Originaria della Sierra Leone, ha 28 anni, vive a Modena da quindici e si muove in carrozzina. Qualche giorno fa – come leggiamo in una nota di Evaristo Sparvieri sulla «Gazzetta di Modena» del 14 marzo, Juliet Kaine ha raccontato al quotidiano emiliano l’ultima – ma non certo la prima – “disavventura”, vissuta tentando di salire in un autobus. «Dovevo andare in centro – ha raccontato -, ma l’autista, con modi molto sgarbati, mi ha detto di non essere autorizzato a caricarmi e che potevo protestare tutto il tempo che volevo. Alla fine, dopo essermi sentita dire: “La pedana? Facciamo prima a tirarti su!”, mi sono incamminata da sola lungo la ciclabile».
Sorvoliamo per il momento sull’uso del “Tu”, non certo gradito, ma già di per sé significativo. E sorvoliamo anche su quella persona che di fronte alle proteste di Juliet per le auto parcheggiate sul marciapiede, avrebbe commentato: «Adesso anche le auto vi danno fastidio!». Centriamo invece l’attenzione su quanto racconta ancora la Cittadina modenese. «Spesso – dice – gli autisti mi hanno lasciato a piedi, anche sotto la pioggia. Generalmente, o c’è una pedana che non funziona o l’autobus ne è sprovvisto: come possiamo in queste condizioni condurre una vita autonoma?».
A questo punto la mente corre alla Legge 67/06 – quella che tutela le persone con disabilità vittime di discriminazioni, all’articolo 2 di essa («1. Il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità. 2. Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga. 3. Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone) – e alle “vittime” che tale norma sta “mietendo” in queste ultime settimane, come abbiamo avuto modo di raccontare puntualmente, riferendo di alcune importanti Sentenze emanate a Torino e a Milano – nei confronti delle rispettive aziende municipali di trasporto – e a Roma – quest’ultima recentissima -, dove la Seconda Sezione del Tribunale Civile ha condannato il Comune Capitolino, in seguito a un’iniziativa giuridica partita dall’Associazione Luca Coscioni, per tramite del suo attuale co-presidente Gustavo Fraticelli, rilevando, nella sostanziale inaccessibilità dei trasporti pubblici romani, «un comportamento di discriminazione indiretta».
Di tutti quei provvedimenti abbiamo scritto ampiamente, riportando anche le soddisfatte reazioni dei ricorrenti, cui se ne aggiungono altre, come ad esempio quella di Giovanni Scacciavillani, responsabile nazionale dell’Ufficio Politiche della Disabilità del Sindacato UGL e membro dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, il quale si augura «non solo che il Comune di Roma dia presto piena attuazione alle prescrizioni del Tribunale, ma anche che questa Sentenza faccia da apripista alla rimozione di tutte le barriere architettoniche ancora esistenti e che, soprattutto, promuova un cambiamento culturale, affinché in futuro non sia più necessario essere condizionati in sede giudiziaria, per garantire a tutti i Cittadini pari condizioni di accesso ai servizi pubblici».
Ecco, tornando al caso registrato a Modena, ci sembra doveroso suggerire a Juliet Kaine – che dichiara di «non volersi assolutamente arrendere nel pretendere un servizio che faciliti la sua voglia di autonomia» – di seguire la medesima strada percorsa a Torino, Milano e Roma, ricordando, tra l’altro, che l’Associazione Coscioni, nel presentare la Sentenza di condanna del Comune capitolino, ha ribadito «la propria disponibilità a dare un fattivo contributo in concorso con i disabili che vedano ignorati i loro diritti».
In questo momento, infatti, ci sembra il miglior consiglio possibile da dare a chi – come Juliet – vuole evitare che un autista di autobus le dica «prendi il prossimo, ha la pedana!» e che nel secondo mezzo la pedana ci sia, ma non venga usata! (Stefano Borgato)
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