Una cultura accessibile non può fare a meno di materiali tecnicamente accessibili

di Maria Grazia Fiore*
E invece, approfondendo l'analisi, si può notare che, in ambito di libri di testo, le Circolari Ministeriali - come la più recente del febbraio scorso - continuano a procedere ignorando le leggi più recenti, secondo le quali tutti gli studenti che hanno bisogno di riadattare i testi alle proprie esigenze di apprendimento o di fruirne attraverso diversi canali sensoriali, dovrebbero subito disporre di quei testi, senza ingiustificati disagi e senza l'incertezza derivante dalle disponibilità di bilancio

Relazione tra caratteristiche individuali e caratteristiche del contesto vitaleI deludenti scenari tratteggiati dalla recente Circolare Ministeriale n. 18 del 9 febbraio scorso (Adozione dei libri di testo per l’anno scolastico 2012/2013 – Indicazioni operative) forniscono l’occasione per tirare un po’ le fila dello stato dell’arte in materia di testi online, accessibilità e diritto allo studio.

1. L’accessibilità del testo e del contesto
(Senza partecipazione non c’è nessuno con cui parlare, niente di cui parlare e nessun motivo per comunicare – Pat Mirenda e David Beukelman)

Com’è ben noto, nel 2001, l’Organizzazione Mondiale della Sanità è pervenuta alla stesura di uno strumento di classificazione, l’ICF che a differenza del precedente ICIDH, «non è una classificazione delle “conseguenze delle malattie” ma delle “componenti della salute”. […] La classificazione integra in un approccio di tipo “biopsicosociale” (in cui la salute viene valutata complessivamente secondo tre dimensioni: biologica, individuale e sociale) la concezione medica e sociale della disabilità. È in sostanza il passaggio da un approccio individuale ad uno socio-relazionale nello studio della disabilità. La disabilità viene intesa, infatti, come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali che rappresentano le circostanze in egli vive. Ne consegue che ogni individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in un ambiente con caratteristiche che possono limitare o restringere le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale».
Siamo di fronte a una vera e propria “rivoluzione copernicana” nel concetto stesso di disabilità che non si identifica semplicemente con una malattia e con le sue conseguenze e non viene data “una volta per tutte”.
Si tratta di una prospettiva che spinge ad interrogarci su quali siano le barriere (visibili e invisibili) che un individuo con una certa condizione di salute può incontrare in un determinando contesto, individuando al tempo stesso i facilitatori che, al contrario, favoriscono la partecipazione sociale.

L’importanza di questo approccio viene ribadita anche nelle Linee Guida per l’Integrazione Scolastica degli Alunni con Disabilità del 2009, dove si prende atto che la Diagnosi Funzionale viene elaborata dalle Aziende Sanitarie Locali in base all’ICF ed è pertanto «opportuno che il personale scolastico coinvolto nel processo di integrazione sia a conoscenza del modello in questione e che si diffonda sempre più un approccio culturale all’integrazione che tenga conto del nuovo orientamento volto a considerare la disabilità interconnessa a fattori contestuali».
Quella che viene definita – a mio parere un po’ troppo blandamente – come un’opportunità, si rivela piuttosto una necessità ancor più evidente, se consideriamo lo stato non proprio florido in cui versa l’integrazione scolastica negli ultimi tempi…
Il lungo percorso legislativo che ha portato la scuola italiana ad aprire le proprie porte alla disabilità – invece che a “gestirla” separatamente in scuole e classi speciali – ha reso questa istituzione – almeno dal punto di vista normativo – un unicum al mondo, in quanto teoricamente identificata come «contesto organizzativo potenzialmente predisposto all’apprendimento per tutti».

Parlare della dimensione inclusiva della scuola in questi termini, significa dunque porsi un problema di design for all [“progettazione universale”, N.d.R.], che richiede la duplice considerazione tanto dell’accessibilità dello spazio fisico, quanto del cosiddetto “setting di apprendimento”, intendendo per tale l’insieme delle condizioni organizzative e mentali che definisce un certo modo di fare qualcosa insieme.
Questa bidimensionalità della riflessione è alla base di una fondamentale presa in carico dei disturbi dell’apprendimento nella loro globalità [se ne legga cliccando qui, N.d.A.], nonché della presa di coscienza da parte di tutti gli operatori della scuola delle barriere che non solo l’ambiente fisico, ma la stessa maniera di “guardare” certi studenti, di agire e strutturare l’attività didattica, di scegliere e selezionare i mediatori didattici, pone loro.
Scuola come contesto organizzato per l'apprendimento «for all»Troppo spesso, infatti, ci si limita a considerare accessibile una scuola in base alla mancanza di barriere architettoniche evidenti. La mancanza di pittogrammi per qualificare i vari ambienti dell’edificio, la presenza di luci al neon, le classi troppo affollate, rumorose e/o ridondanti di stimoli sensoriali non vengono, ad esempio, considerate barriere, nel senso dell’ICF. Ma se anche fossero considerate tali, ciò non basterebbe a garantire l’accessibilità di quello che è ancora considerato come la “pietra angolare” dell’organizzazione scolastica tradizionale: il libro di testo.
Per una complessa serie di motivi storici e culturali, infatti, il libro di testo è il mediatore didattico per eccellenza. Un mediatore, però, che nella sua forma “tradizionale” è naturalmente selettivo, in quanto pensato per un “alunno tipo”, con un funzionamento cognitivo e sensoriale “nella norma” e contenuti prestabiliti nella tematica e nel grado di approfondimento.
Si tratta, in altre parole, di un mediatore che non viene pensato – a priori – per adattarsi a diversi bisogni/modalità di apprendimento, ma viene piuttosto realizzato aspettandosi che altri – a posteriori lo riadattino in qualche maniera o lo abbandonino, optando per qualcosa di diverso.

Ebbene, se questa concezione poteva essere in qualche maniera giustificabile nei confronti di un sussidio edito esclusivamente in versione a stampa, non lo può essere a fronte del cambio di rotta imposto dall’articolo 15 della Legge 133/08, che prevede la “messa al bando” di libri di testo esclusivamente cartacei per le adozioni «a partire dal prossimo anno scolastico», a favore di «libri di testo disponibili, in tutto o in parte, nella rete internet» (comma 1).
Attenzione! Si parla – esplicitamente e senza possibilità di fraintendimento – di libri che devono essere “veicolati” da internet, con tutto ciò che ne consegue dal combinato con l’articolo 5, comma 1 della Legge 4/04 (Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici, la cosiddetta “Legge Stanca”), che sancisce l’obbligo dell’accessibilità per il «materiale formativo e didattico utilizzato nelle scuole di ogni ordine e grado» e che sembra riecheggiare anche nelle citate Linee Guida per l’Integrazione, ove, a pagina 18, si sottolineano «la necessità che i docenti predispongano i documenti per lo studio o per i compiti a casa in formato elettronico, affinché possano risultare facilmente accessibili agli alunni che utilizzano ausili e computer per svolgere le proprie attività di apprendimento. A questo riguardo risulta utile una diffusa conoscenza delle nuove tecnologie per l’integrazione scolastica, anche in vista delle potenzialità aperte dal libro di testo in formato elettronico. È importante allora che i docenti curricolari attraverso i numerosi centri dedicati dal Ministero dell’istruzione e dagli Enti Locali a tali tematiche acquisiscano le conoscenze necessarie per supportare le attività dell’alunno con disabilità anche in assenza dell’insegnante di sostegno [grassetti nostri nella citazione, N.d.R.]».

Area degli atteggiamenti, Area strutturale e Area di azione e lavoro (figura adattata da Anna Rezzara e Luciano Cerioli, «La consulenza clinica a scuola», Milano FrancoAngeli, 2004)Con il testo online, pertanto, l’inclusione scolastica può ripartire dall’utilizzo di un mediatore didattico comune a tutti perché accessibile a tutti, in maniera adeguata alle proprie esigenze.
I disturbi dell’apprendimento richiedono, in primo luogo, materiali che offrano la possibilità di essere adeguatamente fruiti dalle tecnologie assistive e informatiche in genere, senza costringere a mortificanti e ingiustificate lungaggini burocratiche, come quella della richiesta della versione digitale di un testo a stampa, e senza quei “lucchetti informatici” che rendono impossibile per gli screen reader [programma che legge tutto quanto appare sullo schermo di un computer, N.d.R.] “attraversare il testo” o anche semplicemente ricopiarlo in parte, per creare una mappa o uno schema.
Una cultura accessibile non può fare a meno di materiali tecnicamente accessibili, i cui contenuti devono prestarsi ad essere adattati alle esigenze di chi studia. Le Linee Guida sembrano avallare questa prospettiva. Ma le dichiarazioni di principio sono sufficienti?

2. Libri di testo online, leggi e circolari
(Accessibility – The art of ensuring that, to as large an extent as possible, facilities (such as, for example, Web access) are available to people whether or not they have impairments of one sort or another – dal Glossario W3C via Michele Diodati)

Nel momento in cui la citata “Legge Stanca” è stata voluta (2004), i genitori degli studenti disabili hanno pensato che fosse realmente giunto il momento di realizzare l’integrazione scolastica anche dal punto di vista dei sussidi didattici. In realtà – come anche dimostra un articolo di «Punto Informatico» del 31 marzo 2005 (disponibile cliccando qui) -, in materia di materiale formativo e didattico le cose non sono andate poi così celermente.
In quell’articolo si poteva leggere tra l’altro: «Siamo davvero preoccupati – scrivono Alessandra Stefani, Stefano Cevenini, Alessandra Basile promotori del gruppo – e temiamo che a settembre, con l’inizio del nuovo anno scolastico, ci ritroveremo a sostenere la solita battaglia per poter avere per i nostri ragazzi quello che il diritto costituzionale, la tecnologia, il buon senso e la legge dovrebbe assicurare senza ostacoli. Sappiamo che il problema è complesso, che bisogna considerare le esigenze degli editori, il diritto d’autore, gli aspetti tecnici ed economici. Ma è complesso e frustrante, ve lo assicuriamo, anche passare centinaia di ore con lo scanner e il computer a trasformare in digitale delle opere che in digitale già esistono, solo per poter garantire ai nostri ragazzi un minimo di diritto allo studio».
Il Decreto che ha esplicitato regole tecniche relative all’articolo 5 della Legge 4/04 è del 30 aprile 2008 ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel giugno del 2008, ben quattro anni dopo la legge di riferimento, ma appena qualche mese prima della Legge 133/08 con cui sarebbe stato decretato il passaggio (nell’arco di un triennio) al libro online o misto.
Questa cadenza temporale va tenuta presente, perché tutto ciò che viene sancito per l’accessibilità agli strumenti didattici e formativi a favore degli alunni disabili prima della Legge 133/08 (avendo questa – come si è già detto – esplicitamente previsto che i testi siano disponibili in rete e non semplicemente in formato elettronico), diviene un obbligo per tutti gli strumenti didattici e formativi fruibili via web. L’articolo 2, comma 2 del Decreto appena citato è chiarissimo in merito: «2. Agli strumenti didattici e formativi veicolati attraverso tecnologie Web si applicano le norme definite nel decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie 8 luglio 2005, in particolare negli allegati «A» e «B» al decreto stesso».

Caratteristiche dei testiGià questo piccolo excursus normativo ci permette di ricavare un paio di punti fermi sulla questione dell’accessibilità dei libri di testo in formato misto o interamente online:
1) il testo online deve rispondere ai requisiti della “Legge Stanca” in materia di accessibilità, a prescindere dal fatto che possa/debba o meno venire utilizzato da uno studente con disabilità, esattamente come il sito di qualsiasi scuola/amministrazione pubblica;
2) la fornitura della copia del libro di testo alle biblioteche scolastiche «accessibili agli alunni disabili e agli insegnanti di sostegno, nell’ambito delle disponibilità di bilancio» (articolo 5, comma 2 della Legge 4/04), dev’essere reinterpretata e attualizzata alla luce della Legge 170/10 (Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico), nonché delle Linee Guida per il Diritto allo Studio degli Alunni e Studenti con Disturbi Specifici di Apprendimento.
Tutti gli studenti che hanno bisogno di riadattare il testo alle proprie esigenze di apprendimento o di fruirne attraverso diversi canali sensoriali, hanno diritto ad avere a disposizione il libro di testo sùbito, senza ingiustificati disagi e senza l’incertezza delle disponibilità di bilancio.

La Legge 133/08, dunque, con il suo articolo 15, cambia il contesto di applicazione della “Legge Stanca” e questo non può essere ignorato o eluso, come invece sembra voler fare la recente Circolare Ministeriale 18/12 – inizialmente citata – quando raccomanda ai Dirigenti Scolastici di provvedere «immediatamente a richiedere, ai centri di produzione specializzati che normalmente curano la trascrizione e la stampa in braille, i testi scolastici necessari, al fine di consentire l’acquisizione della disponibilità dell’Ente Locale in ordine all’assunzione dei relativi oneri».
E l’accessibilità? Dove è andata a finire? Non è la prima volta che il Ministero si rende protagonista di un’invasione di campo da parte di una norma di rango sub-secondario (la Circolare), nell’ambito dei criteri stabiliti da una norma di rango primario (la Legge), come già evidenziato il 7 maggio 2009 dal Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, in occasione di un ricorso contro la Circolare Ministeriale 16/09, sempre sull’adozione dei libri di testo.
Questa stessa Circolare – richiamata integralmente dalla n. 18 di quest’anno – richiede esplicitamente il rispetto dei criteri di accessibilità solo per i sussidi destinati specificatamente agli studenti con disabilità, prefigurandoli come una particolare tipologia di testi, insieme a quelli trascritti in braille e a caratteri ingranditi.
Se quindi il fine di queste “sviste” è puntare a un cambiamento “gattopardesco”, che vedrà la sostituzione dei testi esclusivamente a stampa con i cosiddetti “libri misti” (intesi come éscamotage per continuare a vendere i primi, arricchendoli con qualche ulteriore appendice digitale, per giustificarne la tipologia “ibrida”), devono essere ben chiare le ricadute in termini di responsabilità nella scelta dei testi da parte dei Collegi dei docenti che li adottano. «In particolare – si scrive sempre nella Circolare 18/12 – i dirigenti scolastici avranno cura di esercitare la necessaria vigilanza affinché le adozioni dei libri di testo di tutte le discipline siano deliberate nel rispetto dei vincoli di legge».
Ebbene, tra queste c’è anche la Legge 4/04 e la Circolare 18/12 farebbe bene a menzionarla esplicitamente.

*Docente, formatrice, blogger («Speculum Maius»), rappresentante per la Puglia del Gruppo Genitori Tosti.

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