Il VI Corso di Formazione Permanente in Neuroriabilitazione dell’Età Evolutiva, svoltosi a Firenze dal 9 all’11 novembre, ha proposto agli operatori della riabilitazione l’approfondimento e la riflessione sulle problematiche che il bambino con paralisi cerebrale affronta nell’età scolare dai 6 ai 12 anni: l’apprendimento scolastico, la partecipazione alle attività sociali proprie dell’età e la conquista dell’autonomia. Questi temi implicano il coinvolgimento non solo dei medici e dei terapisti, ma della famiglia e di tutte le figure che ruotano intorno al bambino nel contesto scolastico e sociale: insegnanti, psicologi, pedagogisti ed educatori.
Come di consueto il Corso prevedeva lezioni frontali al mattino e presentazioni di casi a rotazione nelle sessioni pomeridiane, con discussioni in piccoli gruppi di circa trenta persone.
Nel primo giorno, al centro dei lavorio vi sono stati i problemi cognitivi, la comunicazione e l’apprendimento scolastico. Maj Bottcher dell’Università di Copenaghen ha esposto una revisione dei recenti studi sullo sviluppo intellettivo e sulle disfunzioni cognitive specifiche dei bambini con forme spastiche di paralisi cerebrale, facendo riferimento al cosiddetto approccio “neurocostruttivista” dello sviluppo cognitivo, considerato come un processo di graduale modularizzazione emergente dall’interazione fra il bambino e l’ambiente.
Particolarmente apprezzate sono state poi le relazioni sui problemi di apprendimento dei bambini con emiplegia (Bruna Molteni, Istituto Neurologico Besta di Milano), sul profilo cognitivo e sulle difficoltà di apprendimento nelle forme spastiche bilaterali con disordini visuopercettivi (Elisa Fazzi, Università di Brescia) e sui problemi di comunicazione e apprendimento nel grave tetraplegico (Nerina Landi, Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’ASL 10 di Firenze).
Il tema della seconda giornata è stato invece riferito alla partecipazione e alla qualità di vita del bambino e della famiglia.
A introdurre l’argomento è stata Claudia Pizzoli dell’AUSL di Bologna, che ha esposto l’esperienza del percorso integrato realizzato dai centri di Corte Roncati [polo tecnologico per la disabilità di Bologna, N.d.R.], finalizzato alla definizione del profilo funzionale del bambino con paralisi cerebrale, per l’individuazione di strumenti e percorsi mirati al raggiungimento della maggiore autonomia possibile nei diversi contesti della vita.
Il problema della partecipazione ad attività ricreative e sociali del bambino con paralisi cerebrale, della sua complessità e delle difficoltà di individuare strumenti di valutazione idonei, è stato affrontato da Christine Imms (La Trobe University di Melbourne, Australia), che ha riportato i risultati di una ricerca condotta sulla partecipazione di bambini australiani. Da questi dati è emerso che malgrado le loro aspirazioni siano simili a quelle degli altri bambini di pari età, quelli con paralisi cerebrale partecipano meno frequentemente ad attività ricreative rispetto ai coetanei e in generale sono accompagnati dai familiari.
Risultati analoghi sono stati riportati da uno studio condotto da Marco Marcelli dell’AUSL di Viterbo, sulla Qualità di vita e partecipazione di un gruppo di bambini con paralisi cerebrale (studio condotto nell’ambito di un progetto europeo), da cui è risultato che la partecipazione è ridotta rispetto alla popolazione generale, specie nelle forme più gravi e che il dolore assume un ruolo negativo importante in tutte le aree della Qualità di Vita.
Il ruolo delle nuove tecnologie per favorire la partecipazione e l’autonomia è stato infine esposto da Anna Carla Turconi dell’IRCCS Medea di Bosisio Parini (Lecco), che ha sottolineato come nel campo delle alte tecnologie vi sia stato un fiorire di nuove proposte, con la possibilità di avere a disposizione strumentazioni complesse che apriranno nuovi orizzonti nel panorama riabilitativo.
L’ultima giornata del Corso è stata dedicata alle relazioni dei coordinatori dei Gruppi di Studio GIPCI (Gruppo Italiano Paralisi Cerebrale Infantile), che nel corso degli ultimi due anni hanno approfondito, discusso e definito approcci metodologici e prassi riabilitative sulla base dell’esperienza clinica e degli apporti culturali della letteratura.
Tutte le relazioni della giornata hanno toccato argomenti di estremo interesse per gli operatori della riabilitazione: il ruolo della simbologia grafica per lo sviluppo della comunicazione e del pensiero e per l’apprendimento scolastico ed extrascolastico nel bambino con grave disabilità, sono stati illustrati da Maurizio Sabbadini dell’IRCCS Bambin Gesù di Roma.
Il trasferimento alla famiglia delle proposte terapeutiche di gioco è stato esemplificato da Angela Setaro del Dipartimento Materno Infantile di Fabriano (Ancona), attraverso dei video di casi clinici.
L’importanza delle emozioni e delle relazioni nel lavoro riabilitativo è stata raccontata da Adriana Anderloni dell’Istituto Neurologico Besta di Milano e dalla terapista Silvana Sartor dell’ULSS 12 di Venezia, con la narrazione di due casi durante una seduta di trattamento.
L’utilità della classificazione secondo l’ICF [International Classification of Functioning, Disability and Health, ovvero la “Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, fissata nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.], nella valutazione e nella definizione del progetto riabilitativo, è stata esposta da Antonio Trabacca dell’IRCCS Medea di Ostuni (Brindisi).
Infine, le terapiste dell’ASL 3 di Genova, Ambra Villani e dell’ASL 10 di Firenze Roberta Carmignani e Odoardo Picciolini dell’IRCCS Ca’ Granda di Milano hanno presentato un modello di prassi riabilitativa per i servizi territoriali, illustrando una griglia di procedure per la presa in carico del bambino con paralisi cerebrale, che ne delinea il percorso dall’accoglienza alla riabilitazione, fino agli interventi di rete e alla formazione.
Il momento conclusivo – certo il più toccante e significativo – si è avuto con l’intervento di Patrizia Vittori Fassio, madre di un bambino con forma spastica bilaterale e disordini visuopercettivi, che ha raccontato la fatica e le incomprensioni nel percorso scolastico (la cosiddetta “salita invisibile”) del figlio, che attualmente frequenta il ginnasio.
L’auspicio che la signora ha formulato è che la sperimentazione di nuove forme di collaborazione fra famiglia, insegnanti e specialisti, nel riconoscimento del valore umano di ogni persona, porti a una reale integrazione scolastica e sociale del bambino con paralisi cerebrale.
*Direttore del VI Corso di Formazione Permanente in Neuroriabilitazione dell’Età Evolutiva, organizzato a Firenze, dal 9 all’11 novembre 2011, dal GIPCI (Gruppo Italiano Paralisi Cerebrale Infantile) e dalla Fondazione Mariani.
Articoli Correlati
- L'integrazione scolastica oggi "Una scuola, tante disabilità: dall'inserimento all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità". Questo il titolo dell'approfondita analisi prodotta da Filippo Furioso - docente e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni piemontese…
- Integrazione scolastica: le nuove linee d'azione della FISH I tagli alla spesa, uniti al disinteresse governativo per il mancato rispetto della normativa, hanno determinato negli ultimi anni forti arretramenti nella qualità dell'integrazione degli studenti con disabilità realizzata precedentemente.…
- Definizione e valutazione della disabilità: com'è arretrata l'Italia! Disabile, invalido, handicappato, non autosufficiente: sono solo alcune tra le più frequenti definizioni che si incontrano nelle corpose e disorganiche leggi italiane che trattano di questi aspetti. Dietro al linguaggio,…