«Tutto comincia da un sogno». E da quella telefonata, un giorno, di Eleonora: «Ti aspettano in Francia per provare, si danza su un vero palcoscenico». A Eleonora, ballerina e amica, Simona aveva confidato quel sogno: «Danzare su un vero palcoscenico».
Chissà se ha pensato al sogno, quando era lì, sul palco di Sanremo, a danzare sulle – bellissime – coreografie di un maestro come Daniel Ezralow, con musiche che ogni generazione fa sue come quelle dei Nirvana, se poi il violino lo suona David Garret diventa incantesimo: lei, nata senza braccia, ad aprire il Festival danzando.
«Cosa ti manca per essere felice?»: la domanda è il titolo del libro scritto da Simona Atzori [Milano, 2011. Se ne legga, sempre di Claudio Arrigoni, il testo disponibile cliccando qui, N.d.R.]. Chi si è accorto, in quella danza, che le mancava una parte del corpo? Chi non ha visto le braccia e invece ha ammirato quei movimenti, quel corpo, quel talento e quell’armonia?
L’unicità di Simona è quello che è: nascondere che non ha le braccia è sbagliato. Ci pensa la danza. A far capire che la diversità è in tutti. Simona è fantastica per quello. Oscar Pistorius non è il migliore, è fra i primi 15 sprinter del mondo sui 400 metri. Chi si ricorda anche uno solo degli altri 14? Oscar è conosciuto nel mondo perché fa quello che fa in maniera straordinaria senza gambe. Questa è la sua grandezza. Senza vergogne. Questa è la grandezza di Simona. Non nascondere la realtà. Sublimarla.
Vederla e pensare a Candido che, lassù, era commosso, al «…le sue braccia sono rimaste in Cielo, ma nessuno ha fatto tragedie…», scritto come sa fare lui, alla passione per Simona, a quella copertina di E li chiamano disabili voluta dalla moglie, Franca, ballerina splendida, che ben sa come la danza non fa differenze, esalta ciò che c’è e ciò che manca [il riferimento è all’indimenticato giornalista Candido Cannavò e al suo libro del 2005 E li chiamano disabili, che recava proprio Simona Atzori in copertina e del quale si può leggere anche nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.].
La danza di Simona all’Ariston di Sanremo ha mostrato che qualcosa sta cambiando. Grazie a lei e a quelli, testardi e pieni di talento, come lei.
Morandi non ha raccontato la sua storia, ha detto il suo nome. Un ricordo personale per spiegare meglio. Era il 2006, Simona è la protagonista della Cerimonia di apertura della Paralimpiade di Torino, una delle più belle della storia dei Giochi, trasmessa in mondovisione, per la prima volta nella storia paralimpica in tutti i continenti, centinaia di milioni di persone a vederla.
Per averla in diretta sulla RAI fu necessario un compromesso. Ero nel Comitato Organizzatore della Paralimpiade, al quinto piano di viale Mazzini ci (oltre a me, fra gli altri, c’erano Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano Paralimpico, e Tiziana Nasi, presidente del Comitato Paralimpico di Torino) ricevettero l’allora Presidente della RAI e un dirigente tuttora in auge. «Se la fate in prima serata non la mandiamo in diretta»: questo disse quel dirigente. Non volle sapere nulla di quello spettacolo fantastico, non volle sapere di Ligabue (qualche settimana prima lo avevano inutilmente implorato di andare a Sanremo) e Zanardi, di Messner e di quella freccia di Paola Fantato (prima al mondo a partecipare nello stesso anno a Olimpiade e Paralimpiade, un vanto mondiale dello sport) che abbatteva le barriere. Niente. Si parlava di Giochi per disabili, la prima serata non andava bene. Ripeteva solo: «O partite alle 18 o niente diretta».
Un incompetente ( che naturalmente ora è salito di grado). Anche perché, fra le 18 e le 20, la Cerimonia coinvolse oltre 2 milioni di spettatori. Figurarsi fosse stata in prime time. Cedemmo, fu spostato l’orario: caso più unico che raro in una cerimonia olimpica e paralimpica, si cominciò nel tardo pomeriggio in un evento nato per il buio e i giochi di luce. Inizio non promettente.
Finalmente, ecco Simona. Mancano pochi minuti ai fuochi d’artificio conclusivi. In tribuna c’era il Presidente Ciampi con la moglie. Diretta su Raidue, sto commentando insieme a Lorenzo Roata, colonna dello sport paralimpico in RAI. Sono le 20.15, mancano pochi minuti alla conclusione, è il momento più emozionante: Simona sta ballando un tango magnifico. In cuffia, ci comunicano: «Due minuti e chiudere». Chiudere?!? Chiudere?!? Ma sta danzando Simona Atzori, come chiudere?!? Tentiamo di farlo capire. Niente: «Un minuto, 30 secondi…». E Simona danzava. «Chiudere, 10, 9. 8…». Un tango indimenticabile. «3, 2, 1…». La gente era estasiata, Simona si muoveva come sa fare lei, come ha fatto davanti a Giovanni Paolo II al Giubileo 2000, come farà a Sanremo 2012. Ma quel funzionario, sconosciuto e probabilmente nemmeno redarguito, non se ne accorse. «Ok, siete fuori…». Ci venne da piangere. Guardammo lo schermo: stavano andando in onda i cartoni animati di Tom&Jerry, mentre si attendeva il Tg della sera…
Il presente articolo viene qui riproposto, con alcuni adattamenti al contesto, da InVisibili, blog del «Corriere della Sera», per gentile concessione. Il titolo del pezzo originale è Simona che sublima la realtà, la danza a Sanremo e quel giorno che la Rai tagliò la sua arte. Con un pensiero a Candido.
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