Egregio Presidente Monti, sono la mamma di due splendide ragazze di 27 e di 25 anni, Claudia e Silvia. Silvia è gravemente cerebrolesa per un trauma da parto dovuto a un errore medico, tanto grave quanto grossolano. Sono anche una lavoratrice della Regione Veneto e vicepresidente dell’ABC Triveneto (Associazione Bambini Cerebrolesi).
Mi rivolgo a lei per metterla a conoscenza della mia grande delusione quando mi sono resa conto che anche per il suo Governo, noi genitori di figli gravemente cerebrolesi non esistiamo, siamo invisibili. Nella riforma sulle pensioni, infatti, non si fa il minimo accenno ai lavoratori genitori di ragazzi gravemente disabili.
Le porto il mio esempio: nata nel 1952, qualche mese fa avevo la possibilità di andare in pensione all’età di 60 anni, con trentacinque anni di anzianità; ora scopro che devo andare in pensione, altrimenti ne sarei molto penalizzata, all’età di 67 anni.
Non nego di essere una lavoratrice fortunata; il mio è un posto fisso nella Pubblica Amministrazione e usufruisco senza problemi di permessi di legge. A lavorare ci vado molto volentieri. Mi piace il lavoro, e per me costituisce anche una breve interruzione dai problemi di mia figlia.
Sì, perché, Caro Presidente, accudire figli gravemente cerebrolesi rappresenta un impegno che mette a dura prova il corpo e la mente, giorno e notte, tutti i giorni dell’anno. Inutile dire che li seguiamo con tutto il nostro amore e la nostra dedizione, con la speranza di rendere la loro vita degna di essere vissuta. La nostra è una lotta quotidiana nella quale, spesso, non ci sono né vincitori né vinti, e riempiamo un grosso buco nell’assistenza pubblica.
Per tale motivo mi permetto di suggerirle di inserire nella sua riforma sulle pensioni un piccolo articolo di deroga, tenendo conto anche del fatto che – fortunatamente – noi lavoratori/genitori di gravi cerebrolesi siamo in pochi e non peseremmo così tanto sulle casse dello Stato, che per altro risparmierebbe sui costi dell’assistenza.
Mi preme spiegarle anche il motivo per il quale dovrebbe essere fatta la precisazione “genitori di figli cerebrolesi gravi”.
Noi spesso veniamo confusi con un’altra categoria di persone che usufruisce di permessi come da Legge 104/92 e del congedo parentale retribuito: i figli di genitori non autosufficienti. Noi siamo distanti da quest’ultima categoria anni luce e penso che lei possa facilmente intuirne il motivo. A tale categoria, infatti, appartiene “quasi tutta l’Italia”: chi, viste le aspettative di vita del nostro tempo, non è figlio di un genitore non autosufficiente? Io, ad esempio, in quanto dipendente regionale, credo di essere non dico l’unica, ma quasi, ad usufruire dei permessi concessi dalla Legge 104/92 e del congedo parentale retribuito come genitore di un figlio gravemente cerebroleso. La maggior parte dei miei colleghi che ne usufruiscono appartengono alla categoria dei figli di genitori non autosufficienti.
Presidente, noi siamo una “categoria speciale”, e in quanto tali dobbiamo essere trattati. La famiglia composta da genitori con un figlio disabile grave è come una “sfera di cristallo finissimo” in cui alberga l’essenza della vita, con tutto l’amore, la disperazione, il dolore e la felicità del mondo. Basta, tuttavia, un soffio di vento un po’ più forte per rompere quella sfera di cristallo in mille pezzi.
Il dolore non si può dividerlo con nessuno, ma la comprensione e la solidarietà degli esseri umani possono renderlo più sopportabile.
Spero quindi che questa mia missiva possa aiutare tanti genitori che si trovano ad affrontare ogni giorno il difficile compito di aiutare i propri figli feriti a morte.
*Madre di Silvia, persona con grave cerebrolesione e vicepresidente dell’ABC Triveneto (Associazione Bambini Cerebrolesi).
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