marcatori della patologia, e di decifrare informazioni biologiche complesse che risultano dall’interazione di questi marcatori tra loro. Tali interazioni non erano sinora altrimenti ipotizzabili con le tecniche tradizionali di indagine e queste informazioni potranno essere utili per lo sviluppo di nuovi protocolli terapeutici».
«Questa borsa di addestramento a supporto dei giovani che si affacciano al mondo della ricerca – sottolinea dal canto suo Marco Di Dario -, messa a disposizione dalla FISM, mi ha permesso di studiare le tematiche relative alle differenze di genere nella sclerosi multipla e mi ha consentito di acquisire e approfondire competenze sia teoriche che metodologiche nel campo della ricerca su questa malattia».

Va ricordato a tal proposito che in oltre vent’anni l’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), tramite la sua Fondazione FISM, ha finanziato ben 367 progetti di ricerca e 119 borse di studio: il suo impegno, infatti, è rivolto non solo a indirizzare, promuovere e finanziare la ricerca sulla sclerosi multipla in Italia e attraverso reti internazionali di eccellenza, ma anche a formare giovani ricercatori. «Per noi – dichiara infatti Paola Zaratin, direttore della ricerca della FISM – è prioritario l’impegno a promuovere l’inserimento di giovani ricercatori sulla sclerosi multipla, mettendo a disposizione borse di studio, tra le quali sono importanti anche le borse di studio di addestramento per giovani scienziati motivati e promettenti. In questo caso i risultati sono stati eccellenti, dimostrando che i nostri giovani laureati sono già in grado di proporre e svolgere autonomamente una parte ben definita di un progetto di ricerca di ampio respiro».

*Per ricerca medica traslazionale si intende quella ricerca biomolecolare pre-clinica che produce risultati rapidamente trasferibili all’attività clinica.

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM, tel. 010 2713414, barbaraerba@gmail.com, enrica.marcenaro@aism.it.
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