Ogni Università in Italia fornisce oggi servizi specifici agli studenti con disabilità, che fanno capo al Delegato del Rettore per la Disabilità, nel rispetto della normativa vigente (Legge 17/99, in modifica della Legge Quadro 104/92). Tali servizi, pur uniformati da quanto stabilito per legge, non sono ovunque identici, e le variazioni dipendono soprattutto dalle disponibilità economiche.
Un fatto nuovo si è avuto recentemente con la nascita del CALD (Coordinamento per gli Atenei Lombardi sulla Disabilità), strumento inaugurato a Milano nell’ottobre dello scorso anno (se ne legga nel nostro sito cliccando qui). Per la prima volta, infatti, una decina di Atenei ha deciso di confrontarsi sui contenuti e le modalità d’intervento e di coordinarsi nell’azione.
Il CALD è una sorta di «forum per orientamenti condivisi, un luogo di scambio di buone pratiche», come lo definisce Roberta Garbo, la Delegata del Rettore per la Disabilità a Milano Bicocca, una dei dieci che compongono il gruppo di lavoro del CALD. Ed è stata proprio la sede della Bicocca a ospitare l’inaugurazione del nuovo ente, nell’ottobre scorso, occupandosi dell’organizzazione dell’evento. «Il CALD – aggiunge Garbo – è un’occasione per riflettere sui temi dell’inclusione non solo dal punto di vista dei servizi, ma anche da quello scientifico e culturale». Il nuovo strumento, inoltre, è anche il tentativo di migliorare la risposta alla domanda – sempre più consistente dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo – degli studenti con disabilità, che aumentano ogni anno e che, abituati ad essere inclusi e sostenuti nel percorso di studio precedente, si trovano disorientati all’ingresso nel mondo universitario. Un disorientamento che si ripresenta poi anche “in uscita”, quando cioè arriva il momento dell’ingresso nel mondo del lavoro.
«Mi sembra un processo fisiologico – prosegue Garbo – fatto seguendo le generazioni. Si è cominciato con i più piccoli, inserendoli a scuola, e ora che sono cresciuti, si è cercato sempre più di creare strumenti per il loro inserimento nell’Università, per sostenerli nel progetto di vita, nella scelta della facoltà da frequentare e nello sviluppo di un progetto di Vita Indipendente. Ora il prossimo passaggio su cui si sta spostando l’attenzione è la competizione sul mercato del lavoro».
Prima di continuare a conversare con la professoressa Garbo, ci rivolgiamo però al coordinatore di questo nuovo strumento, Walter Fornasa, ordinario di Psicologia delle Disabilità e dell’Inclusione all’Università di Bergamo.
Perché è nato il CALD?
«È nato dall’idea che la concorrenza tra Atenei possa essere superata riunendo le Università attorno a temi comuni. In tal senso, il CALD raggruppa i delegati per le questioni inerenti la disabilità attorno a un unico tavolo, in modo che insieme possano coordinare i servizi minimi, mettere in comune le buone pratiche e coordinare un sistema on line di scambio, ai fini di una facilitazione burocratica, senza inficiare l’autonomia di ogni singola Università, ma creando, ove possibile, un coordinamento. Quest’ultimo tentativo, tra l’altro, era già stato iniziato prima della creazione del nuovo ente e ora lo stiamo perfezionando».
Di che tentativo si tratta?
«Si chiama Cald Job, un portale web che mette in comunicazione gli Atenei e funge da luogo di orientamento e contatto tra gli studenti con disabilità e il mondo del lavoro. Ora lo stiamo revisionando e migliorando».
Avete un sito internet? E una sede?
«Il sito lo stiamo costruendo. La sede legale è stata stabilita presso la Statale di Milano, mentre quella operativa è presso l’Università di Bergamo dove lavoro, dal momento che sono io il coordinatore».
Da un punto di vista operativo come funziona il nuovo ente?
«Abbiamo stabilito di incontrarci una volta al mese. Il luogo viene definito a rotazione tra gli Atenei aderenti».
Quante Università sono state coinvolte?
«Siamo dieci Atenei lombardi».
Chi partecipa alle riunioni?
«I vari delegati e i responsabili dei servizi. Questi ultimi non hanno diritto di voto, ma è importante che partecipino attivamente al dibattito».
Quali sono i primi passi del CALD?
«Oltre all’aggiornamento sostanziale di Cald Job, intendiamo costituirci come referente nell’interazione con l’Ufficio Scolastico Regionale e con la Regione Lombardia, per quanto riguarda la progettualità rispetto alla formazione universitaria degli studenti disabili. Vorremmo arrivare alla stipula di convenzioni e protocolli di lavoro su temi specifici. Vorremmo anche qualificarci come importante strumento nell’interazione con il mondo associativo».
Esistono altri progetti simili in Italia?
«No, in questa forma si tratta di un esperimento del tutto nuovo. Sono anche segretario della CNUDD (Conferenza Nazionale dei Delegati delle Disabilità), che è collocata all’interno della Conferenza dei Rettori, e grazie a questo ruolo so che progetti di coordinamento sono in via di organizzazione altrove, ma si avvieranno in seguito al nostro. Alcune Università hanno già chiesto la nostra convenzione per poterla riprodurre».
Quali sono i principali obiettivi del nuovo ente?
«Favorire le massime opportunità di formazione universitaria e lavoro per gli studenti con disabilità. Oggi ce ne sono circa quattromila in Lombardia e la tendenza è di un netto aumento. Vogliamo offrire orientamento e supporto, così come viene già fornito nel percorso scolastico sino alla fine delle superiori».
Che differenze ci sono tra i diversi Atenei che fanno parte del CALD, dal punto di vista dei rapporti con gli studenti con disabilità?
«Non ci sono enormi differenze. La disciplina legislativa e le disponibilità economiche impongono una certa omologazione nell’offerta. Quello che cambia è l’investimento nel personale, diverso a seconda dei bilanci. Ad esempio la Cattolica ha un imponente servizio con un personale nutrito e così anche la Bicocca, mentre da noi a Bergamo – che siamo un medio Ateneo – il servizio è più contenuto. Ma non ci sono differenze sul piano dell’impegno».
In cosa dovrebbe migliorare l’impegno delle Università riguardo all’accoglienza degli studenti con disabilità?
«A mio parere ci sono due punti fondamentali da potenziare: l’accessibilità architettonica, soprattutto per gli edifici dei centri storici, più difficili da mettere a norma, e quella ai sistemi digitali. Un altro punto importante su cui lavorare è quello degli ausili specifici, che di volta in volta vanno calibrati sulle necessità del singolo studente. Occorre inoltre lavorare sul coordinamento della didattica, in modo che possa rispondere alle specifiche esigenze degli studenti disabili, e sulla sensibilizzazione del corpo accademico. Occorre infine aumentare la cultura e la sensibilità generale sul tema delle disabilità: fino alle superiori, infatti, i “disabili” sono seguiti e sempre più visti come “studenti”. L’ambiente universitario, invece, è più acerbo da questo punto di vista. È un problema culturale e bisogna rafforzare i servizi di informazione, sensibilizzazione, accompagnamento, tutorato: insomma, il diritto alla formazione».
Come CALD cosa farete rispetto alla diffusione della cultura sulla disabilità?
«Intendiamo costruire momenti di incontro e formazione almeno una volta all’anno, coinvolgendo anche colleghi stranieri che portano avanti altre esperienze. Ci stiamo muovendo anche sul piano della ricerca nella prospettiva dell’inclusione».
Roberta Garbo sottolinea dal canto suo che l’innovatività del CALD sta soprattutto nella sua costituzione formale come ente riconosciuto. Di per sé, infatti, la collaborazione tra Atenei era già una prassi. «Storicamente – dichiara – chi si occupa del tema della disabilità è sempre stato orientato a fare rete, anche perché il successo dell’inclusione è proprio la rete. Mancava però un luogo organizzato e istituzionale. Il CALD si può dire che sia il prodotto di una serie di “correnti sotterranee” di collaborazioni che si sono sviluppate nel tempo tra alcune Università».
Quali vantaggi porta il riconoscimento formale?
«In questi tempi di difficili scelte nella gestione delle risorse, avere ottenuto l’impegno formale di dieci rettori va inteso come una loro scelta radicale di accogliere e soprattutto supportare il percorso degli studenti con disabilità e anche di proporsi come cerniera con il mondo del lavoro. All’inaugurazione del CALD, c’è stata la cerimonia della firma dei rettori dell’atto costitutivo del nuovo ente ed erano in larga maggioranza presenti di persona: per me significa che hanno dato un rilevante significato a questo momento. Ora, certo, dalle parole bisogna passare alle pratiche».
Chi ha partecipato all’inaugurazione del nuovo ente, oltre ai rettori?
«Abbiamo avuto una partecipazione “larga”, che comprendeva molte componenti, associazioni, aziende, studenti, persone legate al mondo della scuola: il paesaggio variegato di tutti gli attori del processo di inclusione».
La competizione tra Atenei come si colloca rispetto alla nascita del CALD?
«Nel CALD ci sono Atenei pubblici e privati. Ci sono ovvie e legittime forme di competizione, ma lo sfondo culturale dell’inclusione fa procedere la competizione in forma positiva, con l’obiettivo di cercare risposte eccellenti».
*Testo già apparso nel numero 176 di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), con il medesimo titolo qui adottato e da noi ripreso – con lievi riadattamenti al contesto – per gentile concessione.