Malattie neuromuscolari e presa in carico: una buona base di lavoro

a cura di Stefano Borgato
Tale va infatti considerato l'Accordo sancito nel maggio di quest'anno tra il Governo, le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano e le Autonomie Locali, riguardante appunto la "Presa in carico globale delle persone con malattie neuromuscolari o malattie analoghe dal punto di vista assistenziale", che ha pienamente recepito il precedente lavoro della Consulta delle Malattie Neuromuscolari, composta anche da numerose associazioni del settore. I dubbi sull’applicazione, per altro, derivano in particolare dal fatto che gli interventi definiti nel documento dovranno attuarsi praticamente "a costo zero"

Un giovane affetto da distrofia muscolare di Duchenne, insieme alla madrePotrà diventare certamente un’importante base di lavoro quell’Accordo sancito il 25 maggio di quest’anno tra il Governo, le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano e le Autonomie Locali, riguardante la Presa in carico globale delle persone con Malattie neuromuscolari o malattie analoghe dal punto di vista assistenziale. Esso aveva pienamente recepito il lavoro della Consulta delle Malattie Neuromuscolari, istituita il 27 febbraio 2009, tramite un Decreto dell’allora Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.
Quest’ultima, presieduta da Mario Melazzini, era nata principalmente allo scopo di fornire indicazioni per lo sviluppo di percorsi assistenziali appropriati ed efficaci per le persone con malattie neuromuscolari gravi e progressive e a comporla – oltre che a membri del Ministero, rappresentanti delle Regioni e tecnici del settore – vi era stata anche una folta rappresentanza di associazioni, dalla UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) all’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), dall’ASAMSI (Associazione per lo Studio delle Atrofie Muscolari Spinali Infantili) alla FAIP (Federazione Associazioni Italiane Parateraplegici), da Famiglie SMA (Atrofia Muscolare Spinale) a Parent Project.
Il dettagliato documento conclusivo prodotto dalla Consulta, pubblicato nell’estate del 2010, aveva dunque fornito le basi all’Accordo del maggio di quest’anno.

Ma che cosa prevede in sostanza quell’Accordo? Il coinvolgimento diretto e l’impegno formale di tutti i suoi sottoscrittori a garantire, in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, varie azioni di supporto della condizione di disabilità e invalidità, percorsi di formazione e informazione, l’istituzione di centri di riferimento e di un sistema integrato per l’assistenza dei malati neuromuscolari, oltre alla valorizzazione strategica della ricerca e dell’innovazione.
Come ha efficacemente sintetizzato Luisa Politano del Servizio di Cardiomiologia e Genetica Medica della Seconda Università di Napoli, vicepresidente della Commissione Medico-Scientifica UILDM, «nelle intenzioni della Consulta (e dell’Accordo), il percorso per l’assistenza a un malato neuromuscolare dovrebbe articolarsi su tre livelli: Centri di Riferimento per la diagnosi e la certificazione; Centro di Riabilitazione, come punto di congiunzione tra Centro di Riferimento Diagnostico e Territorio, per l’individuazione della rete territoriale più idonea al paziente; Territorio, per la soddisfazione dei bisogni del paziente».
Dal canto suo, Mario Melazzini, al momento dell’Accordo, aveva definito quest’ultimo come «un documento importantissimo, grazie al quale i sottoscrittori hanno chiaramente formalizzato il proprio impegno a garantire finalmente ai malati neuromuscolari, tramite atti concreti, una presa in carico globale e percorsi di continuità assistenziale adeguati alle loro necessità e omogenei su tutto il territorio nazionale».
«La messa in pratica di quanto contenuto nell’Accordo – aveva aggiunto il Presidente della Consulta – potrà consentire il superamento delle criticità assistenziali attualmente presenti in diverse zone del nostro Paese e, dunque, un deciso miglioramento della qualità della vita dei malati e delle loro famiglie».

Un’importante base di lavoro, abbiamo detto all’inizio, e tale va considerato quell’Accordo, tenendo anche conto di alcuni fondamentali problemi con i quali dovrà scontrarsi per essere concretamente applicato.
Al di là infatti dell’attuale momento di crisi economica, finanziaria e politica – che può gravare non poco su qualunque provvedimento assistenziale e sanitario – il documento, nel suo ultimo articolo, dichiara testualmente che «dalle attività previste dal presente Accordo non devono derivare maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Un intervento “a costo zero”, quindi, da innestare per altro in una situazione assai diversa, Regione per Regione, e condizionata dalle azioni delle singole Amministrazioni Locali, con una disparità di vedute nella stessa gestione dei pazienti con malattie neuromuscolari.
Bene fa l’Accordo, dunque, a porre in primo piano, tra i principali obiettivi, l’omogeneità dell’intervento, mentre, su un altro versante, sarà quanto mai importante, a nostro parere, anche l’azione delle varie associazioni di persone con disabilità impegnate nel settore, se non altro dal punto di vista della crescita di una nuova “cultura medica e sanitaria”.

*Estratto da un testo già apparso con il titolo Un’importante base di lavoro, nel numero 175 di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Per gentile concessione.

Ricordiamo ancora che l’Accordo sancito il 25 maggio di quest’anno sulla presa in carico delle persone con malattie neuromuscolari e il documento di sintesi della Consulta Ministeriale sulle Malattie Neuromuscolari sono disponibili cliccando rispettivamente qui e qui.
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