Ci aveva pensato “qualche secolo fa” Andrea Mantegna, a Mantova, a rendere protagonista e addirittura degno della rappresentazione della Natività un “bambino speciale”, con gli evidenti segni della sindrome di Down, come è stato dimostrato da studiosi inglesi (se ne legga cliccando qui). Una tela su commissione, dei potenti Gonzaga, ma anche un modo per sdoganare con cinquecento anni di anticipo l’immagine irresistibile di normalità che viene dai bambini e dai ragazzi con sindrome di Down.
Oggi, 21 marzo, è la Giornata Mondiale sulla Sindrome di Down, una giornata speciale, caratterizzata in Italia anche dall’intelligente iniziativa degli spot modificati, rispetto alla versione originale, da grandi marche di prodotti di largo consumo [si fa riferimento all’iniziativa voluta da CoorDown, il Coordinamento Nazionale Associazioni di Persone con Sindrome di Down, e realizzata insieme all’agenzia pubblicitaria Saatchi & Saatchi, della quale si parla ampiamente nel nostro sito al testo disponibile cliccando qui, N.d.R.]. Un esperimento che dura un giorno, intrigante e divertente, il cui risultato migliore sarà che molti non si accorgeranno neppure del delicato cambiamento di scena operato, con la sostituzione, per qualche secondo, di alcuni protagonisti degli spot con “attori” che hanno la sindrome di Down.
Si potrebbe eccepire che sono stati scelti con tanta cura, belli e armoniosi, vincenti e realizzati, capaci di recitare e di muoversi con assoluta naturalezza. Non tutte le persone con sindrome di Down, ovviamente, sono così. Come tutte le sindromi di origine genetica, essa assume infatti connotazioni differenti, e provoca mutazioni maggiori o minori. Nessuna persona, infatti, è uguale all’altra, e questo vale sempre, con o senza disabilità.
Ma una cosa è certa, oggi i ragazzi e le ragazze con sindrome di Down stanno diventando protagonisti in prima persona, mentre fino a pochi anni fa erano solo i genitori a rappresentarne i diritti e i bisogni; è un salto epocale, che va salutato con grande emozione e affetto. Quanto lontani sono – o sembrano – i tempi dei “mongoloidi”, che resistono solo nelle battute volgari dei partecipanti ai reality show e forse nelle conversazioni sgangherate dei tribali nostrani.
Oggi i giovani e gli adulti con sindrome di Down rappresentano per la disabilità intellettiva l’avanguardia dell’emancipazione e della pari dignità, esattamente come, qualche decennio fa, avvenne per gli atleti paraplegici, belli e forti, nel campo della disabilità motoria. Sono rivoluzioni lente, che procedono per avanzamenti e brusche frenate.
Oggi, però, c’è un elemento nuovo in più: internet. Sono migliaia, ogni giorno, i contatti fra genitori, famiglie, operatori, associazioni piccole e grandi, che si scambiano esperienze, iniziative, messaggi di conforto e di forza, di coraggio e di gioia. C’è quasi orgoglio nel rappresentare, senza veli e senza ipocrisie, la disabilità dei propri figli, ritenuti capaci di illuminare le vite, di dare un senso migliore e più denso all’esistenza. Il rischio è quello di una visione edulcorata della disabilità intellettiva, e infatti occorre – a mio giudizio – un punto di equilibrio, anche nella narrazione sociale.
Ma intanto salutiamo con gioia questa giornata piena di colori, di sorrisi, di allegria. Auguri, amici Down. Di cuore.
*Direttore responsabile di Superando.it. Il presente articolo è apparso (con il titolo Down, irrestibile normalità) anche in InVisibili, blog del «Corriere della Sera» (di quest’ultimo si legga anche nel nostro sito cliccando qui). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al contesto, per gentile concessione di tale testata.