«Le organizzazioni sanitarie sono chiamate oggi ad affrontare la sfida delle patologie croniche: tra queste, le malattie neuroftalmiche, che portano a ipovisione o cecità»: queste le parole di Grazia Conforti, della Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia, in apertura dell’incontro pubblico denominato Ipovisione in età evolutiva: servizi in una rete regionale integrata, tenutosi recentemente presso l’Istituto Scientifico Medea–La Nostra Famiglia di Bosisio Parini (Lecco).
«È importante – ha proseguito Conforti – parlare di rete tra gli enti territoriali. La Legge 284/97 ha istituito i Centri Specializzati per la Riabilitazione Visiva. In Lombardia ne esistono dodici, di cui solamente due (Medea e Mondino di Pavia) dedicati alla riabilitazione dei bambini». Diventa quindi importante favorire la circolazione delle informazioni e la collaborazione tra i diversi attori: famiglie, associazioni, scuola e servizi, e in particolare i servizi provinciali per disabili sensoriali, come hanno sottolineato i referenti delle Province di Sondrio (Lucia Angelini), Lecco (Marilanda Failla Daccò), Varese (Gabriella Dotti), Como (Bruno Venturini) e Monza e Brianza (Rosaria Volpe).
«Bisogna sempre partire da una diagnosi clinica precisa – ha sottolineato Renato Borgatti, primario dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva del Medea e responsabile del Centro Ipovisione -, ma non ci si può limitare a questa. Per una rete regionale integrata è importante infatti affiancare agli aspetti medici e riabilitativi quelli di assistenza ed educazione da svolgere sul territorio di pertinenza. Il primo passo per favorire questa integrazione è un portale dedicato [consultabile dal sito dell’Istituto Medea, cliccando qui, N.d.A.], al quale partecipano i servizi e le associazioni di cinque Province che operano nel campo dell’ipovisione. Puntiamo infatti a un intervento capillare, che aiuti le famiglie e le scuole ad affrontare il problema. E del resto, vista l’attuale crisi economica, dobbiamo cercare di utilizzare al meglio le risorse disponibili».
All’incontro di Bosisio Parini erano presenti, oltre ai servizi provinciali, anche le associazioni che operano sul territorio: «Segnalo alcune urgenze – ha dichiarato ad esempio Nicola Stilla, presidente dell’UICI Lombardia (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) -, tra cui, fondamentali, quella della formazione e dell’informazione: i terapisti del territorio, infatti, non sempre hanno le conoscenze per interpretare e strutturare le indicazioni riabilitative date dai Centri e la scuola non è in grado di dare risposte ai bisogni educativi dei bambini ipovedenti e non vedenti. Per non parlare del supporto psicologico alle famiglie».
«L’esperienza dei genitori il cui figlio non risponde alle attese, ma presenta disabilità – ha aggiunto Donatella Falaguerra, referente dell’AFIN (Associazione Famiglie Ipovedenti Non Vedenti delle Province di Como e Lecco) -, è come un viaggio programmato nei minimi particolari in un dato posto che improvvisamente cambia destinazione». «Per questo – le ha fatto eco Silvia Truccolo, dell’AGERANVI (Associazione Genitori Ragazzi Non Vedenti e Ipovedenti) – abbiamo bisogno di una rete di sostegno esterna che dia più consapevolezza e informazioni alle famiglie».
Successivamente, Giuseppina Giammari, neuropsichiatra dell’IRCCS Medea, ha sottolineato che «nel bambino ipovedente la grave disabilità visiva congenita o precoce influisce su numerose aree di sviluppo, perché la funzione visiva è uno strumento di interazione con la realtà privilegiato rispetto agli altri canali sensoriali».
L’ipovisione è quindi più grave quando colpisce un bambino, perché alla nascita il sistema visivo non è ancora sviluppato e una lesione congenita o precoce ne impedisce la maturazione. Spesso, dunque, il bambino ipovedente usa poco o male il suo residuo visivo e non lo integra con gli altri canali sensoriali. Pertanto, a fianco della valutazione neuroftalmologica, è necessaria anche una valutazione funzionale, mirata a comprendere come vede, o meglio come guarda, il bambino ipovedente, come utilizza il residuo visivo e quali strategie devono essere messe in atto per facilitare l’acquisizione delle competenze.
In breve, i casi di ipovisione infantile sono complessi e per affrontarli è necessario un team di diversi specialisti: per questo motivo, all’IRCCS Medea, nella stessa giornata dell’incontro, sono stati inaugurati i nuovi spazi del Centro di Riferimento Regionale per l’Ipovisione in Età Evolutiva, dove operano quattro neuropsichiatri, tre oculisti, tre riabilitatori, un assistente sociale, uno psicologo e due pedagogisti.
Il Centro effettua valutazioni diagnostiche e funzionali, formulazioni di indicazioni riabilitative, attività riabilitativa, centro ausili, attività di ricerca e formazione. Nel 2010 ha preso in carico 466 pazienti ipovedenti, per un totale di 6.571 prestazioni.
Da segnalare, in conclusione, che i nuovi spazi del Centro sono stati ristrutturati grazie alla campagna di raccolta fondi Facciamo crescere insieme l’ospedale amico, attivata a suo tempo per la ristrutturazione dell’intero quarto padiglione nel quale è ubicato il Centro stesso: «Fino ad oggi abbiamo raccolto 2.574.617,00 euro, pari al 51,49% della cifra necessaria alla ristrutturazione – afferma soddisfatto Giovanni Barbesino, responsabile del fund raising del Medea -. Non mi stancherò mai di ringraziare quanti ci hanno sostenuto: si tratta di cinque Fondazioni, venti Associazioni, quaranta Aziende e duemila persone. Si tratta di un regalo prezioso per tutti i bambini di cui ci prendiamo cura». (Cristina Trombetti)