Basta usare le parole «ritardo» o «ritardato»!

di Claudio Arrigoni*
C'è una campagna mondiale, lanciata nel 2004 da Special Olympics, che punta all'abolizione dei termini "ritardato" e "ritardo mentale", per contribuire a una giusta considerazione delle persone con disabilità intellettiva e relazionale, educando sui danni che possono venire da quelle parole, non sempre considerate sbagliate, mentre lo sono molto. Vediamo perché

Lauren Potter, attrice americana con sindrome di DownLa lista non è lunghissima, ma di quelle importanti: la cantante Lady Gaga, il cestista NBA LeBron James, l’attrice Jennifer Aniston, l’ex capo dello staff della Casa Bianca Rahm Emanuel. E si potrebbe continuare con molti altri personaggi famosi: è la lista di quelli che si sono scusati. Per avere usato una parola sbagliata: retarded, “ritardato”.
L’uso corretto delle parole riguardo alle categorie deboli è un tema molto interessante, da approfondire e mi riprometto di farlo prossimamente. Qui ci occupiamo della campagna per l’abolizione mondiale del termine “ritardato”, lanciata nel 2004 da Special Olympics, organizzazione che promuove lo sport per persone con disabilità intellettiva e relazionale, nata nel 1971 da un’idea di Eunice Kennedy Shriver, e da Best Buddy, una no profit sempre legata alla Fondazione Kennedy.
Special Olympics, il cui presidente è Tim Shriver, figlio di Eunice, è presente in tutto il mondo ed è da sempre attenta al linguaggio, fornendo nei suoi eventi mondiali indicazioni sui termini da usare (se ne legga ad esempio cliccando qui) e come usarli. In Italia il presidente è Angelo Moratti e la dirige Alessandra Palazzotti.
La campagna si chiama R-Word e invita a eliminare in particolare la parola retarded. Lo slogan – creato dai giovani presenti ai Giochi Invernali di Special Olympics del 2009 – è Spread the word to end the word, “Diffondi la parola per porre fine alla parola” (suona bene in inglese, meno in italiano). L’obiettivo è quello di contribuire a una giusta considerazione delle persone con disabilità intellettiva e relazionale, educando sui danni che possono venire da quelle parole, che non sempre sono considerate sbagliate, mentre lo sono molto. Spesso non sono utilizzate con reale malizia o cattiveria, ma solo perché “si usa dire così”.
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama (anche a lui era sfuggita una battuta qualche tempo fa, proprio riguardante Special Olympics, poi corretta: infatti, in un discorso pronunciato durante la campagna elettorale al The Tonight Show di Jay Leno nel marzo del 2009, riferendosi in maniera ironica a una sua prestazione nel bowling l’aveva apostrofato con “è una roba da Special Olympics”, “This is like Special Olympics or something”), ha firmato nell’ottobre del 2010 la Rosa’s Law, legge che elimina i termini “ritardo mentale” e “mentalmente ritardato” dalla politica statunitense su educazione e lavoro, sostituendoli con quelli più appropriati di “persona/individuo con una disabilità intellettiva” e “disabilità intellettiva”.

Anche il mondo dello spettacolo e dello sport sostiene la Campagna R-Word. Due star di Glee, serie cult negli Stati Uniti, trasmessa da Fox e arrivata anche in Italia (una specie di Saranno Famosi – per chi ricorda quella serie meravigliosa – rivisto oggi), Jane Lynch e Lauren Potter (attrice, quest’ultima, con la sindrome di Down) spiegano come sia sbagliato usare un linguaggio che può essere offensivo e invitano alla Campagna R-Word, comparando la parola ritarded a nigger o fag (parola denigratoria per indicare omosessuale).
L’NBA, poi, appoggia da sempre Special Olympics in R-Word. Carmelo Anthony, Dwight Howard, Chris Paul Tyson Chandler hanno firmato l’appello Spread the word to end the word e nello scorso All Star Game, durante un clinic con Tim Duncan e molti altri campioni insieme ai ragazzi di Special Olympics, è stata ricordata proprio la campagna.
Sam Perkins, che ha giocato in NBA per diciassette anni, è membro di Special Olympics da quando giocava a North Carolina e ha dichiarato: «La parola ritardo o ritardato non deve appartenere al vocabolario di nessuno, se associata a persone con disabilità intellettiva e relazionale. Non possiamo permetterlo. Spero che si smetta di usarla: è offensiva e non dev’essere usata in nessuna lingua».

«Il termine “ritardo” – spiega in una bella tesi di laurea dedicata al tema Disabilità e linguaggio Silvia Galimberti, giornalista e responsabile della comunicazione per Briantea84, una delle più attive società paralimpiche – è la versione colloquiale di “ritardo mentale”, ovvero la definizione che medici e psicologi usavano per descrivere persone con una significativa menomazione intellettiva. Oggigiorno questa parola viene usata gergalmente come sinonimo di “stupido”, scollegata dal contesto di disabilità in cui era nata. Ma anche quando non viene pronunciata per offendere una persona con disabilità, risulta comunque dannosa».
«Mentre il concetto di “ritardo mentale” non è apparso di per sé negativo ed è stato usato a lungo, quando usiamo la parola “ritardato” per descrivere qualcuno, essa può assumere  un significato sgradevole e offensivo. Il pregiudizio e la discriminazione rispetto alle persone con disabilità intellettiva sono brutte, cattive, ingiuste, sbagliate e assurde! Finiamola di usare la parola “Ritardato”. Offende le persone con disabilità e le loro famiglie»: così Special Olympics criticò Tropic Thunder, un film con Ben Stiller, dove trovavano divertente usare questa parola.
E quindi, come dicono a Special Olympics, Please stop using the word “retard” or “ritarded”, per favore smettiamo di usare la parola “ritardo” o “ritardato”.

*Il presente articolo viene qui riproposto, con alcuni adattamenti al contesto, da InVisibili, blog del «Corriere della Sera», per gentile concessione. Il titolo del pezzo originale è La parola sbagliata e la campagna di Special Olympics. Basta usare “ritardato”.

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