Quando la neve rende «disabili»

di Camillo Gelsumini*
«La neve - scrive Camillo Gelsumini, in questo suo incisivo "sfogo" dall'Abruzzo - è una barriera, più o meno come quelle che noi disabili troviamo sui nostri percorsi quotidianamente. Persone che si reputavano forti e gagliarde, all'improvviso si sono trovate bloccate in casa e giù, tutte a lamentarsi in televisione sul fatto che nessuno era andato a spalare la neve davanti casa loro... Chissà se questa esperienza di alcuni giorni "da disabili" ha infuso in qualcuno un po' di consapevolezza in più!»

Persona in carrozzina spinta sulla neveÈ arrivata la neve e con essa tanta allegria per il bambini, felicità per i ragazzi che non vanno a scuola e sconforto, disagi e problemi per gli adulti. I disabili probabilmente tutti reclusi in casa, agli “arresti domiciliari”… non esistono, infatti, gomme termiche o catene da carrozzina.
Si sa che d’inverno può capitare che nevichi, anche abbondantemente. Allora perchè tutte queste lamentele e questa impreparazione? Un disabile cinico, quale io sono, potrebbe pensare: «Finalmente molti possono sperimentare sulla propria pelle, a poco prezzo, cosa significhi trovarsi in presenza di barriere». Eh sì, la neve è una barriera, più o meno come quelle che noi disabili troviamo sui nostri percorsi quotidianamente.
Persone che si reputavano forti e gagliarde, all’improvviso si sono trovate bloccate in casa e giù, tutte a lamentarsi in televisione sul fatto che nessuno era andato a spalare la neve davanti casa loro; facevano quasi pena… il Comune non ha fatto niente… la Provincia non ha mandato i mezzi ecc. ecc. Solo una magnifica nonnina di 84 anni ha candidamente confessato di avere spalato tutto il passaggio davanti a casa sua, da sola.
Sicuramente anche qualcun altro lo avrà fatto, ma, tra tutti, quella nonnina meriterebbe un encomio e la ribalta nazionale, perché rappresenta una delle poche superstiti di un’umanità che non esiste più, quell’umanità che si rimbocca le maniche, che ha il coraggio di fare da sé e non aspetta la manna dal cielo.
Nel mio quartiere non ho visto nessuno, dei tanti uomini abili, uscire di casa propria con una pala in mano, forse che all’improvviso sono diventati tutti “disabili” come me?

Ho un’età che mi permette ancora di ricordare che quando nevicava, tanti anni fa, il vicino di casa della mia famiglia spalava tutto il piazzale e faceva pure un pupazzo di neve, anzi, una “pupazza”, perché aveva le tette e – spudorato l’autore – del carbone tra le tozze gambe appena accennate. Erano altri tempi, altre generazioni, sicuramente più solidali e generose: non avevano paura di fare qualcosa per la collettività gratuitamente.
Una riflessione: questa società che abbiamo costruito, piena di tante inutilità, si dimostra “handicappante” al primo imprevisto, che sia un terremoto, l’alluvione, la neve o… un naufragio. L’handicap non è tanto fisico, quanto psicologico; la deresponsabilizzazione globale rende tutti inermi, incapaci di reagire, inetti. Nessuno pensa più a se stesso come a una risorsa per la società, ma tutti si aspettano che intervenga qualcun altro; sono tutti (fatte salve le dovute eccezioni) privi di iniziativa personale e incapaci di pensare che sì, proprio tutti noi, possiamo fare qualcosa di utile per la collettività.
Chissà se questa esperienza di alcuni giorni “da disabili” ha infuso in qualcuno un po’ di consapevolezza!
E comunque… italiani, supposti di sana e robusta costituzione fisica, forza, prendete una pala e scendete in strada!

*Presidente della UILDM di Pescara-Chieti (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e componente del Movimento per la Vita Indipendente dell’Abruzzo, il cui presidente Nicolino Di Domenica condivide a sua volta i contenuti del presente testo.

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