Tracciare i possibili percorsi di cura delle persone con lesione midollare; disporre di dati aggiornati retrospettivi sulle lesioni midollari in Italia; effettuare un confronto con alcuni altri Paesi europei (Inghilterra, Spagna e Svizzera); predisporre una proposta concreta di Registro Nazionale delle mielolesioni; realizzare un censimento nazionale dei centri che, a diversi livelli di cura, offrono assistenza alle persone con lesione midollare: sono stati sostanzialmente questi gli obiettivi della ricerca recentemente realizzata dalla Fondazione ISTUD. in collaborazione con la FAIP (Federazione Italiana Associazioni Paratetraplegici) e presentata in novembre ad Ancona, durante il convegno nazionale Unità Spinale Unipolare: un viaggio tra le esperienze acquisite e lo scenario futuro, organizzato dal CNOPUS (Coordinamento Nazionale Operatori Professionali Unità Spinali), in collaborazione con l’APM (Associazione Paraplegici Marche) (se ne legga nel nostro sito cliccando qui).
Della ricerca si è occupata anche l’AUS Niguarda (Associazione Unità Spinale) di Milano, che nella propria newsletter di dicembre precisa innanzitutto che un’Unità Spinale Unipolare, per essere tale, deve trovarsi «all’interno di un Ospedale DEA (Dipartimento di Emergenza e Accettazione) di Secondo Livello, prevedere un’organizzazione multidisciplinare con ventuno figure professionali primarie e creare un progetto riabilitativo personalizzato per ogni paziente».
Per quanto poi riguarda il confronto con i Paesi stranieri esaminati dallo studio, ad eccellere è la Svizzera, unico Stato europeo in cui esiste un Registro Nazionale delle Lesioni Midollari e dove la qualità della vita delle persone con lesione midollare è paragonabile a quella della restante popolazione».
«L’Italia – si legge ancora nell’analisi curata dall’AUS Niguarda – offre una situazione terribilmente disomogenea, dove le strutture specializzate e accreditate sono concentrate nel Nord Italia. Questo costringe a faticosi e costosi spostamenti non solo i pazienti mielolesi, ma anche le loro famiglie. Inoltre, manca una rete uniformemente riconosciuta tra le strutture sanitarie che offrono cura alle lesioni midollari, organizzata con un hub (perno, centro di riferimento) e gli spoke (raggi, ovvero centri distribuiti uniformemente sul territorio)». E dunque, «il risultato del censimento eseguito è che il 23% dei pazienti in fase acuta non trova un posto letto in una struttura adeguata, mentre per ciò che riguarda la fase riabilitativa vi è addirittura un’eccedenza di posti letto, con diseguaglianze territoriali».
La ricerca ha preso in considerazione anche l’offerta di attività sociali integrate ai percorsi riabilitativi, quali attività psichico-spirituali (pet-therapy, musicoterapia, ecc.) e appartenenti all’area socio-ambientale e legale (sportello legale, orientamento professionale ecc.), quelle cioè che possono fare la differenza in ambito riabilitativo.
«Solo il 15% dei centri di riferimento – conclude il testo dell’AUS Niguarda – fa riferimento ad altre strutture socio-sanitarie presenti sul territorio: siamo quindi molto lontani da quel modello di rete che è risultato estremamente funzionale nelle realtà di altri Paesi. Sono stati infine intervistati pazienti che già hanno concluso il percorso riabilitativo: il 59% si è dichiarato insoddisfatto delle cure ricevute nelle strutture di primo soccorso, mentre l’84% si è dichiarato soddisfatto del percorso di cura effettuato presso l’Unità Spinale». (S.B.)