Le miastenie congenite

di Angela Berardinelli*
Un'ampia scheda dedicata alle miastenie congenite - malattie molto più rare rispetto alle miastenie su base autoimmune - caratterizzate da una severità molto variabile, anche da caso a caso, e che abitualmente esordiscono in età infantile. Scopriamone via via la classificazione delle forme finora identificate, le caratteristiche cliniche, la diagnosi e i trattamenti possibili, ricordando che si sta parlando di un settore che è tuttora oggetto di studi oltreché di scoperte quanto mai recenti

Luke è un bambino americano di sette anni, affetto da miastenia congenitaLe miastenie congenite sono un gruppo eterogeneo di malattie geneticamente determinate, dovute ad alterazioni di diverse componenti di quella struttura altamente specializzata che si chiama placca neuromuscolare e che consente la trasmissione tra nervo e muscolo.
Il malfunzionamento della placca neuromuscolare provoca debolezza muscolare – accentuata dall’esercizio – che abitualmente esordisce in età infantile. La prevalenza, cioè il numero di casi nella popolazione in un dato momento, è stimata intorno a 1 su 500.000 in Europa e si tratta di malattie molto più rare delle miastenie su base autoimmune, vale a dire quelle in cui si ha un’alterazione della placca neuromuscolare dovuta al sistema immunitario.
La placca – che come detto è il punto di interazione tra nervo e muscolo – è costituita dalla terminazione dell’assone nervoso (parte pre-sinaptica), da uno spazio detto intersinaptico e dalla fibra muscolare (spazio post-sinaptico). La trasmissione neuromuscolare avviene grazie al rilascio, in conseguenza della stimolazione nervosa, di molecole di acetilolina (ACh), abitualmente contenute in vescicole poste nella terminazione assonale. Tali molecole, una volta rilasciate nello spazio intersinaptico, si legano quindi ai recettori per l’acetilcolina (AChR), situati nella parte corrispondente della membrana muscolare, attivando in tal modo l’apertura di canali ionici (cioè per ioni, quali il sodio e il potassio), che a propria volta attivano una serie di reazioni, fino a portare alla contrazione muscolare.
Naturalmente l’attivazione deve avere un termine e così le molecole di acetilcolina vengono rapidamente eliminate dallo spazio intersinaptico da un enzima chiamato acetilcolinesterasi, per poi essere ricaptate a livello presinaptico e ricostituite nelle vescicole, fino a ridar vita a successive stimolazioni.

Classificazione
Questa breve e molto semplificata premessa è certamente utile per capire come vengano classificate oggi le miastenie congenite, ovvero essenzialmente in:
– Forme dovute a difetti presinaptici (difetti nella resintesi di acetilcolina [la resintesi è sostanzialmente il ritorno a una sintesi precedentemente esistente, N.d.R.] – scarsità di vescicole presinaptiche – miastenie congenite simil-sindrome di Lambert-Eaton).
– Forme dovute a difetti sinaptici (deficit di acetilcolinesterasi di placca, trasmessa con meccanismo autosomico recessivo).
Difetti post sinaptici (anomalie cinetiche dei recettori di acetilcolina – sindrome del canale lento, autosomica dominante – sindrome del canale veloce, autosomica recessiva – deficit di recettori per l’acetilcolina – anomalie delle sub-unità dei canali del sodio).
– Forme non completamente caratterizzate (deficit di plectina – miastenia dei cingoli familiare – miastenia congenita con aggregati tubulari).
– Difetti non identificati.

Caratteristiche cliniche
L’argomento è di estrema complessità e quindi ci limitiamo a dare qui di seguito alcune indicazioni generali su questo vasto gruppo di patologie, oggetto di studio e di recenti scoperte.
Le varie forme di miastenie congenite (d’ora in poi CMS) hanno aspetti clinici comuni. L’esordio, infatti, è generalmente precoce e solo rari casi sono stati riportati con un esordio più tardivo (adolescenza o perfino in età adulta).
I sintomi principali sono l’oftalmoplegia (paralisi della muscolatura oculare), la ptosi palpebrale (palpebre “abbassate”), la disfonia (alterazione della voce), le difficoltà di deglutizione, la paralisi della muscolatura facciale e l’affaticabilità muscolare.
Nella prima infanzia il quadro è dominato dall’ipotonia, dalla scarsa mimica del volto, da difficoltà di suzione e da pianto debole. In realtà questi sintomi sono comuni a molte malattie neuromuscolari che si manifestano nella prima infanzia (ad esempio le miopatie congenite), ma caratteristici delle CMS sono gli improvvisi peggioramenti, legati all’esercizio o ad episodi febbrili. Come conseguenza, poi, del difetto di forza e della scarsa motilità, si associano anche retrazioni tendinee, atrofia muscolare, aspetto peculiare del volto e scoliosi.
La severità delle CMS è molto variabile e il principale fattore di rischio è costituito naturalmente dalle crisi respiratorie che possono essere scatenate da infezioni anche banali e che sono particolarmente frequenti nei primi mesi di vita. Se non adeguatamente trattati con il necessario supporto respiratorio, tali episodi possono condurre anche alla morte.
Come è poi intuibile dall’elenco sopra riportato, solo alcune delle varie forme di CMS sono attualmente caratterizzate geneticamente. La maggior parte di esse è trasmessa con meccanismo autosomico recessivo (quando cioè l’alterazione è presente in entrambi gli elementi della coppia di cromosomi), ma alcune anche con meccanismo autosomico dominante (quando invece l’alterazione è presente in un solo elemento della coppia di cromosomi).
L’andamento di tali malattie è variabile anche nel singolo caso, da periodo a periodo, con possibile aggravamento in età adulta avanzata e un miglioramento in genere dopo i primi mesi di vita.

Diagnosi e trattamenti
La diagnosi – oltre che sul sospetto clinico – si basa sull’esame elettromiografico e, là dove sia possibile, sulla caratterizzazione genetica. La biopsia muscolare può essere utile nella diagnosi differenziale rispetto a forme miopatiche di altra natura, oltre che a rivelare alcune alterazioni suggestive delle CMS.
Per quanto riguarda poi la terapia, va detto innanzitutto che essa è estremamente complessa e molto specialistica; varie forme rispondono alla somministrazione di anticolinesterasici, ma nella sindrome del canale lento, ad esempio, queste stesse sostanze possono determinare addirittura un aggravamento dei sintomi.
Altri farmaci possono pure essere utili, mentre non ha ovviamente senso introdurre una terapia immunosoppressiva, come si fa nella miastenia grave.
Infine, per tutto quanto già detto, un elemento essenziale del trattamento è naturalmente il supporto respiratorio e quello della deglutizione, quando sia necessario.

*Dipartimento di Clinica Neurologica e Psichiatrica dell’Età Evolutiva – IRCCS Istituto Fondazione Istituto Neurologico “C. Mondino” di Pavia. Componente dal 2000 della Commissione Medico-Scientifica UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Testo già apparso nel numero 176 di «DM», periodico nazionale della UILDM, con il medesimo titolo qui adottato e da noi ripreso – con lievi riadattamenti al contesto – per gentile concessione.

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