Ha già fatto parlare molto, nei giorni scorsi, il XIII Rapporto di SOS Impresa*, intitolato Le mani della criminalità sulle imprese (Aliberti Editore, con introduzione di Marco Venturi), presentato recentemente a Roma.
Come hanno infatti dichiarato i realizzatori del documento, «possiamo affermare che la Mafia Spa si conferma come il più grande agente economico del Paese, una grande holding company articolata su un network criminale, fortemente intrecciato con la società, l’economia, la politica, in grado di muovere un fatturato che si aggira intorno ai 140 miliardi di euro con un utile che supera i 100 miliardi di euro al netto degli investimenti e degli accantonamenti, e 65 miliardi di euro di liquidità».
E ancora, «il solo ramo commerciale della criminalità mafiosa e non, che incide direttamente sul mondo dell’impresa, sfiora i 100 miliardi di euro, pari a circa il 7% del Prodotto Interno Lordo nazionale. Una massa enorme di denaro, quindi, che passa quotidianamente dalle tasche dei commercianti e degli imprenditori italiani a quelle dei mafiosi».
Dati, purtroppo, non nuovi, ma in continua evoluzione, sui quali non intendiamo dilungarci ulteriormente, dopo i vari, autorevoli commenti espressi in altre sedi. Ci è sufficiente ricordare, come nota generale, quanto dichiarato nel Rapporto, ovvero che «a giocare a favore delle organizzazioni mafiose vi è naturalmente anche la crisi economica che rende “appetibili” i soldi delle mafie».
C’è però un passaggio del documento che ci sembra assolutamente opportuno da sottolineare e sul quale non sono stati in molti a soffermarsi. Leggiamo infatti nella sintesi proposta da SOS Impresa, al capitolo intitolato I nuovi settori di investimento, che «gli interessi delle mafie si sono spostati anche in settori nuovi e per certi versi imprevedibili», come ad esempio, «nello sport (gestione di società dilettantistiche e semi-professioniste, impianti sportivi e scommesse clandestine), nell’autotrasporto e nella logistica, nei servizi di vigilanza dei locali notturni», ma anche «nel comparto sanitario, ovvero nella gestione di cliniche private, di centri diagnostici, di residence per anziani, di servizi per disabili e nelle mense».
Considerazioni, quindi, del tutto significative, certo già “nell’aria” da tempo, ma ora confermate anche da un’analisi dettagliata e suffragata da dati sicuri. (S.B.)
Ringraziamo Legacoopsociali per la segnalazione.
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