I «nuovi vestiti» degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari

di Franco Rotelli*
Al di là delle dichiarazioni d'intento («definitivo superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari» e «destinazione a strutture puramente sanitarie»), ci sono in realtà dei grossi rischi nel provvedimento licenziato pochi giorni fa dal Senato, che ha stabilito la chiusura, entro il marzo del 2013, dei cosiddetti OPG (gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, appunto, ovvero i vecchi "manicomi criminali"). E segnatamente che le persone restino ugualmente internate anche dopo l'applicazione tale norma, in strutture certo meno fatiscenti, di quelle che oggi versano in condizioni spaventosamente degradanti, ma pur sempre in luoghi d'internamento. Vediamo perché

Ombra di uomo con le mani sulla testa«È un fatto positivo, ma bisogna ora evitare che al posto degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) nascano “mini OPG”, magari uno in ogni Regione»: questo il commento di Stop OPG – comitato voluto da numerose organizzazioni del Terzo Settore, oltreché sindacali, impegnato per l’abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari – dopo l’approvazione nei giorni scorsi, da parte del Senato, dell’emendamento che fissa al mese di marzo del 2013 il termine per attuare le leggi vigenti sulla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.
«Abbiamo già espresso la preoccupazione – aggiungono i rappresentanti del Comitato – che le strutture residenziali previste in sostituzione dei vecchi OPG finiscano per riprodurre situazioni simili agli ospedali psichiatrici. E che le persone restino internate, in strutture certo meno fatiscenti, ma pur sempre in luoghi di internamento. Mentre l’alternativa all’OPG, come per i manicomi, è offrire ad ogni persona un percorso di cura, di assistenza e di inclusione sociale nel territorio, e non solo il ricovero in strutture, che finisce per escludere e recludere».
«Per questo – concludono – il voto del Senato ci spinge a insistere con il Governo, la Conferenza delle Regioni e nelle singole Regioni, con la campagna
Un volto, un nome, per restituire cittadinanza ad ogni persona. E quindi anche a proporre l’urgenza di una legge che abolisca definitivamente l’istituto giuridico dell’OPG».
Sull’importante tema sempre Stop OPG ci segnala anche l’interessante documento di Franco Rotelli, presidente della Conferenza Permanente della Salute Mentale nel Mondo “Franco Basaglia”, cui ben volentieri diamo spazio qui di seguito.

I fatti sono noti: negli ultimi due anni, anche a seguito di diverse denunce delle Corti di Giustizia europee, la Commissione d’Inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale del Senato italiano, presieduta da Ignazio Marino, ha sviluppato un’indagine sui sei Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG), in cui sono oggi internate circa 1.400 persone.
L’indagine ha svelato ai mass media e alle Istituzioni tutte la realtà inaccettabile di questi istituti: le spaventose condizioni logistiche e organizzative, i trattamenti disumani, le morti frequenti, gli abusi riguardo alla durata dell’internamento. Questa opera, assolutamente meritoria, della Commissione, rischia ora di trovare un esito che non può che destare profonde preoccupazioni.
Il 25 gennaio scorso, infatti, il Senato ha approvato un emendamento, da aggiungere al cosiddetto Decreto Svuota Carceri, in cui si indicano Disposizioni per il definitivo superamento degli OPG. In sintesi, l’emendamento prevede che a decorrere dal 31 marzo 2013, le misure di sicurezza del ricovero in OPG «siano eseguite esclusivamente all’interno di strutture sanitarie» i cui requisiti – strutturali, tecnologici e organizzativi – saranno definiti entro il 31 marzo 2012 da un ulteriore Decreto, elaborato in concerto tra il Ministro della Salute, il Ministro della Giustizia e la Conferenza Permanente Stato-Regioni.
Tali strutture dovranno essere a esclusiva gestione sanitaria, prevedendo un’attività perimetrale di sicurezza e vigilanza esterna, destinate di norma a soggetti provenienti dal territorio regionale in cui sono ubicate. Il Decreto approvato esplicita tra l’altro, in maniera positiva, che «le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose, devono essere senza indugio dimesse e prese in carico, sul territorio, dai Dipartimenti di salute mentale».
Il Decreto prevede un finanziamento di 120 milioni di euro per l’anno 2012 e di 60 milioni di euro per l’anno 2013, per la realizzazione delle strutture residenziali. Prevede inoltre la spesa di 38 milioni di euro per il 2012 e di 55 milioni di euro annui, a decorrere dal 2013, per concorrere alla copertura degli oneri di esercizio delle residenze psichiatriche in oggetto.

Ora, al di là delle dichiarazioni di «definitivo superamento degli OPG», e «destinazione a strutture puramente sanitarie», che suonano straordinariamente positive, in realtà:
1) la nuova legislazione non tocca minimamente gli articoli dei Codici – Penale e di Procedura Penale – riferiti ai concetti di pericolosità sociale del “folle reo”, di inincapacità e di inimputabilità, che determinano il percorso di invio agli OPG, e quindi, d’ora in poi, l’invio alle nuove “residenze psichiatriche”. Residenze psichiatriche non meglio denominate, il cui numero resta affidato all’arbitrio delle Regioni e le cui caratteristiche dovranno fare riferimento a un Decreto tutto da elaborare, le cui finalità restano integralmente quelle proprie della gestione di una misura di sicurezza detentiva;
2) è anche troppo facile prevedere la moltiplicazione di queste residenze, ognuna di esse prevista in prima istanza come dotata di venti posti letto (numero poi scomparso in sede di definitiva approvazione del Decreto in aula).
Negli ultimi anni, le deplorevoli condizioni degli OPG, la crisi molto esplicita dei concetti di “inimputabilità” e di “pericolosità sociale” nel dibattito culturale e scientifico, hanno sicuramente contribuito a una notevole cautela da parte di numerosi Magistrati nell’invio dei pazienti agli OPG. L’allestimento di “nuove residenze psichiatriche”, che si potranno supporre più appropriate sotto il profilo logistico, e più assistite sotto il profilo sanitario, legittimeranno le varie istanze sanitarie e giudiziarie ad abbassare la soglia di accesso ai nuovi surrogati degli OPG. È facile prevedere dunque un notevole aumento del numero degli internamenti, mentre nulla garantisce che l’abnorme sistema di proroghe delle misure di sicurezza, attualmente utilizzato, venga in qualche modo meno;
3) la condizione in cui versa la gran parte dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura nel nostro Paese – spesso a porte chiuse, con sistemi di videosorveglianza, con l’estesissimo utilizzo di mezzi di contenzione fisica per soggetti che nessun reato hanno commesso – lascia facilmente intravedere quali saranno le reali strutturazioni delle nuove residenze psichiatriche per soggetti che hanno commesso reati, e che sono considerati in sentenza “pericolosi a sé e agli altri”;
4) rinnovare con legge, nel 2012, la legittimità del concetto di “pericolosità sociale” collegato all’infermità mentale (concetto considerato ormai, da giuristi e psichiatri, privo di qualsiasi base scientifica ed empirica), e della nozione di “totale incapacità di intendere e di volere” – pur essa fortemente criticata da più parti negli ultimi decenni – significa assumersi la grave responsabilità di contrasto allo spirito e alla lettera della Legge 180/78, che aveva spazzato via il nesso “malattia-pericolosità”, e che ha sostenuto con forza la responsabilità e i diritti di ogni Cittadino, tra cui sta il diritto di essere giudicato e – se reo – condannato;
5) la proliferazione di residenze ad alta sorveglianza, dichiaratamente sanitarie, riconsegna agli psichiatri la responsabilità della custodia, ricostruendo in concreto il nesso “cura-custodia”, e quindi la responsabilità penale del curante-custode;
6) si continua a non stabilire garanzia alcuna per l’internato, a differenza del regime carcerario, in cui quanto meno una serie di garanzie per i detenuti – in primis quella della certezza di fine pena – esistono in misura molto articolata. Rifondare nel 2012 misure specifiche per i “folli rei”, ribadisce un nesso inaccettabile, ripropone uno stigma di carattere generale, ricollega a sistemi di sorveglianza e gestione esclusiva da parte degli psichiatri, ovvero tutte le caratteristiche dei manicomi;
7) si osserva tra l’altro, marginalmente, l’inconsistenza dell’ipotesi di realizzare, nel corso del 2012, la spesa di 120 milioni di euro per la realizzazione di strutture. Neppure con procedure di straordinaria emergenza, tempi di questo genere sono plausibili per il nostro Paese, ed è quindi del tutto evidente che si assisterà a una proliferazione di offerta da parte di strutture private, pronte o rapidamente allertate ai fini previsti dalla Legge (sarà allora meglio destinare quei 120 milioni a più utili fini, a favore dei Dipartimenti di Salute Mentale).
Si osserverà, infine, che la mancata modifica dei Codici, laddove prevedono espressamente la misura di sicurezza in OPG, porrà non pochi problemi interpretativi.

In definitiva, il nostro giudizio sull’affrettato dispositivo legislativo resta di grande allarme. Al di là delle certe buone intenzioni del Legislatore, la nuova norma configura infatti un attacco formidabile alla Legge 180/78, e il rischio di una prosecuzione sine die e in dimensioni non prevedibili dell’istituto della misura di sicurezza: istituto non a caso pensato e sancito in piena epoca fascista, e della cui persistenza nei nostri Codici non si sentiva assolutamente il bisogno.
Proponiamo quindi, come ancor più impellente, una modifica legislativa che aggredendo il nocciolo delle questioni (articolo 88 del Codice Penale [“Vizio totale di mente”: «Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d’intendere o di volere», N.d.R.], e tutta la legislazione collegata), abroghi definitivamente davvero il manicomio giudiziario, abrogando le leggi che ne determinano, sotto qualsiasi nuova veste, la persistenza in vita.
Si tratta di smontare i concetti di “pericolosità” e di “inimputabilità”, il doppio binario delle misure di sicurezza, restituendo al generale ordinamento penale le persone con disturbo mentale.
Di fronte alla giustizia non deve più esistere il “folle reo” (1), ma solo un reo che, se infermo di mente, incontrerà misure alternative in sede di esecuzione della pena: misure già ampiamente previste dalla legislazione vigente di fronte a diverse infermità, e forse da ulteriormente precisare nella fattispecie dell’infermità mentale.

Resta l’auspicio che la Camera dei Deputati possa intervenire a modificare il testo del Senato, evitando la riproposizione di strutture deputate al mero scopo di custodire i “folli rei”, valorizzando invece i servizi dei Dipartimenti di Salute Mentale, che potrebbero e dovrebbero essere potenziati anche al fine di prendere in carico le persone attualmente inviate in OPG.
Dunque proponiamo che, se la Camera dei Deputati dovesse invece approvare il testo già passato al Senato, il Ministero della Salute venga almeno impegnato dal Parlamento a erogare immediatamente alle Regioni i finanziamenti previsti per l’esercizio dell’attività, di 38 milioni per il 2012 e di 55 milioni per il 2013, allo scopo di finanziare Progetti Terapeutico-Riabilitativi Individualizzati (PTRI) a favore degli attuali internati negli OPG. Utilizzando questi budget individualizzati di cura, i Dipartimenti di Salute Mentale di origine potranno (dovranno) prendere in carico, attraverso le strutture e i servizi già oggi presenti e disponibili, i soggetti da dimettere dagli OPG, stabilendo criteri, vincoli e tempistiche certe, di concerto con le Regioni.
Questi due provvedimenti – uno legislativo, di abrogazione, e uno amministrativo, di allocazione di finalizzate risorse, personalizzate attraverso il budget di cura – costituivano la strada maestra da seguire. Si è invece scelto un pericoloso ibrido che, qualora confermato, richiederà di vigilare a ogni livello per ridurre il numero delle nuove strutture istituite, le loro caratteristiche custodialistiche, l’abuso del loro utilizzo. Continuiamo a sperare di meglio dal Parlamento.

Note:
(1) Nessuno ha mai immaginato di costituire strutture deputate ai “diabetici rei” o ai “cardiopatici rei”. L’essenza del problema di cui parliamo deriva dalla persistenza di un pregiudizio ideologico, totalmente infondato, che collega l’infermità mentale alla probabilità più elevata di commissione di reati, quindi di pericolosità, quindi di rapporti di causa-effetto tra malattia mentale e reato. Se può essere vero che la malattia mentale può ridurre la capacità di discernere e/o di volere delle persone, quel che rileva è che, dovendo lo Stato giudicare i fatti e non le persone, il numero di reati commesso da persone inferme di mente è infinitesimo rispetto al numero di reati compiuti in generale e rispetto all’elevato numero di persone affette da malattia mentale (1%, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e quindi circa 600.000 persone in Italia). Ne deriva il non senso del nesso “folle-reo” e di tutte le misure che su questo binomio totalmente ideologico si fondano.

*Presidente della Conferenza Permanente della Salute Mentale nel Mondo “Franco Basaglia”. Il presente testo è già apparso nel sito del Comitato Stop OPG, con il titolo I nuovi vestiti degli Ospedali psichiatrici giudiziari (a proposito di una legge molto “pericolosa”), che lo ha segnalato alla nostra redazione per la pubblicazione. Lo abbiamo ripreso, con alcuni lievi riadattamenti al contesto.

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